« VUOI VENIRE? | Messaggio #93 » |
Le due donne s’incontrano; ormai è quasi una consuetudine quel loro appuntamento. L’una è simile all’altra, si aiutano prendendo coscienza di se stesse, nella ingannevole presunzione che almeno una delle due abbia la lucidità su quanto loro accade.
Come tutte le donne, quando raramente esse si trovano, parlando si sfiorano appena, giusto per sentire il calore della pelle. Si sorridono spesso, si capiscono con lo sguardo e si compensano.
Cos’è che non va? Chiede l’una all’altra, fermandole lo sguardo e trattenendoglielo nel suo.
Le parole finalmente escono come un torrente.
Il ginocchio di lui piantato tra le gambe, mi teneva contro il muro per i polsi, ho ancora la sensazione del freddo dell’intonaco; - Dimmi che sei mia – aveva il tono della voce basso, pericolosamente basso. Ed io sentivo crescere la paura così come cresceva il sesso di lui contro il mio. Ed ancora: - dimmi che sei mia, sei solo mia – non pensavo più e più lui parlava più io m’astraevo, non ricordavo che fosse così forte e ogni minimo sforzo per evitarlo era vano.
La donna soffoca piccoli singhiozzi nel raccontare, lucide lacrime scendono e si mischiano alle lacrime dell’altra che le tiene leggera le mani.
- Dimmelo, voglio che lo dici, dillo che sei mia – incalzava lui prepotente. Non volevo pensare più capisci? Non volevo che mi baciasse. Non volevo che muovendosi mi rompesse il telefonino già a pezzi ai suoi piedi.
L’altra annuisce, muta, è sconvolta ma la incoraggia a continuare.
Non erano le sue mani, soffermate sul mio corpo per darmi forzatamente il piacere né il suo sguardo né il dolore fisico che mi causava il suo movimento. Ma era il suo odore, il suo sapore che non erano più miei da troppi anni quel che più m’hanno disgustato; quel bacio rubato contro il muro con il viso con la barba lunga che mi strusciava contro il mio graffiando le mie labbra ed il mio seno.
Così dicendo le mostra i segni rossi tutt’attorno alla bocca e alla parte di decolté visibile.
Avrei dato tutto purchè finisse subito, gli avrei dato qualunque cosa ma non sono stata capace di aprire bocca e dirgli ciò che si aspettava di sentire. Tutto, credimi. Ero fuori di me per il dolore e la vergogna. Oddio che ho fatto? Non dimenticherò mai più le sue labbra schifose. Mai più.
La donna geme scossa dai singulti, l’altra le si fa a fianco.
Lo so,, è successo anche a me, nessuno può capirti come posso farlo io in questo momento. So bene cosa ti viene richiesto con quelle poche parole: - dimmi che sei mia, che sei mia, tutta mia – so bene cosa vuol dire vivere quell’attimo con l’angoscia di non essere te stessa. So bene.
La donna guarda l’altra, è stupita, sconcertata. Non sapeva né aveva immaginato. Ora sa.
Sai ciò che più mi ha fatto male? E’ che nessuno degli altri si è accorto di nulla, ed anche quando se ne fosse accorto avrebbe fatto finta di nulla. Erano tutti fermi e fissi sulle proprie storie, sulle proprie angosce sui propri sentimenti. Solo il più giovane tra tutti loro, quello che men che meno avrei creduto, solo lui ha intuito e solo a lui ho dovute poche spiegazioni, solo a lui ho voluto dirlo Solo lui ha compreso e accolto la mia malinconia. Se avessi avuto un figlio sarebbe stato come lui.
L’abbraccia, la donna le sorride e le ricambia l’affettuosità. Hanno entrambe i volti gonfi, segnati dalle piccole lacrime sgorgate.
Funziona così tra loro, si raccontano le tragedie della loro folle e stanziale vita facendo finta di nulla, senza dimenticare ma solo elaborando al meglio per non soffrire.
Parlano di loro come erano. Poi di come sono diventate. Non c’è rimpianto in loro nel guardarsi parallelamente camminare e al tempo stesso così diversamente svilupparsi.
Sembrano felici.
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