Il quaderno viola

Learning to fly


 .. Perchè a volte c'è bisogno di isolarsi con i propri pensieri, tacere tutto il frastuono- silenzio -e finalmente pensare.Senza condizioni, liberamente. Ne ebbi l'occasione proprio in quel momento, dopo il furioso litigio con i miei. Non che le cose debbano necessariamente andare a rotoli, ma semplicemente il corto circuito avvisa che è arrivato il momento di dare un calcio a tutto quel CAOS. Un luogo dove tutto sia come da bambini, esatto, compiuto. Che aderisca perfettamente a quello che vuoi. Dove poter rimettere ordine alle cose. Mi venne l'idea geniale, guardando lo zaino buttato sotto la scrivania. Avevano detto che ero indipendente. Ahiahia. Sbagliato a dirmelo. Presi lo zaino e lo riempii dei primi vestiti trovati sul letto, svuotai il salvadanaio ed uscii. Sembrava proprio che stessi andando a studiare, magari da Ale. Invece presi l'8 e scesi alla stazione. Davanti a me un pannello di possibilità: le scartai tutte finchè scorrendo con le dita non arrivai a lei, ROMA. Prezzo abbordabile, non me lo feci ripetere due volte. Così due ore dopo ero in treno, in un vagone caldo e soprattutto sola con i miei progetti, in compagnia di due ragazzi, forse universitari. Parlare sembrava seta, senza costrizioni, senza preoccupazioni, senza preoccuparsene. Così facile e diretto come non era stato mai. Cosa fai nella vita, studi? ah sì, odio anche io la fisica, che esame sarebbe?! no, non ci sono mai stata, non da sola almeno, ah conosci tutti quei posti, no a Taranto le cose sono cambiate diciamo a metà, com'è essere coinvolti in qualcosa di grande? hai partecipato alla protesta? vergogna, no davvero scherzo però. Ha un che di precario ed affascinante condividere i propri pensieri sapendo che non rivedrai l'altro mai più.  Scesi alla stazione Termini, mi diressi verso l'uscita della metropolitana, travolta da un fiume di volti, anime, scopi, direzioni, indifferenti. Esistenze casualmente accomunate, strette aggrappate allo stesso palo eppure così distanti, inarrivabili. Non credo potrei nascere in un mondo del genere. E già pensavo a come adattarmi. Almeno fino a quando... a quando? Mio cugino aveva casa lì, e nonostante il mio caratteraccio e l'estraneità di essere parenti, avevamo continuato a sentirci. Lo chiamai e mi disse di incontrarci in centro. Quel pomeriggio passeggiare, ed ore seduti in un caffè. Quando uscimmo era buio, camminavamo verso casa sua. Non mi aveva detto una cosa importante. Sul lungotevere non c'era molta gente. Qualche coppia, cani a spasso, pochi solitari. In lontananza una figura familiare. Una donna con i capelli lisci, corti, si avvicinava. Cominciai a temere sul serio, conoscevo bene quella signora. Occhiali, cappotto, borsa. Ahia.- Ciao, zia.Bastardo. Cugino bastardo.- Non dovresti stare qui. Lo sai vero?Sempre così nella famiglia: poche parole, molta eloquenza. Cosa ci faceva lì? non lo so. Ma mi riaccompagnò alla stazione, mi rimise sul treno e se ne andò. Fine misera per il mio -breve- american dream.  
  ON AIR: Learn to fly - Foo Fighters