Rubo il titolo di questo post al commento inviato da
Marcello Forcini (che ringrazio assieme a
Gian Contardo Colombari per un altro suo interessante intervento inserito nel mio blog).
Ieri sera era andato a letto contento, dopo un'ora di ascolto di «
Ballarò». Ministri ed industriali ci avevano spiegato che le raccomandazioni in Italia non esistono.
Soltanto quel guastafeste di Diliberto, aveva messo il coltello in una piaga purulenta, il secondo comma dell'art. 3 della nostra
Costituzione che esattamente recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Stamattina il risveglio ha cancellato le illusioni di ministri ed industriali, con l'articolo di
Michele Ainis sulla «Stampa» che comincia così: «In Italia farsi largo sulla base del talento è diventata un’impresa da alpinisti. Sulla competenza trionfa per lo più l’appartenenza, la tessera di partito, la spintarella di cricche e camarille».
Bastano queste parole per chiudere non il discorso (ovviamente), ma la porta alla speranza. Dappertutto possiamo incontrare quel personaggio che Ainis riprende da uno scritto di Francesco Merlo: «Nel comune di Catania c’era un ragazzo timido e silente, che stava lì per esclusivi meriti parentali. Chi era? Il "muto agevolato"».
Per ogni «muto agevolato», ci sono tanti «evitati speciali» come li chiamo io.
Perché la raccomandazione, quale teoria e prassi dell'assunzione, viaggia sempre su due binari. In uno ci sono quelli da mandare avanti a forza di calci nel culo per fargli fare carriera. E sull'altro quelli da stoppare con altri calci ma nelle più dolorose parti anteriori del corpo, dal viso ai ginocchi, sulle quali viaggiava il mitico «oselin de la comare» di Cochi e Renato, però con diversi intendimenti.
In quest'Italia «in cerca d'autore» (di un autore che sappia scrivere un copione decente alla luce del sole), dove (come è stato spiegato nella prima ora di «Ballarò») nessuno raccomanda nessuno nei ministeri, nelle regioni, nelle province, nei comuni, in quest'Italia avvengono tuttavia i fatti "miracolosi" di cui parla Ainis: «l’appartenenza, la tessera di partito, la spintarella di cricche e camarille».
Quella ragazza che ha parlato della sua lettera inviata al presidente della Repubblica, chiedendo una raccomandazione dopo tre anni di infruttuosa ricerca di un posto, è apparsa nella semplice prospettiva degli «esclusi». Di chi non appartiene a nessun clan, partito o famiglia. Mi si dimostri il contrario, si smentisca Ainis, signori dei ministeri e dell'industria.
Le storie opposte a quella della ragazza che ha scritto a Napolitano, ovvero le storie di carriere garantite, fulminanti e protette, sono note, ma non si possono raccontare. Dare del raccomandato ad uno, temo possa esser considerato una grave offesa che potrebbe costare cara in sede giudiziaria. Come si dice, mazziati e cornuti.
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