Messaggi del 13/11/2007

Cronache nere

Post n°335 pubblicato il 13 Novembre 2007 da monari

13122007blogstampaSiamo tutti angosciati per quello che è successo domenica scorsa. Nei blog della nostra comunità se n'è parlato con una partecipazione che indica qualcosa. Non siamo insensibili al mondo che ci circonda. E che ci fa paura per molti motivi. Per il povero ragazzo ucciso nelle circostanze "misteriose" che conosciamo, ad esempio. Un episodio che non doveva accadere. Non si spara attraverso un'autostrada, non sapendo che cosa succeda esattamente aldilà di essa, in una piazzola di sosta troppo distante per distinguere le cose.

Ho scritto ieri che il fatto di Arezzo non ha nulla a che vedere con lo sport. Intendevo dire che l'uccisione di quel ragazzo non poteva essere presa a pretesto per tentare un'insurrezione come c'è stata poi a Roma. Chiedo scusa se non mi sono spiegato bene. Credevo di averlo fatto, aggiungendo che allo stesso modo pure la violenza scatenatasi poi, non aveva nulla a che fare con lo sport.

Ieri pomeriggio Irene ha osservato nel suo blog che viviamo in un vuoto dove «tutto freneticamente inghiottisce tutto». Lo ha scritto anche a commento del mio post.
Poco dopo Gianna, allargando il discorso ad altre notizie di cronaca nera, introduceva una nota metafisica: «Non ditemi che sono prove inviateci da lassù per provare la nostra tempra di madri e di padri o peggio per scontare i nostri peccati. Per il Grande Distratto è un incidente di percorso e spero che trovi al più presto un rimedio».
Cito questi due passi di Irene e  Gianna perché sono sintonizzati sul tema del nostro essere qui ed ora, con sfumature che intrigano con dolcezza d'intenti e costringono fermamente a riflettere.

Il contesto della vicenda di Arezzo dà ragione al commento di Fino: «Quella gente (juventini e laziali) erano là per lo sport o per meglio dire per uno pseudosport chiamato calcio».
Ieri facevo un altro discorso. Parlare male dello sport com'è in Italia da tanti anni, non è vuota retorica. Ma è amara constatazione che nulla si fa per cambiare qualcosa. Forse tutto quanto accade serve a qualcuno, lo dico da un punto di vista politico.

Sempre da questo punto di vista, dobbiamo essere certi che nessuno possa colpirci "per sbaglio" se passiamo per strada o in autostrada vicino ad un gruppo di sportivi che possono essere temuti: ma per questo fatto, nessuno è autorizzato a sparare per prevenire un reato di cui il viandante per caso non ha nessuna responsabilità.

Stamani ho letto il bell'editoriale di Massimo Gramellini in prima della «Stampa». Che all'inizio dice qualcosa sull'Italia sbagliata oggi sotto accusa, e della quale fanno parte anche i giornalisti «che invece di dare la notizia dell’assassinio di un ragazzo al casello autostradale», annunciano che è stato ucciso un tifoso.
L'Italia che vogliamo? «L’Italia che estirpa i violenti dagli stadi e dalle strade. E non protegge le caste, ma le persone. Perseguendo gli individui e non generiche categorie sociali: i tifosi, i romeni. L'Italia a viso aperto. Tollerante, giusta, decisa. Senza ferocia. Ma senza paura».

L'Italia giusta. Può essere un'utopia, ma deve essere un progetto. Gramellini ha ragione. Così come hanno ragione Irene e  Gianna a chiedersi che cosa sia questo mondo in cui viviamo. La loro intelligenza avvia con tranquilla fermezza un discorso vasto, ma necessario.

Nulla è una parola che fa paura. È un tema che affascina da sempre letterati e filosofi, quindi non deve essere che apprezzato il riproporlo alla nostra attenzione. Le nostre inquietudini sul destino dell'umanità a cui accenna  Gianna, sono un sentimento del tempo. Ma ogni tempo ha i suoi drammi. Grazie, amiche, di aver introdotto questo tema.

Affacciandoci alla strada, vivendo tra la gente, i vostri pensieri dovrebbero spingerci a meglio comprendere il valore dei rapporti con chi ci sta o passa vicino.
Lo diceva già Giacomo Leopardi: nella guerra comune contro la Natura, gli uomini dovrebbero offrirsi aiuto in un abbraccio «con vero amor».

Ma vedete che il sublime canto del poeta, «... su l'arida schiena / Del formidabil monte / Sterminator Vesevo», diventa immediatamente qualcosa di più, un manifesto politico con l'invito agli uomini a considerarsi «confederati» fra loro. È il vecchio discorso del «contratto sociale»...

Ma fino a che punto siamo pronti ad accogliere questi discorsi? Attenzione, perché essi sono considerati pericolosi. Pericolosissimi... Per motivi ovvi.

L'Italia «tollerante, giusta, decisa» propugnata da Gramellini, è l'unica via di scampo dal nulla, dalla paura, dalla corruzione. Ma quanti sono d'accordo oggi e qui a credere nei valori di una società «tollerante, giusta, decisa»? Siamo anche il Paese in cui si portano tranquillamente i maiali ad orinare su terreni frequentati da persone come noi che hanno però un'altra religione. E poi ci chiamiamo popolo civile.

 
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