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Creato da as_scacciapensieri il 19/09/2008
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Post n°160 pubblicato il 19 Novembre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°159 pubblicato il 06 Novembre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°158 pubblicato il 06 Novembre 2009 da as_scacciapensieri
Sono tutti pronti! Scarpe allacciate, calze e parastinchi a posto, la "panchina" ha già indossato la tuta con sopra le casacche, il mister si aggira nervosamente per lo spogliatoio e per mascherare la tensione, fissa qualche giocatore e sorride. Si aspetta solo che il delegato Uefa dia l'ok per l'ingresso in campo. C'è tensione, attesa, emozione e speranza. Poi si entra. Lentamente e in fila dietro ai portabandiera ed alla quaterna arbitrale. Ci si dispone, nessun saluto e nessuna monetina. C'è silenzio. La "panchina" è tutta in piedi, vicini, spalla contro spalla, si cerca il contatto. I giocatori in riga, fronte alla tribuna centrale ed alle autorità, si stringono, si abbracciano, alcuni portano il braccio destro all'altezza del cuore. Poi il silenzio è rotto dalle note dell'inno nazionale. Di colpo la calma apparente, lascia spazio all'emozione, un brivido mi attraversa la schiena, scopro di avere la pella d'oca e quasi tremo. Cerco un pò di lucidità ed inizio a fissare i giocatori. Alcuni guardano il cielo, altri ci fissano, altri ancora, agitano le gambe nervosamente.... Tutti sono concentrati! Quando la musica termina, tutti si muovono, si caricano, si incitano, si danno pacche sulle spalle.... Non so se vinceremo la partita. So che tutti sono emozionati, concentrati, carichi e pronti. Hanno il fuoco dentro e occhi di tigre. Daranno il massimo, questa è l'unica certezza. |
Post n°157 pubblicato il 17 Ottobre 2009 da as_scacciapensieri
Quando cominci a preparare un evento, pensi sempre che c'é ancora tanto tempo e tante cose da fare. Cerchi di prevedere cosa accadrà, pensi alle priorità ma anche al dettaglio minimo che potrebbe fare la differenza. Nel caso di una partita di calcio, le cose sono quasi infinite, le incognite e i dubbi sono innumerevoli. Soprattutto quando sai di essere inferiore (almeno sulla carta) e che dovrà andare tutto liscio per poter ottenere un risultato positivo. Poi, ad un certo punto, arriva il tanto aspettato momento... come per incanto, velocemente... non c'é piu tempo, quello che é fatto é fatto, resta solo da giocare. Qualche anno prima di iniziare ad allenare, guardavo i mondiali o gli europei e sognavo di poter, un giorno, sedermi sulla panchina della Nazionale in una grande competizione. Il solo pensiero mi metteva i brividi.... Sono passati circa 20 anni da quei momenti, ed oggi mi ritrovo alla vigilia di un incontro internazionale, al debutto, alla guida di una piccola Nazionale.... Sono paradossalmente tranquillissimo. Forse perché sono consapevole che sarà durissima e che probabilmente perderemo? No, so che abbiamo fatto tutto al meglio, curando ogni dettaglio... non posso pensare di avere già perso. Stasera cullo il sogno di poter vincere e qualificarmi alle Olimpiadi giovanili. Sarà quasi impossibile, ma a volte, i sogni si avverano... se ci credi! |
Post n°156 pubblicato il 09 Ottobre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°155 pubblicato il 07 Ottobre 2009 da as_scacciapensieri
DA SPALLETTI UNA LEZIONE A TUTTI I GENITORI Dal Corriere dello Sport Stadio il racconto dell'ex tecnico della Roma Luciano Spalletti L'altro giorno Luciano Spalletti, non più allenatore della Roma, ha raccontato una storia capitatagli quando, all'inizio della carriera, era l'allenatore di squadre giovanili. Spalletti lo ha fatto parlando ai ragazzi d'un centro dedicato ai giovanissimi. Vi racconto una storia- ha detto. Ed ha subito acceso la curiosità dei piccoli giocatori. |
Post n°154 pubblicato il 19 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°153 pubblicato il 19 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
Dalla rubrica "Tanto è un gioco " della Gazzetta dello sport |
Post n°152 pubblicato il 19 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°149 pubblicato il 06 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
Ci siamo! Ormai manca poco. I campionati, anche quelli giovanili, stanno per ricominciare. Presto si rivivranno tutte quelle emozioni e tensioni che si porta dietro il campionato... la vigilia della partita importante, i tre punti da conquistare, la gestione di chi gioca poco e dei loro genitori, il dirigente felice se vinci e scontento se pareggi (figuriamoci se perdi...), la salvezza da conquistare senza soffrire, il titolone di giornale se vinci il campionato.... Giovedì mi ha telefonato un giocatore che ho allenato qualche anno fa. Mi voleva solo dire che oggi avrebbe debuttato in prima squadra, titolare! E che se volevo, mi avrebbe lasciato un accredito in biglietteria. Oggi pomeriggio sarò in quello stadio... molti campionati non sono ancora cominciati, ma se un giocatore debutta nel campionato degli adulti e si ricorda di te... hai già vinto!! |
Post n°148 pubblicato il 04 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
Arte e città, fare classifiche contagia tutti MARINO NIOLA PER LA REPUBBLICA Martedì, 07 Luglio 2009 In principio era il caos, poi vennero le classifiche. Così ogni cosa e ogni persona occupò la sua posizione. E l´ordine regnò sulla terra. La genesi delle top ten è antica quanto il mondo. E da quei tempi lontani non abbiamo mai smesso di stilare classifiche, di cercare numeri uno, in ogni campo dello scibile, del misurabile, del valutabile. Dall´arte alla musica, dall´architettura alla filosofia, dalla religione all´economia. Fino allo sport che è il padre di tutti i primati. Per i nostri antenati greci e latini le graduatorie agonistiche erano un´infallibile unità di misura del valore, tanto che venivano affidate a poeti come Omero e Pindaro che scrivevano epinici - dal greco nike che significa vittoria - poesie che immortalavano le imprese dei numeri uno. Primo fra tutti Epeo, costruttore del mitico cavallo di Troia che diventò ricco e famoso per avere scalato le classifiche del pugilato. Senza dire di Ercole le cui dodici fatiche restano nel nostro immaginario come record che nemmeno Spitz e Phelps messi insieme riuscirebbero ad eguagliare. In realtà tutte le classifiche, antiche e moderne, sono fatte a immagine e somiglianza di quelle sportive. Perché traducono l´eccellenza in primato assoluto e introducono nella spiegazione della realtà un elemento agonistico che consente di sgranare il gruppo, separando i primi dagli altri. Il problema inizia quando dallo sport si passa al resto. Perché quando un atleta arriva primo precedendo gli altri è lapalissiano che sia il numero uno. Come ben sapeva lo scià di Persia che in visita ufficiale in Inghilterra ai primi del Novecento, fu invitato alle corse di Ascot ma declinò con ferma cortesia rispondendo all´attonito ambasciatore: «Vuole che l´imperatore dei Persiani non sappia già che se dei cavalli corrono, uno di loro arriva prima degli altri?». Come dire che il primato sportivo si basa su dati oggettivi. Mentre la partita si fa più difficile quando a competere sono Velázquez e Caravaggio, i Beatles e i Rolling Stones, Mozart e Beethoven, o ancora Aldo Rossi e Mies Van der Rohe, Armani o Chanel, Apple o Microsoft, Galileo e Einstein, Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco. Come si fa in questi casi a stabilire chi è il più grande? È chiaramente impossibile. E tuttavia indispensabile. Perché la nostra esigenza di classifiche nasce dal bisogno di dare ordine al mondo, di spiegarlo, di dargli senso. E dunque quel che conta non è la verità della classifica, ma è la sua stessa esistenza. Che ci dà la sensazione di poter verificare come stanno veramente le cose. In realtà dietro ogni classifica si nasconde una classificazione, cioè un modo di fare ordine nel caos della realtà, di selezionare quello che è più importante. Detto in altri termini è il tentativo di aver ragione dell´infinita complessità del mondo sintetizzandolo in una tavola aritmetica che oggettivizza ciò che non è oggettivo. E lo traduce nel linguaggio imparziale dei numeri. Chi è primo è il numero uno, perché la matematica non è un´opinione. E oggi tutti i media, dalla carta stampata a internet, sfornano in progressione geometrica hit che vengono avidamente consumate. Ogni ora una nuova. La top ten delle università, degli ospedali, delle città a misura d´uomo, dei brand più potenti della rete, dei politici più sexy e chi più ne ha più ne metta. Il numero uno dei motori di ricerca, o se si preferisce il più consultato di sempre, fornisce ventidue milioni di risultati per la parola classifica e quindici per hit. Un autentico fumus classificationis che calma le nostre ansie e insicurezze con una continua offerta di certificazioni. È il giudizio universale in formato digitale. |
Post n°147 pubblicato il 03 Settembre 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°146 pubblicato il 31 Agosto 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°145 pubblicato il 18 Agosto 2009 da as_scacciapensieri
"Non aver vinto la Coppa del Mondo non mi è mai pesato eccessivamente, perchè sono conscio di aver giocato in una squadra fantastica che ha fatto divertire milioni di persone. Questo è lo scopo del calcio, far divertire la gente. Quando allenavo l'Ajax o il Barcellona per me la miglior ricompensa era quella di sentire la gente dire che noi giocavamo il miglior calcio del mondo. Nessun trofeo vinto riesce a darti la stessa sensazione. Sapere che il gioco della tua squadra ha ispirato e continuerà a ispirare, in ogni parte del mondo, generazioni di calciatori. Non c'è ricompensa più grande". Johan Cruijff |
Post n°144 pubblicato il 28 Luglio 2009 da as_scacciapensieri
NEW YORK - Mi ero ripromesso di scrivere piu' spesso, ma da questa parte del mondo c'e' molto da fare e poco tempo libero. Dopo queste prime due settimane di camp, ho cercato di focalizzare l'attenzione su alcune differenze abissali tra la nostra cultura e la loro. Noi facciamo tutto al risparmio, loro tutto ai cento all'ora; noi siamo furbi, loro ingenui; loro rispettano il fair play: se la palla esce si fermano, se commettono fallo chiedono scusa, noi lo aggiriamo. Noi siamo molto strategici e per noi allenarci significa dedicare tanto tempo alla tattica, loro odiano le esercitazioni didattiche e vogliono solo giocare. Noi giochiamo per vincere, loro per giocare, pur essendo estremamente competitivi, molto piu' di noi (non a caso chi arriva al successo, ha superato molti piu' avversari rispetto ad un atleta italiano...). Anche nel gioco esistono influenze culturali molto spiccate. Nelle High School (le nostre scuole superiori), gli sport piu' seguiti sono football americano e basket. Spesso gli allenatori sono gli stessi (i nostri insegnanti di educazione fisica...), quindi e' chiaro che influenzano anche il modo di giocare delle squadre di entrambi gli sport. Quello che ho notato, a livello giovanile (delle high school quindi) sono due diversi modelli di riferimento: 1) modello football americano = palla lunga alla punta e poi si accorcia; 2) modello basket = palla al piu' forte (il play del basket) che ha il compito di avanzare palla al piede e di tentare l'azione individuale, con gli altri a sostegno... Un ultimo aspetto, la struttura dei campionati. Negli Stati Uniti, lo sport e' molto praticato a scuola, fin da giovanissimi. Tutte le scuole hanno squadre delle piu' svariati discipline, ed ogni studente deve almeno praticarne due (una per semestre, cosi' mi hanno detto!). Ci sono poi le Academy che coprono la parte di stagione in cui nelle scuole, una determinata disciplina non e' praticata (esempio: il calcio a scuola si fa nel primo semestre, le Academy si occupano del calcio nel secondo...). Questa strutturazione porta ad un maggior sviluppo delle capacita' coordinative e ad una ritardata specializzazione dell'atleta. Fisicamente (capacita' coordinative e condizionali) ci danno 100 giri!!!! Basti pensare che stanno con noi al campo dalle 9,00 alle 16,00 con una sola ora di break per il pranzo, ed alle 18,00 vanno ad allenarsi o a giocare con la loro squadra di club (l'Academy).... quale giovane e talentuoso bambino o ragazzo italiano sarebbe in grado di reggere cinque giorni questi ritmi? Infine i campionati. Tutti sono strutturati in piu' fasi: un girone ed i play off. Ai play off si qualificano tutte le squadre che ottengono almeno la meta' dei risultati positivi sulle gare a disposizione... come dire che ti confronti con altri avversari, ma devi solo battere te stesso! Se ottieni il 50% di risultati utili sei qualificato, poi si gioca ad eliminazione diretta, con tutto cio' che questa formula si porta dietro a livello emozionale! And the show must go on! |
Post n°143 pubblicato il 03 Luglio 2009 da as_scacciapensieri
"Così si allena il cervello Una ricerca britannica ha provato a individuare il segreto del successo nel cervello dei super-atleti: il gesto atletico dipende anche dall'uso che gli sportivi di alto livello fanno di alcune aree cerebrali
SUDORE, muscoli e lacrime. Dopo mesi e mesi di dura ed estenuante preparazione arriva l'ultimo sforzo: la gara. Una vittoria non è mai casuale. Allenamento, duro allenamento. Giorni interi a ripetere lo stesso gesto atletico. Ma non si tratta solo di preparazione fisica, anche il cervello si modifica e migliora le sue performance. È quanto emerge da uno studio britannico che ha cercato di mettere in luce le modificazioni neurali e cognitive prodotte dall'allenamento degli atleti che ottengono eccellenti risultati nelle più importanti manifestazioni sportive. La ricerca, firmata dal neurologo Kielan Yarrow, docente e ricercatore del dipartimento di Psicologia della City University di Londra, rivela che l'analisi della mente di atleti di successo può spiegare l'eccellenza sportiva. Ciò potrebbe, in un futuro prossimo, aprire la strada a nuove e rivoluzionarie metodologie di allenamento per migliorare le loro performance. La ricerca di Yarrow si è concentrata sulle caratteristiche dell'apprendimento e del controllo del movimento a livello del sistema nervoso centrale. Secondo lo studioso britannico, infatti, le abilità proprie di questi super-atleti sono correlate con modificazioni strutturali nelle aree di senso del cervello e in quelle associate con il movimento. Di conseguenza, questi sportivi fanno un uso più efficiente e concentrato di queste specifiche aree cerebrali. Ciò spiegherebbe la loro capacità di compiere movimenti mirati, di mantenere elevati livelli di concentrazione e di prendere decisioni in tempi molto brevi, anche sotto pressione. Secondo Yarrow, quindi, il cervello dei super-atleti, attraverso l'allenamento, si trasforma in un potentissimo e preciso computer, in grado di guidare il corpo a compiere movimenti sorprendentemente veloci e precisi per giungere alla vittoria. (2 luglio 2009) |
Post n°142 pubblicato il 03 Luglio 2009 da as_scacciapensieri
Cosa dire dopo quella desolante prestazione? Che sia finalmente giunto il momento di fare qualche riflessione? J. Valdano nel suo fantastico libro "Il sogno di Futbolandia" scrive di noi italiani: ....M. B. sostiene giustamente che siccome l'Italia perde sempre di poco "non rivede mai il suo progetto". Valdano è molto ottimista, io molto spesso il progetto non lo vedo nemmeno. Comunque questa volta l'Italia non ha perso di poco... e non solo nel risultato! |
Post n°141 pubblicato il 19 Giugno 2009 da as_scacciapensieri
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Post n°140 pubblicato il 19 Giugno 2009 da as_scacciapensieri
da Wikipedia Agli albori degli anni settanta, in pieno clima di rivoluzione nella società, anche il calcio ebbe la sua. Si chiamava Olanda. La scuola olandese deve la sua affermazione soprattutto a due persone: l'allenatore dell'Ajax Rinus Michels, considerato uno dei migliori di sempre, senza il quale né la squadra di Amsterdam né la Nazionale orange avrebbero potuto tradurre sul campo, e con tanta efficienza, la propria forza innovativa. Quando si parla di "calcio totale" ci si riferisce al gioco che mostrarono prima il PSV Eindhoven e subito dopo l'Ajax e la selezione olandese: qualcosa di mai visto prima, almeno non in maniera tanto sistematica. Ogni giocatore doveva saper interpretare tutti i ruoli: il difensore saliva ad attaccare, il portiere avanzava per rilanciare immediatamente l'azione, un attaccante poteva e doveva tornare indietro ad aiutare i compagni in fase di non possesso palla. Perché questo potesse verificarsi erano necessarie continue rotazioni di ruolo, con movimenti a scalare e complicati meccanismi tattici. Ogni giocatore, anche un centrale difensivo o un portiere, doveva saper giocare benissimo il pallone e non buttarlo mai via; tutti e undici dovevano muoversi e correre costantemente per tutti i 90 minuti. All'epoca era qualcosa di molto insolito vedere tutti i giocatori muoversi. Nei pochi momenti in cui i giocatori non correvano, era il pallone a farlo, con una rapida successione di passaggi, la cosiddetta melina, preludio di un'intensa accelerazione del gioco. Alcune di queste caratteristiche oggi appaiono piuttosto scontate per qualsiasi squadra professionista, ma fu l'Olanda a farle vedere per prima su un campo di calcio. Proprio per questo la nazionale olandese venne soprannominata l'arancia meccanica, in riferimento al colore delle casacche e allo stile di gioco estremamente tattico e meccanico, che non faceva sconti a nessun avversario, di grande o piccola importanza. Oggi la scuola olandese percorre la stessa strada tracciata 35 anni fa e continuano a nascere ottimi giocatori praticamente a getto continuo. Le loro caratteristiche sono quelle classiche di un giocatore orange: duttilità, tecnica, sapienza tattica. |
Post n°139 pubblicato il 19 Giugno 2009 da as_scacciapensieri
dal sito della Federazione Ticinese Gioco Calcio Formazione delle speranze
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Inviato da: cjeannine0000
il 25/07/2014 alle 11:51
Inviato da: piersm
il 03/04/2010 alle 12:32
Inviato da: joanber
il 25/03/2010 alle 23:40
Inviato da: alis_2000
il 07/02/2010 alle 20:29
Inviato da: alis_2000
il 31/01/2010 alle 20:16