Messaggi del 22/12/2007

Quale identità per Rimini

Post n°357 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da monari

Sorriso




Una delle più appassionate discussioni tenutesi di recente in città, riguardava l'identità di Rimini. Insomma, per la serie «Chi siamo, dove andiamo», molti sono intervenuti sostenendo tutto ed il contrario di tutto.



Si è partiti dall'influsso dei segni astrologici e da una querelle protrattasi ufficialmente dal 1613 al 1623 per stabilire se la città dovesse essere posta sotto il segno del Cancro o dello Scorpione. Il segno dello Scorpione è stato scelto alla fine dal segretario comunale. Quando si dice il potere della burocrazia...



Si è poi passati quasi inavvertitamente attraverso le vicende dell'Ottocento, soprattutto pensando alla nascita del turismo in età papalina, per arrivare in conclusione a (indovinate un po'), sì proprio a lui a Federico Fellini.



Del quale in città si è detto sempre molto a vanvera, per cui dovrebbe nascere un Ente di tutela del vero pensiero felliniano, allo scopo di evitare le (inevitabili) sofisticazioni del mercato delle sue idee.

Fellini475_foto
Certo è che Fellini quando era vivo, era snobbato dai concittadini. Adesso è diventato una gioiosa macchina d'affari che lavora benissimo, e che serve altrettanto benissimo al nome di Rimini in campo turistico.
Ma occorrerebbe che gli interpreti non ufficiali ci andassero piano a tirarlo in ballo ad ogni piè sospinto, come chiave universale per spiegare ogni fenomeno esistente e tutta la realtà del presente, passato e futuro di Rimini.

La Rimini all'inizio del secolo XXI non ha scene divertenti come in «Amarcord» con i sultani accompagnati da una cinquantina fra dignitari, favorite, eunuchi e servitori: «grasso che cola per Federico Fellini», ha commentato Sergio Zavoli in un articolo del 25 ottobre 2004, a testimoniare ed a confermare che nulla di crea e nulla si distrugge, a Rimini, se non passa attraverso la macina e la bacchetta magica del regista dei «Vitelloni».




I problemi sono tanti, e diversi perché il mondo cambia, oggi non ricchi sultani ma poveri «extracomunitari», come li definisce la legge, arrivano da noi a chiedere, bussare, e talvolta ad inquietare il sentire comune.

Davanti alle situazioni nuove che si creano (non c'è spazio qui neppure per elencarle), chiedersi se esista ancora un'identità riminese, rassomiglia tanto all'operazione astrologica del 1613 quando il dilemma riguardava il segno sotto cui considerare posta la città.




Con una piccola differenza, che oggi per sapere qualcosa del futuro di Rimini, bisognerebbe rivolgersi non agli astrologi ma ai maghi del cemento, i cosiddetti palazzinari. Loro sì che sanno come andrà a finire.

 
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Douce France

Post n°356 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da monari

22122007sarko
Quando ho scritto il post su Sarkozy "canonico lateranense", non l'ho fatta lunga perché giustamente ai blog si chiede un'informazione veloce, sintetica, e facile da digerire. Anzi spesso si invoca la battuta di spirito, come quella che ho fatto sulla «canonica» compagna del presidente francese.
Ringrazio Fino che si è aggiunto al discorso con il commento sulle curve «canoniche» della signora Bruni. Infatti la bellezza ha le sue regole, i suoi canoni classici che nessuna modernità potrà cancellare perché sono (pre)stampati nel nostro cervello.
Ringrazio Emilio per gli auguri e per il suo testo. E perché così mi permette di tornare sopra il tema, magari con qualche annotazione noiosa che mi perdonerete: sotto le feste, come suol dirsi, siamo tutti più buoni.

Quando ho scritto su quel canonicato (che altri capi di Stato francesi in precedenza rifiutarono), non pensavo al tema oggi molto attuale e scottante del multiculturalismo.
Per un riflesso condizionato che genera la vecchiaia, andavo leggermente più indietro, all'inviso Voltaire che principia il suo «Trattato sulla tolleranza» con un capitolo  dedicato ad un drammatico episodio di guerra di religione. La morte di Jean Calas (v. anche qui).
Riporto le frasi iniziali del capitolo: «Le meurtre de Calas, commis dans Toulouse avec le glaive de la justice, le 9 mars 1762, est un des plus singuliers événements qui méritent l'attention de notre âge et de la postérité. On oublie bientôt cette foule de morts qui a péri dans des batailles sans nombre, non seulement parce que c'est la fatalité inévitable de la guerre, mais parce que ceux qui meurent par le sort des armes pouvaient aussi donner la mort à leurs ennemis, et n'ont point péri sans se défendre. Là où le danger et l'avantage sont égaux, l'étonnement cesse, et la pitié même s'affaiblit; mais si un père de famille innocent est livré aux mains de l'erreur, ou de la passion, ou du fanatisme; si l'accusé n'a de défense que sa vertu: si les arbitres de sa vie n'ont à risquer en l'égorgeant que de se tromper; s'ils peuvent tuer impunément par un arrêt, alors le cri public s'élève, chacun craint pour soi-même, on voit que personne n'est en sûreté de sa vie devant un tribunal érigé pour veiller sur la vie des citoyens, et toutes les voix se réunissent pour demander vengeance».

Il tema è affrontato da Voltaire in un altro scritto: «Un des grands aliments de l’intolérance, et de la haine des citoyens contre leurs compatriotes, est ce malheureux usage de perpétuer les divisions par des monuments et par des fêtes. Telle est la procession annuelle de Toulouse, dans laquelle on remercie Dieu solennellement de quatre mille meurtres: elle a été défendue par plusieurs ordonnances de nos rois, et n’a point encore été abolie. On insulte dévotement, chaque année, la religion et le trône par cette cérémonie barbare; l’insulte redouble a la fin du siècle avec la solennité. Ce sont là les jeux séculaires de Toulouse; elle demande alors une indulgence plénière au pape en faveur de la procession. Elle a besoin sans doute d’indulgence; mais on n’en mérite pas quand on éternise le fanatisme».

Fortunatamente internet mette a disposizioni tutti questi testi, ai quali la pazienza dei lettori può fare ricorso.

Ecco, è molto lunga la distanza che corre dal «Discorso sulla tolleranza» (una volta un alunno mi disse: ma come lei parla di queste cose, in ritardo compresi che aveva equivocato fra tolleranza e case di tolleranza...), per arrivare al gesto di Sarkò: è molto lunga soprattutto per una repubblica che si festeggia in un giorno ben preciso, il 14 luglio, con tutto quello che la data significa e comporta.

Ecco perché vedere il poligamo Sarkò rivendicare le radici cristiane della Francia, mi ha fatto effetto. Non si tratta di negare quelle radici che la storia è lì ad indicarci (come ha scritto giustamente Emilio). Si tratta semplicemente di un mio stupore (quindi un sentimento che può tranquillamente essere definito infondato od illogico), che però non è un fatto del tutto isolato neppure in Francia.

In questo momento sul sito de Le Monde, il sondaggio sulle dichiarazioni di Sarkò in San Giovanni in Laterano, dà quasi un 60 % di contrari ed un 33 di favorevoli.

Post scriptum. Mia moglie ha dapprima fortemente disapprovato la foto della «canonica». Poi, si è convinta che il discorso era serio. Non ditele che ho scritto qui di questa sua tirata d'orecchi...

 
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