Il nostro calcio

dal sito us fossombrone calcio


 Non staremo qui a raccontavi chi era Nils Liedholm e cosa ha rappresentato per il calcio italiano e mondiale. Soprattutto la sua filosofia da allenatore, che applicata al campo ha avuto una portata rivoluzionaria, sicuramente pari solo al Calcio Totale olandese. In Italia, tra gli anni '70 e '80, ha introdotto concetti, principi e metodologie fino ad allora sconosciute, questo basta. Ci interessa  allora solo citarlo, estraendo sue parole da un meraviglioso libro di Sebastiano Catte, "Nils Liedholm e la memoria lieve del calcio" (Ethos edizioni) uscito poco dopo la morte del tecnico svedese, avvenuta il 5 novembre 2007. Calcio ed estetica: "...mi  ha fatto riflettere quello che scrisse uno scrittore austriaco, per il quale il calcio costituisce per moltissime persone forse l'unica porta d'ingresso al godimento di tipo estetico. Anche per questo ho sempre ritenuto giusto non separare mai l'esigenza dello spettacolo e del bel gioco da quella della competizione. E' una strada molto difficile ma, se si vuole essere lungimiranti e si ha a cuore il futuro di questo sport, occorre sforzarsi sempre di percorrerla, anche a costo di rinunciare a qualche vantaggio immediato o a qualche vittoria..." Giocare bene: "...per convincere i miei ragazzi cercavo di dimostrare loro che la squadra che riesce a tenere la palla e cerca la soluzione offensiva attraverso il gioco acquista una sempre maggiore consapevolezza delle proprie forze. Quando ho cominciato a giocare a calcio i miei primi allenatori (come del resto molti tecnici di oggi) parlavano di passaggi inutili quando assistevano al ripetersi costante di una fitta serie di scambi a centrocampo. Questi tecnici sottovalutavano l'importanza del mantenimento della palla sul morale dei giocatori. A volte un passaggio può apparire insignificante, però chi riceve la palla ha sempre una diversa visuale del gioco rispetto all'altro, il che gli può consentire di creare situazioni di maggiore pericolosità. Man mano che trascorrono i minuti cresce la fiducia in se stessi, subentra una certa euforia,  anche la fatica si avverte meno, mentre gli avversari invece finiscono per demoralizzarsi perchè corrono di più per conquistare il pallone e sprecano maggiori energie. Quindi cercavo di indurre i miei giocatori ad accettare l'idea che per loro non sarebbe mai stato conveniente entrare in campo con il solo obiettivo di non far giocare gli altri...."