Il nostro calcio

Articolo di giornale


26 aprile 2011Torniamo a un gioco di squadraIl Milan, a meno di crolli imprevedibili, sarà il nuovo campione d' Italia. Un risultato meritato per una squadra che quasi sempre è stato in testa, anche se il risultato è stato conseguito più dalle individualità che dal gioco d' insieme. Ciò tuttavia non riduce i meriti di Allegri che ha saputo motivare e dare continuità a un gruppo non semplice. D' altronde in Italia si vince più col singolo che con il collettivo, al contrario dell' Europa. Max ha dimostrato classe e idee chiare nelle scelte a volte anche poco popolari (Ronaldinho, ecc...). Eppoi i rossoneri hanno parecchi giocatori avanti con gli anni e altri che venivano da un' annata incerta. Però il valore del campionato è stato brutalmente ridimensionato dalla estromissione di tutte le nostre squadre dall' Europa. Sconfitte che bruciano ancora di più perché causate da avversari con meno storia e meno investimenti. I rossoneri, primi in campionato ma fuori dagli ottavi di Champions e con solo 9 punti in 8 gare dimostrano quanto siamo lontani dal calcio europeo. Però ogni volta che capita una Waterloo, dopo poco ci dimentichiamo e non facciamo quasi nulla. Sono anni che annaspiamo. Il calcio italiano ha avuto un momento d' oro quando siamo usciti da un football prevalentemente individuale e difensivo come dimostrano i seguenti dati: periodo ' 89-' 99: in 11 edizioni, in Coppa Uefa solo una volta assenti dalla finale, otto volte primi e due volte secondi; in Champions solo due volte assenti dalle finali con quattro vittorie e cinque secondi posti. Periodo 2000-20011: Coppa Uefa-Europa League, nessuna finale, Champions sette volte assenti alle finali con tre vittorie e due secondi posti. I motivi attuali di questa recessione sono molteplici: settori giovanili non più produttivi, politica basata su calciatori anziani, mancata evoluzione tecnico-tattica. Siamo ancorati ad un calcio antico e individuale e così l' interpretiamo (per dire, se una squadra segna poco si cerca un attaccante, mai si pensa a migliorare il gioco). Giochiamo da sempre un calcio più difensivo che offensivo, ma si cresce di più a costruire che a rompere! La connessione fra i vari reparti è precaria. All' estero, in ambienti più acculturati e sereni, formano delle squadre, mentre noi abbiamo dei gruppi che al massimo sono legati dallo spirito e quasi mai dalle conoscenze collettive. Ricordiamoci che il calcio è sport di squadra e cominciamo a lavorare in questo senso. Solo così ritorneremo a primeggiare.Sacchi Arrigo