Noi bravi scolari di una volta..., m'è venuto da pensare ricordando un vecchio insegnante universitario, Achille Ardigò, appena scomparso. Docente di Sociologia alla Facoltà di Magistero (primi anni Sessanta), Ardigò non mi ha lasciato memorie particolari.Un po' incolore nelle lezioni, moderatamente cortese negli esami, la sua materia allora andava di moda, ma a me non interessava in maniera particolare. Insomma un esame come un altro, se non fosse che di tutte le sue lezioni e di tutte le letture annesse, a mezzo secolo di distanza è sopravvissuto (per mia colpa) ben poco.Un primo ricordo. In una pagina di un suo testo Ardigò studiava la dislocazione dei vari gruppi di sensali in piazza Maggiore nelle giornate di mercato. Ne parlai una volta con un rappresentante editoriale bolognese che si mise a ridere, dicendomi nel suo dialetto: "Eh, ci voleva Ardigò per scoprire una cosa che sappiamo tutti...".L'assistente di Ardigò, il dottor Paolo Guidicini, era un giovane elegante e cordiale, anche troppo con le nostre ragazze se ci accompagnavano nel suo studio quando dovevamo "prendere l'esercitazione". Si trattava di una ricerca da portare all'esame, e da svolgere sul campo. "Ah, lei è di Rimini, allora vada al tal centro professionale, e faccia questo lavoro...".M'inventai tutto, dai nomi e cognomi degli intervistati, alle statistiche relative alle loro risposte al questionario affidatomi da Guidicini. Dopo qualche anno, ho trovato quelle statistiche pubblicate in un bel volume scientifico. Gli assistenti non sempre erano simpatici come Guidicini. Quello di Italiano era un pignolo dalla vice stridula, Mario Saccenti (di cognome e di fatto). Apriva l'esame con una domanda di letteratura. A me chiese di parlare del Tasso (era il mio primo esame universitario in assoluto, un gesto da kamikaze a detta degli amici di corso più anziani). Risposi partendo dall'importanza del Tasso nella storia della letteratura italiana, argomento contenuto nell'ultimo paragrafo del capitolo del volume di Natalino Sapegno. Saccenti m'interruppe obbligandomi a ripartire "dall'inizio", ovvero dalla nascita del Tasso, quindi dal primo paragrafo del testo di Sapegno...La seconda domanda riguardava la "Commedia". Apriva a caso il libro, puntava l'indice sulla pagina. Eravamo all'Inferno, mi chiese la lista dei dannati che precedevano quel determinato personaggio.Gettai l'occhio sulle note. Con un sospiro di sollievo, feci il mio bravo elenco. Saccenti con il ghigno perfido che teneva stampato fisso sul volto per terrorizzarci, e con quella vocina stridula, emise la sentenza terrificante: "No. Quelli vengono dopo".Scrisse la sua brava noticina che consegnò al prof.
Ezio Raimondi, il cattedratico della materia, con cui passai a chiudere l'esame, trattando del corso monografico diviso in due parti. La prima riguardava la "Vita" dell'Alfieri. La seconda, un testo allora appena tradotto dal Mulino, il celebre ed indigesto "Wellek e Warren" dal nome degli autori (titolo: "Teoria della letteratura"). Un libro per laureati, non certo adatto a noi ragazzotti di provincia che avevamo fatto le Magistrali con molto affanno.Comunque Raimondi, dopo che ho risposto alla sua prima domanda, si rivolge a Saccenti, scorrendo la noticina che gli aveva passato con l'esito dell'interrogazione fatta a mio danno...: "Marione", gli grida, "ma questo giovane è preparato". Non potei prendere più di 25/30 per colpa del sadismo di Marione.Un assistente di Latino ignorava che "nulla sapeva delle nostre cose" equivale a "non sapeva nulla...". Per cui segnava errore nello scritto, adducendo spiegazioni folli. Alla fine nella discussione che ebbi fuori esame con lui, dovette ammettere che tutte le cose che aveva segnato come errori invece andavano bene.Per Storia medievale e moderna, cattedra della grande e temuta Gina Fasoli (che interrogava durante le lezioni tenute nell'emiciclo di Anatomia..., ma molto corretta e cordiale agli esami), c'era come assistente Paolo Prodi, oggi famoso docente a livello europeo. L'ho rivisto qualche anno fa alla presentazione di un volume sui Malatesti, ma non me la sono sentita d'andarlo a salutare.Apparteneva alla categoria dei Saccenti, quelli che vedevano l'esaminando con l'occhio del cacciatore che imbraccia un fucile carico. Nella nostra elementare classificazione, dividevamo gli insegnanti in buoni o carogne. Eravamo molto rozzi ed incivili, noi. Forse lo erano anche quelli che al di là della cattedra credevano che la cultura fosse la memorizzazione di una sequenza di date, e non la capacità di elaborazione della materia.L'assistente di Pedagogia, Mario Gattullo, un giovane meridionale intelligente e saldo nella sua preparazione (e purtroppo scomparso prematuramente per un incidente stradale), aveva il chiodo fisso della Docimologia. Ovvero la misurazione scientifica della preparazione degli studenti di ogni tipo ed ordine di scuola.Anche per Pedagogia era obbligatoria un'esercitazione decretata da Gattullo. La svolsi per tre mesi in una classe elementare. Divisa in due gruppi. Il primo, esercitato di continuo, alla fine avrebbe dovuto dimostrare maggiore preparazione del secondo lasciato a riposo.Per una di quelle situazioni che si verificano nella realtà in contrasto con i presupposti dottrinari per non dire dogmatici, accadde tutto il contrario. Il gruppo sempre esercitato alla fine ebbe risultati peggiori del gruppo inoperoso. Il che fece andare su tutte le furie il dottor Gattullo che, non ligio alla filosofia del pragmatismo statunitense che c'insegnava in teoria, se ne uscì con una sentenza irremovibile: "E' impossibile".Con questa premessa ed esperienza, accettai il lavoro da svolgere per l'esame di Sociologia, facendo pure ricorso ad una pregiudiziale metodologica degna del miglior empirismo nordamericano: "Questa volta vi frego io".M'inventai tutto, come ho detto. Quella volta feci centro. E' proprio vero, noi ragazzi di una volta eravamo proprio dei bravi scolari.
[Anno III, post n. 280 (657), © by
Antonio Montanari 2008]