IL PUNITORE

L'ULTIMA INTERVISTA DI MUSSOLINI - 20 APRILE 1945 (parte seconda)


Mi mostrai convinto di non aver saputo sintetizzare bene tutto il suo pensiero. Mi disse: "Ne riparleremo...". Invece non restava più né il tempo e né il modo. Pochi giorni dopo sarà Dongo, l’esecuzione, piazzale Loreto."La vittoria degli alleati – proseguì - riporterà indietro la linea del fronte delle rivendicazioni sociali. La Russia? Dovrà cozzare fatalmente con il capitalismo anglo-americano. Sarà allora che il popolo italiano avrà la possibilità di risollevarsi e di imporsi. L’uomo che dovrà giocare la grande carta..."."Sarete sempre voi, Duce..."."Sarà un giovane. Io non sarò più. Lasciate passare questi anni di bufera. Un giovane sorgerà. Un puro. Un capo che dovrà immancabilmente agitare le idee del fascismo: collaborazione e non lotta di classe, carta del Lavoro e socialismo, la proprietà sacra fino a che non diventi un insulto alla miseria, cura e protezione dei lavoratori, dei vecchi, degli invalidi; assistenza e tutela della madre e dell’infanzia...".Mussolini si passò una mano sulla fronte. Poi, dopo un attimo di silenzio, continuò: "…Moralità in tutti i campi, lotta contro l’ignoranza e contro il servilismo verso i potenti, potenziamento, se si sarà ancora in tempo, dell’autarchia, unica nostra speranza economica, esaltazione dell’orgoglio di essere italiano, educazione in profondità e non in superficie, come purtroppo avvenuto per colpa degli avvenimenti e non per deficienza ideologica… Verrà il giovane puro che troverà i nostri postulati freschi, audaci e degni di essere seguiti...".Anche qui Mussolini fece attenzione a quanto stavo scrivendo. In una riga, corresse un errore madornale. Arrossii. Egli se ne accorse e rise. Poi disse: "Quando vi si incolpa di avere sbagliato, dite pure che Mussolini sbaglia dieci volte al giorno!".Quindi proseguì: "Abbiamo avuto 18 secoli di invasioni e di miserie, di denatalità e di servaggio, di lotte intestine e di ignoranza. Ma, più di tutto, di miseria e di denutrizione. Venti anni di fascismo non sono bastati per dare all’anima di ogni italiano quella forza occorrente per superare la crisi e per comprendere il vero. Le eccezioni, magnifiche e numerosissime non contano. Io oggi sono come il grande clinico che non ha più la fiducia dei familiari dell’importante degente. Molti medici si affollano per la successione. Molti di questi sono già conosciuti per inetti; altri non hanno che improntitudine o gola di guadagno. Il nuovo dottore deve ancora apparire. E quando sorgerà, dovrà riprendere le ricette mie. Dovrà solo saperle applicare meglio. Un accusatore dell’ammiraglio Persano, al quale fu chiesto che colpa, secondo lui, aveva l’ammiraglio: "quella di aver perduto" rispose. Così io. Ho qui delle tali prove di aver cercato con tutte le mie forze di impedire la guerra che mi permettono di essere perfettamente tranquillo e sereno sul giudizio dei posteri e sulle conclusioni della Storia".Nel dire "ho qui tali prove", indicò una grande borsa di cuoio. Mi sembra, delle tre, fosse quella di pelle gialla."Non so se Churchill è, come me, tranquillo e sereno. Ricordatevi bene: abbiamo spaventato il mondo dei grandi affaristi e dei grandi speculatori. Essi non hanno voluto che ci fosse data la possibilità di vivere…".Mussolini sorrise lievemente quando parlò della sua serenità e tranquillità. Sorrise di nuovo quando fece cenno a Churchill. Il sorriso si mutò in una smorfia di disprezzo allorché parlò degli affaristi e degli speculatori.Osai interromperlo per chiedergli d’un fiato: "Tra questi affaristi include anche il Vaticano?""Siamo stati i primi, i soli, a ridare lustro e decoro e libertà e autorità alla Chiesa cattolica. Assistiamo a questo straordinario spettacolo: la stessa Chiesa alleata ai suoi più acerrimi nemici. La Chiesa cattolica non vuole, a Roma, un'altra forza. La Chiesa preferisce degli avversari deboli a degli amici forti. Avere da combattere un avversario, che in fondo non la possa spaventare e che le permetta di avere a disposizione degli argomenti coi quali ravvivare la fede, è indubbiamente un vantaggio. Diplomazia abile, raffinata. Ma, a volte, è un gran danno fare i superfurbi. Con la caduta del fascismo, la Chiesa cattolica si ritroverebbe di fronte a nemici d'ogni genere: vecchi e nuovi nemici. E avrebbe cooperato ad abbattere un suo vero, sincero difensore".A questo punto Mussolini tacque. Si alzò e si avvicinò alla finestra. Avevo cercato di fissare gli appunti nel modo il più esatto possibile, tenendo dietro a mala pena alle sue parole. Le cartelle erano oramai più di 30. Finalmente Mussolini si distaccò dalla finestra. Si rivolse di nuovo a me e riprese:"Mi dissero che non avrei dovuto accettare, dopo l'armistizio di Badoglio e la mia liberazione, il posto di capo dello stato e del governo della Repubblica Sociale. Avrei dovuto ritirarmi in Svizzera, o in uno stato del sud America. Avevo avuto la lezione del 25 luglio. Non bastava, forse? Era libidine di potere, la mia? Ora chiedo: avrei dovuto davvero estraniarmi?. Ero fisicamente ammalato. Avrei potuto assistere oramai da spettatore allo svolgersi degli avvenimenti. Ma cosa sarebbe successo? I tedeschi erano nostri alleati. L'alleanza era stata firmata e mille volte si era giurata reciproca fedeltà, nella buona e nella cattiva a sorte. I tedeschi, qualunque errore possano aver commesso erano, l'otto settembre, in pieno diritto di sentirsi e calcolarsi traditi. Avevano il diritto di comportarsi da padroni assoluti. Avrebbero senz'altro nominato un loro governo militare di occupazione. Cosa sarebbe successo? Terra bruciata. Carestia, deportazioni in massa, sequestri, moneta di occupazione, lavori obbligatori. La nostra industria, i nostri valori artistici, industriali, privati, tutto sarebbe stato bottino di guerra. Ho riflettuto molto. Ho deciso ubbidendo all'amore che io ho per questa divina adorabile terra. Ho avuta precisissima la convinzione di firmare la mia sentenza di morte. Non avevo importanza più. Dovevo salvare il più possibile vite ed averi, dovevo cercare ancora una volta di fare del bene al popolo d'Italia E la moneta di occupazione, i marchi di guerra, che già erano stati messi in circolazione, sono stati per mia volontà ritirati. Ho gridato. Oggi saremmo con miliardi di carta buona per bruciare. Invece nel Sud, i governanti hanno accettato le monete di occupazione. La più tremenda delle inflazioni delizia quelle regioni così dette "liberate". Quando arriveranno nel Nord, in questo Nord che la Repubblica Sociale ha governato malgrado bombardamenti, interruzioni di strade, azioni di partigiani e di ribelli, malgrado la mancanza di generi alimentari e di combustibili, in questo Nord dove il pane costa ancora quanto costava 18 mesi fa e dove si mangia alle "mense del popolo" anche a 8 lire, quando arriveranno a "liberare" il Nord, porteranno, con altri mali, l’inflazione. Mi sono imposto e ho avuto uomini che mi hanno ubbidito. Non si è stampato che il minimo occorrente, di moneta. Ho però autorizzato le banche ad emettere degli assegni circolari, questi tanto criticati assegni. Non sono tesaurizzabili: ecco la loro importanza. La lira-moneta automaticamente viene richiesta, acquista credito, le rendite e i consolidati sono saliti a 120. Ho impedito che i macchinari venissero trasportati in Baviera. Ho cercato di far tornare migliaia di soldati deportati, di lavoratori rastrellati. Dalla Germania sono tornati oltre 400.000 soldati ed ufficiali prigionieri, o perché hanno optato per noi o per mio personale interessamento. Ho impedito molte fucilazioni, anche quando erano giuste. Ho cercato, con tre decreti di amnistia e di perdono di procrastinare il più possibile le azioni repressive che i comandi germanici esigevano per avere le spalle dei combattenti protette e sicure. Ho aiutato tanta povera gente, senza informarmi delle idee dei singoli. Ho cercato di salvare il salvabile. Fino ad oggi l'ordine è stato mantenuto: ordine nel lavoro, ordine nei trasporti, nelle città… Dovevo, di fronte ad una situazione che vedevo tragicamente precisa, disertare il mio posto di responsabilità? Leggete: sono i giornali del Sud: "Mussolini prigioniero dei tedeschi", "Mussolini impazzito", "Mussolini ammalato", "Mussolini con la sua favorita", "Il Duce fuggito in Brasile?". Poi strinse il pugno e lo batté con energia sul tavolo: "Invece sono qui, al mio posto di lavoro. Lavorerò anche in Valtellina. Cercherò che il mondo sappia la verità assoluta e non smentibile di come si sono svolti gli avvenimenti di questi cinque anni".Chiesi: "Ma c'è è ancora una speranza? Ci sono davvero le armi segrete?"."Ci sono. Sarebbe ridicolo e imperdonabile bluffare. Se non fosse avvenuto l'attentato contro Hitler nell'estate scorsa, si avrebbe avuto il tempo necessario per la messa in azione di queste armi. Il tradimento anche in Germania ha provocato la rovina, non di un partito, ma della patria".Quando pronunciò la parola "tradimento" esclamai: "Ma noi vi siamo stati e vi saremo sempre fedeli".Egli, allora, mi pose la mano sul braccio e mi disse con accento triste: "Quanti giuramenti! Quante parole di fedeltà e di dedizione! Oggi solo vedo chi era veramente fedele, chi era veramente fascista! Siete voialtri, sempre gli stessi fedeli delle ore belle e delle ore gravi. Facile era osannare nel 1938! Ho una tale documentazione di persone che non sapevano più che fare per piacermi! E al primo apparire della tempesta, prima si sono ritirati prudentemente per osservare lo svolgersi degli avvenimenti. Poi si sono messi dalla parte avversaria. Che tristezza. Ma che conforto, finalmente, poter vedere che vi sono i puri, i veri, i sinceri. Tradire l'idea... tradire me... ma tradire la patria…"."Duce, pensate che inglesi e americani possano vedere i russi arrivare nel cuore dell'Europa? Non sarà possibile una presa di posizione...?"."I carri armati che penetrano nella Prussia Orientale sono di marca americana".A questo punto Mussolini volle precisare che non riteneva, oramai, più possibile sperare in un capovolgimento del fronte. Disse anche: "Forse Hitler si illude". Poi alzò le sopracciglia, fece un ampio gesto con le mani, quindi riprese: "Il compito degli alleati è di distruggere l'Asse. Poi..."."Poi?"."Ve l'ho detto. Scoppierà una terza guerra mondiale. Democrazie capitalistiche contro bolscevismo. Solo la nostra vittoria avrebbe dato al mondo la pace con la giustizia. Mi hanno tanto rinfacciata la forma di disciplina che imponevo agli italiani. Come la rimpiangeranno. E dovrà tornare se gli italiani vorranno essere ancora un popolo e non un agglomerato di schiavi… E gli italiani la vorranno, la esigeranno. Cacceranno a furor di popolo i falsi pastori, i piccoli malvagi uomini asserviti agli interessi dello straniero. Porteranno fiori alle tombe dei martiri, alle tombe dei caduti per un'idea. Diranno, allora, senza piaggeria, e senza falsità: Mussolini aveva ragione".Il Duce a questo punto prese le cartelle dove avevo messo gli appunti."Non farete un articolo. Riprendete da questi appunti quello che vi ho detto. Dopodomani mattina mi porterete il dattiloscritto. Se ne avrò tempo riprenderemo fra qualche giorno questo lavoro".Dissi che in anticamera era il mio redattore capo, già direttore di un settimanale di Brescia. Mussolini lo fece chiamare. Rimanemmo ancora dieci minuti in udienza.Terminai la stesura delle cartelle quella stessa notte, al giornale. Per mancanza di carta, dovetti scrivere le ultime quattro cartelle al rovescio delle prime quattro. Lavorai come potei: Tre allarmi aerei, tre volte la luce si spense.La mattina del 22 aprile, alle 11, tornai in Prefettura. Mussolini era fuori. Fece ritorno alle 12,40. Camminava cupo e con passo rapido. Gli avvenimenti precipitavano con un ritmo che non consentiva più illusioni: gli angloamericani si erano avvicinati vittoriosi alla linea del Po. Ogni speranza in una qualsiasi resistenza svaniva, tanto per l'esercito tedesco, quanto per i fascisti. Già echeggiava il sinistro: "Si salvi chi può". Perciò Mussolini doveva già avere la visione, forse ancora nebulosa ma non per questo meno drammatica, della prossima fine. Ci vide. Rispose con aria stanca ai nostri saluti. Quando fu sulla soglia della sua stanza da lavoro, si voltò e mi fece cenno di attendere.Barracu, dopo una decina di minuti, mi introdusse da lui. Stava mangiando. Gli avevano portato una zuppiera. Sorbì alcune cucchiaiate di minestra. Mangiò un po' di verdura, un pezzettino di lesso, due patate e una carota bollita. Poi una mela. Bevve due dita di acqua minerale. Quindi si volse verso di me, e mi disse: "Fatemi vedere il vostro lavoro". Scostò delle carte. Lesse con attenzione, lentamente. Il suo volto aveva visibili tracce di stanchezza. Alla distanza di sole 48 ore, sembrava molto invecchiato. Corresse e tracciò molti segni, come risulta dal dattiloscritto. Quindi volle siglarlo, apponendo in calce all’ultimo foglio la sua ben conosciuta inconfondibile "M".Alla fine mi disse: "Va bene. Ci rivedremo, forse, in Valtellina. Altrimenti, qualunque cosa accada, non fate pubblico questo scritto. Se dovesse accadere il crollo, per almeno tre anni tenetelo nascosto. Poi fate voi, secondo il vostro criterio. Ora andate".Salutai senza poter dire una parola. Mi fece un gesto di arrivederci. Uscii dalla Prefettura con l'animo in tumulto. Non dovevo più rivederlo.