Creato da as_scacciapensieri il 19/09/2008
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Post n°220 pubblicato il 16 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°219 pubblicato il 15 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°218 pubblicato il 15 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°217 pubblicato il 15 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°216 pubblicato il 08 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
Van Gaal: "Mou? Provoca. Al mio fianco era umile"Il tecnico del Bayern apre le ostilità con il collega interista: "La sua esultanza a Barcellona è stata provocatoria, io non mi sarei comportato così. Da mio assistente era serio e puntuale, mi portava a casa delle buone analisi, si vedeva che capiva il calcio. Adesso lui allena per vincere, io anche per produrre bel gioco, il mio cammino è più difficile"
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Post n°215 pubblicato il 07 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°214 pubblicato il 04 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°213 pubblicato il 04 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°212 pubblicato il 02 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°211 pubblicato il 01 Maggio 2010 da as_scacciapensieri
Le finali delle Coppe Europee, quest'anno hanno qualcosa di inedito. Inter - Bayern Monaco e Fulham - Atletico Madrid, chi l'avrebbe mai detto? Inter e Bayern sono state sul punto di uscire nel girone di qualificazione, poi cammino durissimo per l'Inter (Chelsea, Spartak e Barcellona), sul filo del rasoio per il Bayern (grandi rischi con Fiorentina e Manchester). Nessuno avrebbe scommesso più di tanto su queste due squadre, anche perchè alcune erano molto più accreditate (Chelsea, Manchester, Barcellona e Real Madrid su tutte). In Europa League il Fulham è partito addirittura dal terzo turno di qualificazione, più volte quasi eliminato (Juventus e Amburgo) ed ogni volta dentro con determinazione e grande cuore. Così l'Atletico che ha incrociato sul suo cammino Galatasaray, Sporting Lisbona, Valencia, Liverpool, tutte squadre più forti, sulla carta.... Ma quando hai un sogno, lavori duro per raggiungerlo, impari a soffrire, costruisci le tue vittorie giorno dopo giorno, ecco che migliori più degli altri ed ottieni l'insperato. Questo ci dicono le due finali.... Impossible is nothing!! Bisogna credere nei propri sogni.
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Post n°210 pubblicato il 22 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
Giovedì, 15 Aprile 2010 Il Portsmouth insegna che il calcio è ancora il gioco più bello del mondo BEPPE DI CORRADO PER IL FOGLIO - Per trovare il calcio bisogna andare a Portsmouth. Lì c’è la storia dell’anno. Più del Barcellona che domina il mondo, più del Real che non vince niente dopo una campagna acquisti da Banca mondiale, più della Roma che sorpassa l’Inter dopo una corsa lunga otto mesi. Lì c’è la storia perché in un colpo si lavano le coscienze di tutto il mondo del pallone. Il Portsmouth racconta che si può perdere, fallire, retrocedere eppure giocare comunque. Un pallone, due porte, undici contro undici e chi vince vince. Il contrario del balletto su Calciopoli, il contrario delle voci sulle presunte pastette da fine campionato, il contrario delle partite che finiscono dopo un tempo perché una squadra smette di giocare per manifesto disinteresse per risultati e classifiche. A Portsmouth oggi c’è il peggio che si trasforma in meglio. Perché la squadra è ufficialmente retrocessa la settimana scorsa dalla Premier League alla Championship: era già messa male in classifica dall’inizio della stagione, poi il colpo di grazia l’ha avuto qualche settimana fa quando la Football Association l’ha penalizzata di nove punti per colpa del fallimento del club. Con 70 milioni di euro di debiti il Portsmouth è la prima squadra inglese a finire in amministrazione controllata in 18 anni di Premier League. Un primato scomodo, una figuraccia globale, perché anche i Pompeys – il nomignolo accompagna da sempre i giocatori della cittadina sulla Manica – sono un club internazionale: dopo tre cambi di proprietà in sette mesi, a febbraio c’era stato l’arrivo dell’uomo di affari di Hong Kong Balram Chainrai. Sembrava che si potesse entrare in un periodo di stabilità, ma poi l’affare è sfumato lasciando il club affogato in una situazione irreversibile. Avrebbero potuto chiudere a Portsmouth. Anche perché il rischio finale non è quello di retrocedere in serie B, ma di essere radiati dal calcio inglese e quindi di essere costretti a ricominciare dai dilettanti. Sarebbe stato facile mollare, da un certo punto di vista sarebbe stato perfino ovvio. A Portsmouth no. Il calcio s’è preso la rivincita sulle dicerie, sulle voci, sul suo essere un mondo di viziati. La prima cosa che è successa è stata questa: Avram Grant, l’ex allenatore del Chelsea e oggi mister dei Pompeys, aveva chiesto di andar via per allentare la pressione sulle casse societarie esercitata dal suo ricco stipendio. Alla fine è rimasto: nonostante le sirene dell’Hull City, non ha voluto lasciare il Portsmouth: “Avevo pensato di lasciare questo club ma i tifosi mi hanno convinto a restare – ha detto – Resterò fino alla fine, voglio rispettare il mio contratto e non ho alcuna intenzione di mollare. Questo club è diventato molto importante per me. Ho chiesto ai nuovi vertici della società un minimo di stabilità e so che ci stanno lavorando. Ognuno però deve fare il suo”. Cioè i giocatori. Cioè i tifosi. Cioè il club. Ecco, i primi hanno giocato come se nulla fosse. Quando la squadra è stata penalizzata mancavano dodici partite alla fine del campionato: loro non hanno mollato niente. Se perdono succede perché gli altri sono più forti. I secondi uguale: lo stadio di Portsmouth continua a essere pieno anche se la retrocessione è matematica, anche se in futuro il calcio in città potrebbe sparire. E il terzo? Il club avrebbe potuto decidere di non pagare gli stipendi, di smantellare la squadra. Non è successo. Piuttosto è successo il contrario: la società ha chiesto l’ultimo sforzo: c’era la semifinale di FA Cup da giocare a Wembley questo week-end. E che fai? Vinci? Non è possibile, non per la mentalità dominante. Invece il Portsmouth ha vinto. Finale, cioè quanto non avrebbe potuto sperare neanche senza il caos finanziario. Finale contro il Chelsea, cioè contro l’antitesi pura dei Pompeys. Finale tra ricchi e neo pezzenti: rivincita morale e sportiva al chiacchiericcio pallonaro che vuole risultati scontati per situazioni scontate. Portsmouth è il calcio, da oggi fino al 15 maggio, il giorno della finale di FA cup. Wembley, di nuovo. Chi vince? Forse non è così ovvio. |
Post n°209 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°208 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°207 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°206 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°205 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°204 pubblicato il 18 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Post n°203 pubblicato il 14 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
Martedì, 06 Aprile 2010 Così il salotto di casa diventa una scuola PAOLA COPPOLA PER LA REPUBBLICA - Sandro e John non vanno a scuola. Le sorelle Alma e Adele ne fanno una su misura. Cristina prenderà la maturità, non è mai stata in classe e, dice, «non mi manca affatto». Sono i bambini e i ragazzi italiani che, senza alcuna nostalgia della scuola, fanno lezione tra le pareti domestiche. Studiano con i genitori, con una sorta di precettore come si faceva all´inizio del secolo scorso, o in piccoli gruppi sulla falsa riga dei programmi ministeriali. Hanno orari flessibili e piani di studio modificati in base alle inclinazioni personali. Gli homeschoolers sono circa due milioni negli Stati Uniti, migliaia in Francia, anche da noi «sono diventati un fenomeno in crescita», osserva Sandra Chistolini, ordinario di Pedagogia all´università di RomaTre. «Sbaglia il ministero a considerarlo residuale tanto da non censirlo, perché in Italia oggi rappresentano la risposta delle famiglie alla crisi della scuola pubblica». Più di 200 bambini fanno istruzione parentale, secondo la Rete italiana scuola famigliare. E sono centinaia le famiglie che su Internet ogni giorno si scambiano consigli attraverso i "blog delle mamme" e si cercano nei gruppi di discussione dedicati al tema, come quello di Yahoo che conta oltre 300 iscritti. «La scuola non rispetta i bisogni naturali dei bambini: le nostre famiglie vogliono riappropriarsi del proprio tempo - racconta Francesco D´Ingiullo, segretario della Rete -. E, mentre l´Education Otherwise è consultata dalla scuola pubblica inglese, qui alcuni direttori didattici non conoscono le leggi sulla scuola familiare e negano questo diritto frapponendo mille difficoltà». "La scuola non è obbligatoria, l´istruzione sì": questo il principio a cui si ispira chi decide di fare scuola a casa. Un´alternativa prevista dalla Costituzione e dalle leggi. I genitori devono solo dimostrare di avere mezzi e competenze necessari, comunicare la decisione alla direzione didattica e presentare il figlio agli esami. Le esperienze di chi fa homeschooling formano una mappa variegata: in fuga dagli episodi di bullismo, alla ricerca del meglio, alcuni si ispirano alla scuola steineriana, altri al metodo Montessori. Comuni le critiche alla scuola dell´obbligo: standardizzata, distratta rispetto alle inclinazioni del bambino, noiosa per quelli precoci. È una sorta di "homeschooling di ritorno" quella che Sybille Kramer, 36 anni, del Sudtirolo, ha scelto per i propri figli. Sul suo blog (buntglas.wordpress.com) si descrive come una mamma che "impara insieme a John, 14 anni, e Sandro, 11 anni". «Mio figlio era iscritto a una scuola montessoriana che ha chiuso nel 2008 - racconta -. Ho provato a iscrivere mio figlio alla scuola pubblica, ma lui non voleva andarci». Gli insegnanti le hanno suggerito di provare a casa: John ora fa la terza media, e l´anno prossimo andrà a studiare in una scuola pubblica. Sandro, che lo ha seguito, deve fare gli esami di quinta. «Scegliamo i temi da affrontare in base ai loro interessi e ai programmi ministeriali. Come testi scolastici usiamo libri in inglese, qualche manuale in italiano e molti audiobook della biblioteca», spiega Sybille. «Non simuliamo le lezioni in classe, e la direzione scolastica non ci ha mai ostacolato. Tengo il blog per trasparenza». Si occupa di scuole alternative da anni, Francesco Codello, dirigente scolastico di una scuola statale di Treviso e anima dell´International Democratic Education Network. «L´istruzione parentale è uno stimolo per la scuola statale: viene scelta soprattutto per la scuola dell´infanzia e le elementari, dove si concentra l´incremento di bambini che restano a casa, meno alle medie». Alla fine di aprile, a Verona si terrà l´incontro nazionale di chi fa scuole alternative, che darà voce anche a queste esperienze. A Cusinati di Rosà, vicino Bassano del Grappa, un gruppo di genitori ha creato la "scuola del buonsenso". In una stanza in affitto hanno costituito una classe: 9 bambini in prima elementare, una in seconda. Credono in una pedagogia alternativa, non potrebbero permettersi una scuola privata, raccontano sul sito "La pappa dolce". Così hanno optato per «una forma meno casalinga di scuola parentale». Alessia Bortoli ha due gemelle, Alma e Adele, in questa classe-mignon. «È meno comodo del pacchetto completo che ti offre la scuola, dove però una maestra da sola deve seguire anche 27 alunni. Noi ci diamo tempi non imposti dalla legge». La maestra che li segue è Maria Martino. «Qui pratichiamo un insegnamento individualizzato, usando diversi metodi», spiega. Elena sta raccogliendo informazioni. È una mamma blogger di 37 anni con due figlie di 3 anni e 18 mesi, e due part-time: «Per fare lezione a casa serve tempo e denaro, ma per la maggiore vorrei qualcosa di meglio della scuola». L´homeschooling, però, non è esente da critiche. «La scuola pubblica per l´Italia è stata un´importante conquista sociale, la diffusione di quella parentale disperde questo patrimonio ed è un campanello d´allarme», avverte la docente Chistolini. «In altri Paesi la scuola parentale viene gestita dall´autorità didattica, da noi non c´è controllo. Ma a casa salta il concetto di scuola e l´istruzione è finalizzata allo strumento». E attacca: «Questo modello ha delle contraddizioni: priva i ragazzi della relazione con il contesto e gli effetti si vedranno quando saranno adulti». I genitori che scelgono la scuola informale hanno un livello di istruzione elevato e un reddito medio-alto, molte mamme non lavorano. Roberta Ferruti, romana, l´aveva scelta già prima del parto. «Io e mio marito abbiamo una visione critica della scuola, così abbiamo deciso di far studiare a casa Cristina e Alice». Due alunne eccellenti. Alice è iscritta a un istituto d´arte e frequenta due giorni a settimana, d´accordo con gli insegnanti. Cristina sosterrà l´esame di maturità. Studiano al conservatorio, suonano nell´orchestra junior di Santa Cecilia. Cristina pensa al futuro: «Mi iscriverò all´università o all´Accademia di arte drammatica». |
Post n°202 pubblicato il 13 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
Venerdì, 09 Aprile 2010 Meglio copiare che inventare di FRANCO GIUBILEI PER LA STAMPA - Fesso chi sperimenta e rischia, perché ci sarà sempre qualcuno più furbo di lui, pronto a copiare e a vincere. Da un punto di vista morale è un bello schiaffone ai sani principi educativi la ricerca che sarà pubblicata oggi sulla rivista scientifica «Science», eppure lo studio condotto da quattro università europee, fra cui quella di Bologna, ha un significato inequivocabile: copioni batte innovatori 3 a 0. «Si era sempre pensato che copiare in modo così indiscriminato non portasse a buoni risultati e invece la nostra indagine ha dimostrato che le strategie vincenti sono quelle per cui si prende quasi esclusivamente dal lavoro altrui», racconta Stefano Ghirlanda, 37 anni, laureato in Fisica e ricercatore al dipartimento di Psicologia dell’ateneo bolognese. «Lo studio è stato condotto con le modalità di un torneo, coinvolgendo oltre 100 gruppi formati prevalentemente da professori e ricercatori universitari, anche se le sorprese maggiori sono arrivate da ragazzi di 16-17 anni con esperienze informatiche alle spalle, che alla fine si sono piazzati meglio dell’80% dei ricercatori professionisti», aggiunge Ghirlanda. A ogni squadra è stato chiesto di sviluppare una strategia di successo nel quadro di un sistema competitivo controllabile sotto un profilo matematico e così ogni gruppo aveva a disposizione un centinaio di azioni diverse dalle quali ricavare le soluzioni più lucrose. Ogni concorrente, poi, aveva tre possibilità: attuare un comportamento già conosciuto, osservare le giocate degli altri oppure agire innovando. Un gioco sofisticato di apprendimento con in palio 10 mila euro, che si è concluso con il risultato che nessuno si aspettava: «Che si tratti di guadagnare soldi, conquistare potere, accumulare conoscenza o primeggiare nello sport, in ogni circostanza in cui si tratti di decidere come meglio allocare il proprio tempo per compiere le scelte vincenti tra una varietà di opzioni possibili e in un ambiente in continuo cambiamento, le migliori strategie sembrano essere quelle che fanno ricorso all’emulazione dei propri simili», commenta il fisico. Sfatando i detti del chi fa da sé fa per tre, o del «chi osa vince», e via banalizzando sulla strada dei luoghi comuni di cui è infarcita la società, lo studio elaborato dalle Università di Bologna, Stoccolma, Vasteras e St.Andrews ha evidenziato tutt’altro: «Prima si pensava che copiare non fosse proficuo, perché non c’era la garanzia che fosse una scelta efficace. Invece, soprattutto quando un’informazione diventa obsoleta, posso copiare una nuova strategia nella speranza che chi l’ha elaborata abbia avuto il tempo di sperimentare soluzioni nuove». Ovviamente il sistema non potrebbe funzionare se non ci fosse nessuno disposto a osare in proprio: in altre parole non è concepibile un ambiente in cui ognuno riproduca pedissequamente quel che fa qualcun altro. «Serve qualcuno che periodicamente si cimenti nella sperimentazione – dice Ghirlanda –. Serve un certo numero di innovatori, pur tenendo conto del fatto che nessuno introduce dei cambiamenti a partire da zero, ma si muove a sua volta sulla base delle innovazioni altrui». Come dire che gli sperimentatori sono in genere anche dei buoni copiatori, il che non toglie però che il senso dello studio sia inequivocabile: «Le strategie di maggior successo sono quelle di chi copia e basta, ammesso che questi lo faccia quando è opportuno farlo: nei momenti di crisi, quando la qualità del prodotto che dobbiamo scegliere peggiora, è utile vedere come si comportano gli altri, e copiare di conseguenza». Abituati come siamo a considerare gli emulatori dei parassiti, dovremo abituarci al concetto che anche il copiatore più passivo ha un ruolo positivo, in quanto serbatoio di conoscenze che è in grado a sua volta di trasmettere. Difficile quantificare le quote di copioni e di copiati, ma nella situazione di medio rischio del torneo «le strategie che copiavano esclusivamente quelle degli altri erano il 50-60%, contro il 40-50% di chi provava a fare qualcosa di nuovo». Certo, chi si accontenta di emulare va protetto, ecco perché le società si sono inventate i diritti d’autore. Sempre tenendo a mente che l’autore di una scoperta spesso ha trovato l’uovo di Colombo, cioè «una cosa banale e facile da riprodurre». |
Post n°201 pubblicato il 01 Aprile 2010 da as_scacciapensieri
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Inviato da: cjeannine0000
il 25/07/2014 alle 11:51
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il 25/03/2010 alle 23:40
Inviato da: alis_2000
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Inviato da: alis_2000
il 31/01/2010 alle 20:16