Messaggi di Ottobre 2007

Traslochi

Post n°316 pubblicato il 17 Ottobre 2007 da monari

Blog18102 Quando si dicono le combinazioni...
Ieri «Repubblica» presentava un'intervista a Piero Fassino, intitolata «Sì, chiudo casa...» eccetera, in una pagina dominata da una grande foto pubblicitaria che nel suo genere è ormai divenuta un classico, Mikhail Gorbaciov in auto con a fianco una nota valigia d'autore, reclamizzata pure da Scarlett Johansson.
Veniva quasi da pensare che Gorbaciov andasse a prelevare Fassino che chiudeva casa. Per portarlo chissà dove...
Lontano da chi? O vicino a chi?

 
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Ulivo, anzi gambero

Post n°315 pubblicato il 16 Ottobre 2007 da monari

Prodiveltroni Va tutto bene nei conti post-elettorali. Anzi no. Ha ragione Luca Ricolfi sulla «Stampa» di oggi a parlare per Veltroni di una «rivoluzione di nascosto», confermando quelle perplessità espresse da Fabio Fazio, anzi quello smarrimento che anche Ricolfi in conclusione ammette di conservare.

E per quell'anzi no, vorrei aggiungere un aspetto che non vedo sottolineato. Dalle elezioni del segretario del Pd, da tutto il processo messo in atto prima della corsa elettorale, l'antico spirito dell'Ulivo ne esce rafforzato o diluito se non annullato?
L'Ulivo di Prodi aveva creato una coalizione con un leader di governo che non si identificava in nessun segretario di partito.
Oggi ci troviamo a dover fare i conti in casa per una bigamia politica o per due conviventi come li chiama Filippo Ceccarelli su «Repubblica».

Avremo prima o poi un leader di partito che tornerà a salire le scale di palazzo Chigi (se una coalizione di centrosinistra esisterà ancora e vincerà nuovamente, ammesso che il fattaccio non succeda prima). Veltroni segretario del Pd, e quindi capo del governo. Addio spirito originario dell'Ulivo.

Aldilà del folclore, delle cronache e dei fatti quotidiani, l'esperienza ulivista si è conclusa domenica scorsa. Quello che ci aspetta, forse non lo sa neppure Veltroni. Forse un giorno si renderà conto che molti dei suoi non sono di quella sinistra (nuova, vecchia, riformata o riformista) che lui descrive, sogna o progetta, bensì provengono da un mondo molto moderato, quasi fermo se non in retromarcia sui problemi fondamentali da affrontare.
Per cui ci si interroga sul motivo per il quale non siano andati a fare combriccola con altri partiti più adatti alle loro posizioni, piuttosto che aderire ad un progetto «di sinistra» come il Pd. A meno che le parole abbiano perso ogni significato, ma bastava dirlo.
Veltroni sarà più o meno moderato di Rutelli? Dalle parole ai fatti. Chi dei due si stancherà prima dell'altro?
Anche in politica serve realismo come nella vita. La favoletta dei due cuori e una capanna, va bene per un mese di ferie. Dopo arrivano i primi freddi, e la capanna non basta più. Per cui anche i due cuori entrano in crisi.
In politica si può parlare di «cambiamento» per qualche giorno, per la luna di miele della vittoria. Poi dopo occorrono i fatti. In fretta.



Antonio Montanari


Foto Panorama




02veltroni02g Dunque, la parola d'ordine per Veltroni è «innovazione». Auguri. Ma si ricordi il segretario del Pd che deve rispettare la promessa. Se, come osservano i commentatori sui quotidiani di stamane, la voglia di politica dimostrata ieri è la negazione dell'«antipolitica» paventata o ipotizzata nelle settimane passate, non c'è nulla di peggio di una delusione dopo uno slancio generoso (almeno stando alle cronache di queste ultime ore).

Ha osservato Federico Geremicca sulla «Stampa» di stamani che «il grande successo delle primarie aiuta a ridimensionare il cosiddetto fenomeno dell’antipolitica».
Ha scritto Ezio Mauro su «Repubblica» che il voto «separa la protesta di questi mesi dalla sua frettolosa definizione: non era antipolitica, infatti, ma richiesta di una politica "altra", radicalmente diversa».

Dunque, la responsabilità di Veltroni è ancora maggiore perché una delusione sarebbe catastrofica non per lui ma per il Paese.
Aggiunge Mauro che «nel cosiddetto popolo della sinistra c'è ancora una disponibilità alla speranza, a ripartire e a riprovare».
Il problema è che non sappiamo quanti globuli di sinistra siano capaci di sostenere la circolazione del sangue nel nuovo partito. Cioè quanti saranno gli eletti veramente «di sinistra» messisi nelle liste sotto l'ombrello di Veltroni. Ci vorrà del tempo, ma ci accorgeremo che anche la lista Veltroni vincitrice, soffre di anemia. E non vi è nulla di più drammatico di un leader forte e di un sèguito in periferia che non ha le sue stesse intenzioni, origini e mete.



Antonio Montanari

 
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Veltroni 'bulgaro'

Post n°314 pubblicato il 15 Ottobre 2007 da monari

Veltroni05h E vai, Walter. Come previsto. Maggioranza bulgara, avrebbe detto qualcuno se si fosse verificata in campo avverso. Per essere buoni come lui, diciamo soltanto maggioranza prevista. Non era prevista da nessuno la quota altissima di partecipazione, da scremare per evidenti ragioni matematiche dalle quote di immigrati e di under-18 che non hanno partecipato alle primarie prodiane di due anni fa.

Il bello viene adesso. Per realizzare una democrazia partecipata non basta la scelta di un segretario già scelto. Avrei preferito che si fosse votato ieri per un'assemblea costituente delegata a scegliere un segretario. Lo so. Sarebbe stata la stessa cosa. Veltroni era e Veltroni sarebbe stato il segretario. Ma volete mettere un dibattito alla luce del sole, invece di queste liti dietro le porte...
Nel conclave si entra papi e si esce cardinali. Nel Pd si entra segretari e si esce segretari, è la forza di un partito vecchio che lascia nel nuovo la sua impronta di egemonia politica, culturale ed organizzativa.

Alle primarie di due anni fa, hanno preso nota di tutti i votanti. Ieri lo stesso. Adesso controlleranno i nomi di chi è mancato al voto. A me non interessa, sono fuori del gioco, antipatico di natura, ribelle per vocazione legata alla mia terra d'origine, la Romagna che non piace ovviamente a molti per certi uomini del passato. Come mi disse una volta un collega («Voi romagnoli avete rovinato l'Italia per vent'anni ed una guerra...»).

Ma quelli che dentro il gioco ci sono, che hanno avuto favori o che dovevano ringraziare per grazia ricevuta, al voto ci sono andati, per non essere depennati dalle liste dei personaggi 'simpatici'. Non c'è stata nessuna segretezza nel voto. Nessuno né allora (alle primarie prodiane) né adesso (in quelle veltroniane) avrebbe dovuto schedare gli elettori.

Ma tant'è. Adesso bisogna che Veltroni metta in pratica l'auspicio di Romano Prodi espresso come rimprovero a Silvio Berlusconi in un faccia a faccia televisivo: «E poi basta con tutte queste raccomandazioni».
Caro Veltroni, tutto deve cominciare da questo punto. Ma c'è poco da sperare. Ho letto ieri (ed ieri sera ne ho parlato qui) l'articolo di Marcello Sorgi dove è scritto che «in larga parte» del Paese, cioè nelle quindici regioni amministrate dal centrosinistra, è avvenuta «un’accorta lottizzazione del potere locale» che ha fatto venir meno «la distinzione tra Margherita e Ds».
Quale nuova linea politica si può aspettare da un partito nuovo che nasce da una vecchia «lottizzazione del potere locale», per non parlare poi delle scandalose storie delle università e delle gestioni culturali?

Auguri, caro Veltroni, di non passare alla storia come uno dei tanti Gattopardi di questa Italia rovinata dal clientelismo, in cui la Giustizia è sfinita ed in cui non «basta la parola», come diceva invece la pubblicità di un noto purgante, mentre in tanti, anzi in troppo, hanno nostalgia dell'olio di ricino. Non apra la porta del dialogo anche con costoro, signor sindaco di Roma.



Un mio commento nella rubrica di Anna Masera.



Antonio Montanari

 
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Ombre di oggi e fantasmi di ieri

Post n°313 pubblicato il 14 Ottobre 2007 da monari

SorgiMarcello Sorgi ha condotto con estrema correttezza da lunedì a stamane la rassegna di «Prima pagina» su RadioTre.
Ovviamente oggi non ha citato un suo interessante articolo apparso su «La Stampa», «I mangiatori di pane e politica», che è uno dei pezzi più documentati apparsi sui quotidiani italiani alla vigilia del voto per il Pd.
Sorgi è ben informato. Ha così osservato che «in larga parte» del Paese, cioè nelle quindici regioni amministrate dal centrosinistra, è avvenuta «un’accorta lottizzazione del potere locale» che ha fatto venir meno «la distinzione tra Margherita e Ds».

Questo è il dramma italiano, l'«accorta lottizzazione» che non fa bene sperare neanche per il futuro pur con il nuovo partito.
Su questo futuro si proiettano le ombre di un passato che Sorgi analizza rievocando una costante storica del nostro Paese, il trasformismo. Per cui il nuovo appare sempre striato di vecchio.

Morosaragat Dalle ombre sul futuro alle ombre del passato, il passaggio è breve. Aldo Cazzullo sul «Corriere della Sera» di oggi presenta un libro di Giovanni Moro («Anni Settanta») che sarà distribuito da martedì, con un'intervista all'autore, figlio dello statista rimasto vittima del terrorismo.
Ne consiglio la lettura per rendersi conto dei «duri giudizi su Andreotti e Cossiga» (come recita un sottotitolo) e sul Vaticano, espressi da Giovanni Moro.

Il quadro che ne risulta conferma la drammaticità di un presente che rifiuta di fare luce su quelle ombre del passato, e l'anomalia del tutto italiana di un Paese che ha dimenticato lucidamente, secondo Giovanni Moro, di fare i giusti conti con l'uccisione di suo padre. Il quale è uno di quei fantasmi che ritornano, ovvero uno di quei morti, sono parole di Giovanni Moro, «che non riposano in pace e che non lasciano in pace nemmeno i vivi».

Non si tratta soltanto di un dolore personale, per Giovanni Moro. In esso si ritrovano i risvolti della storia di un intero Paese che ha preferito dimenticare, in mille modi e per mille convenienze quella tragedia del 1978.

Antonio Montanari

 
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Che tempo, Fazio!

Post n°312 pubblicato il 13 Ottobre 2007 da monari

Fazioblog Caro Fabio Fazio, sottoscrivo indegnamente la sua nota apparsa stamani sulla «Stampa».
Condivido, con un'aggiunta anagrafica: dopo i 65 anni (i miei) la faccia si può perdere, tanto ormai chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, mentre giustamente lei ripete il motto prodiano: dopo i 40 ognuno è sommamente responsabile della propria faccia.

Ma anche nella mia fascia d'età occorre farsi rispettare. Mentre si protesta per le liste bloccate del «porcellum» elettorale per il Parlamento, si perpetua il sistema nella scelta del segretario di un partito che volendo essere nuovo dovrebbe avere il coraggio di cambiare rispetto alle cose che si criticano. E che invece tacitamente e pericolosamente si accettano. Ecco, questa è secondo me una grave mancanza di rispetto dell'elettore.
Lei si dichiara confuso, io mi sono chiarito le idee in un senso negativo, se così si può dire: approfondendo le cose, sono sempre rimasto più amareggiato.

Invidiabile (e condivisibile) per cattiveria e lucidità la sua conclusione: «E i famosi trent’anni di malgoverno democristiano?».
Resta sospeso l'interrogativo non quale pregiudizio verso i candidati Bindi e Letta, ma come constatazione di un fatto secondario però non collaterale: manca una qualsiasi idea di riformismo laico che sappia distinguere e non confondere unendo l'impossibile, come invece sembra voler fare il sindaco Veltroni (che uscirà vincitore) con le migliori intenzioni, beninteso.

Posso tranquillamente invocare sotto la testata della «Stampa» queste ragioni di uno Stato laico, ben conoscendo per una lettura di molti decenni lo spirito che ha animato sempre le grandi firme di questo giornale, e le sue linee editoriali.

Seguirò il suo esempio per ragioni opposte alle sue, caro Fazio, cioè per essermi fatto un'idea chiara sulla mancanza di uno spirito riformista laico nel complesso del nuovo partito.
E la prego di non considerare questa mia affermazione come un gesto di superbia.

Lei ha scritto: «È che sono confuso; anzi, grazie al partito democratico ho scoperto di essere confuso da un bel pezzo. Insomma, io a votare non ci vado».
In fondo il suo bell'articolo di oggi maschera sotto l'aggettivo «confuso» una precisa consapevolezza della crisi che il Paese sta attraversando.
Il suo è un artificio letterario, un sottovalutarsi per modestia. Ma la verità è che lei ha ben compreso le cose e lo stato di confusione del Paese. Il che è tutto un altro discorso rispetto al suo sentirsi «confuso» in questo Paese e davanti al partito democratico.

 
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inGiustizia

Post n°311 pubblicato il 12 Ottobre 2007 da monari

Togheblog
Ieri sera da Santoro ed oggi da Augias è stato ospite Bruno Tinti, un magistrato che lavora a Torino e che ha scritto un libro inquietante, le «Toghe rotte», sulla crisi della giustizia italiana, riassumibile con una sua battuta: «Siamo falliti da una vita però non se ne è accorto nessuno».

Scrisse Ugo Foscolo versi famosi: «Dal di che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose...». Per dire che la giustizia è uno di tre elementi fondanti della civiltà.
Se essa viene a mancare, stando alle parole del magistrato Tinti, poveri noi.
Credo che Tinti abbia ragione, ma credo soprattutto che ci aspetti un triste futuro se non sappiamo ricostituire un tessuto civile degno di una società matura, e fatto di giustizia giusta.
In questo tessuto il render ragione a chi ha subito torti e il far pagare il peso delle colpe a chi ha commesso reati, è un fatto fondamentale. Forse il primo elemento della vita comune.

Se l'arroganza e la prevaricazione trasformano gruppi privilegiati in gruppi impuniti, non c'è speranza che la nostra società possa procedere verso una «compiuta democrazia» (definizione che sento ripetere da quasi quarant'anni).
Se trionfano i don Rodrigo, non siamo messi molto bene. L'ipotesi non è mia. L'ha fatta un magistrato inquirente circa questioni d'attualità che non rievoco per essere breve.

Lo scorso 24 ottobre 2006 pubblicavo questo post, intitolato "Giustizia miope" che ancora è pienamente attuale (scusate l'autocitazione):

«
Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare miope. Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il quadro d'assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla, recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L'Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da magistrato, altri con quella d'avvocato. Siamo ad uno stadio storico che esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo in un eterno medioevo. Ahinoi
».

 
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Se pure Serra fa la predica per Veltroni

Post n°310 pubblicato il 11 Ottobre 2007 da monari

Serra2 Caro Michele Serra, un satiro come lei, abituato ad usare ogni giorno la carta vetrata, non può ricorrere eccezionalmente ad un pennello per spolverare le cose che non vanno dall'abito del Pd, come ha fatto nella sua rubrica di oggi su «Repubblica».

La sua rubrica di oggi non è stata satira distillata con l'arguzia che apprezziamo, ma un predicozzo alla Montanelli che indicava nel "turarsi il naso" il miglior sistema per scegliere la classe di governo.

Lei rimpiange la mancanza di entusiasmo, anche se è costretto, dall'evidenza dei fatti, a scrivere: «Le ragioni di disincanto e di critica, per come si è arrivati a queste primarie, sono tante».

Ha ragione: la nascita di un «partito nuovo» e non di un «nuovo partito» (come ha detto giustamente qualcuno), deve essere seguìta con attenzione da chi ha a cuore le ragioni e le sorti della democrazia.

Ma quando quelle stesse ragioni si vedono dimenticate o calpestate proprio da chi tiene in mano i fili dei burattini, allora non si può chiedere alla gente né entusiasmo né convinzione.
Se piove a dirotto ed esco senza ombrello e mi infradicio, non posso dare la colpa al cattivo tempo.


Il post di ieri sulle ragione di Flavia Prodi è segnalato oggi in Stampa.web.

11 ottobre 2007, La ragioni di Flavia Prodi, segnalato

 
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Le ragioni di Flavia Prodi

Post n°309 pubblicato il 10 Ottobre 2007 da monari
 

Prodiberlchiesa
Una semplice verità, quella enunciata ieri da Flavia Prodi, circa le avances veltroniane alla signora Veronica Berlusconi. Tra i due poli, ci sono troppe differenze: «Una cosa è il rapporto costruttivo tra maggioranza e opposizione, una cosa è dire che non ci siano più contenuti propri nei due schieramenti. E visto che siamo qui a parlarne, basti pensare all’idea di welfare dell’opposizione, molto diversa dalla nostra». Così nell'intervista apparsa stamani sulla «Stampa».

Semplice verità che ovviamente desterà scandalo in quanti mirano all'unità dei cattolici all'insegna della facile etichetta del «bene comune» già al centro del mondo ecclesiastico italiano da tanto tempo. E ritornato alla ribalta anche per un complicato editoriale di ieri di «Avvenire», riassumibile nel sottotitolo: «Neoliberismo e neostatalismo sono come una morsa che toglie spazio a una vera sussidiariete ad un’attenzione alla persona che non sia solamente retorica».

Le poche parole della signora Prodi agiteranno più di qualche monsignorino della Segreteria di Stato.
Non me lo invento io, ricalco semplicemente un testo di don Gianni Baget Bozzo («il Giornale», 11 agosto 2006): «Prodi fa parte della corrente dossettiana, ostile all'unità dei cattolici nella Dc, e ha creato a Bologna un centro culturale cattolico contrario alla direzione vaticana della Chiesa italiana».

Aggiungeva Baget Bozzo: «La Chiesa è impegnata in una battaglia culturale sui temi della vita e della famiglia: e, rispetto a questi, Prodi compie la scelta del "cattolicesimo adulto". La Civiltà Cattolica, nel suo ultimo editoriale, ha condannato i cattolici "adulti" come una espressione del laicismo nella società italiana. Non a caso Prodi ha dato di sé quella definizione andando a votare in occasione del referendum sulla procreazione assistita».

La signora Prodi non rientra in nessuna delle due categorie teoriche enunciate da «Avvenire», neolibersimo e neostatalismo, ma in quella non presa in considerazione dal quotidiano milanese: la categoria del buon senso che vede le differenze che invece don Gianni Baget Bozzo ed i suoi monsignorini non vogliono sottolineare, auspicando un'unità dei cattolici che si è dimostrata impossibile nei fatti. Quando i più strenui difensori dei valori della famiglia, erano quelli che la dottrina della Chiesa definiva un tempo «pubblici peccatori» per le loro storie sentimentali.

Sono convinto che ognuno abbia diritto a fare quello che vuole se non offende la legge, tra le mura di casa. Ma non si spaccino per libertini i tipi i coniugi Prodi.
Le differenze fra i Poli esistono, come dice la signora Flavia. Nessun editto emesso tra le mura leonine potrà eliminarle.
Il teorico del «bene comune» (che trova seguaci in capolista regionali della lista Veltroni!) aveva scritto anche che «l'unità dei cattolici si ricrea attorno ad una nuova cultura politica».

Ovviamente quella cultura politica, negando differenze di interessi e di traguardi, farebbe un frullato in cui non si distingue ciò che anche evangelicamente occorre tener distinto.
Lo ha detto il papa il 23 settembre a Velletri: «La vita è in verità sempre una scelta: tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e male». I papisti non lo ricordano?

 
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Domus in anteprima

Post n°308 pubblicato il 09 Ottobre 2007 da monari

Il 7 dicembre sara' aperta la domus del chirurgo in piazza Ferrari a Rimini.
In anteprima per la stampa, un'immagine fornita dal Municipio con l'interno del cantiere in piena attivita'.

Domusblog

 
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Se il bus va a piazza Venezia

Post n°307 pubblicato il 08 Ottobre 2007 da monari

08102007Scusate la confusione che ho in testa. La politica italiana, stando alle cose lette oggi, sembra essere una corsa di autobus che non seguono più i percorsi fissati, ma fanno salire e scendere i passeggeri dove e come càpita. Non si sa se per colpa del guidatore o di un diabolico piano carnevalesco che mescola mezzi e persone. E poi se succede che qualche passeggero protesta, allora giù tutti a dire: ma guarda questi qui che invece di ringraziare perché li scorrazziamo gratis dappertutto, hanno anche l'ardire di lamentarsi: ma dove si credono di essere?



Fanno tristezza le conclusioni di Luca Ricolfi nell'editoriale della «Stampa» di oggi sulle colpe dei partiti politici: «Se i nuovi soggetti politici proliferano come funghi d'autunno, è anche perché nei partiti maggiori la partecipazione è soffocata, i burocrati imperano, il dibattito è astratto e poca, pochissima, è la voglia di capire, di ascoltare, di misurarsi davvero con i problemi dell'Italia».



Fanno inquietudine le conclusioni di Marc Lazar su «Repubblica» di oggi nel pezzo intitolato «L'Italia malata di febbre antipolitica», per cui in Italia «il tempo stringe», mentre è in atto una corsa tra i demagoghi dell'antipolitica e «gli artigiani di una profonda rigenerazione della politica che punta a condizionare l'avvenire della democrazia in Italia».

In questa corsa, sono apparse anche stranezze come l'invito di Antonio Di Pietro a MVBrambilla alla festa dell'Italia dei valori di Vasto: «Gli astanti l’hanno acclamata come una star hollywoodiana, centinaia di foto ricordo e autografi», ha riferito Ugo Magri.

O come la proposta di Veltroni alla consorte di Berlusconi ad iscriversi al Pd. La signora Veronica ottimisticamente ha detto a Maria Latella del «Corriere della Sera»: «Forse Veltroni vorrebbe dare rilievo all'esperienza di una madre di famiglia, sia pure molto privilegiata. È un ruolo che per tante donne è ancora il più importante».


Il progetto di Veltroni era semplicemente quello di rimescolare ancora di più le carte, sperando di convincere una fetta dell'elettorato a lui avverso che, se la moglie del capo dell'opposizione appoggiava il principale partito di governo, allora si potevano fare ponti d'oro a questo partito ed al suo futuro segretario (lo stesso Veltroni).
Pia illusione, o errore strategico? Tutti i due aspetti, in questa corsa impazzita degli autobus, in cui chi cerca  di arrivare a piazza Montecitorio si trova scaricato a piazza Venezia.


Antonio Montanari


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