Messaggi di Dicembre 2007

Douce France

Post n°356 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da monari

22122007sarko
Quando ho scritto il post su Sarkozy "canonico lateranense", non l'ho fatta lunga perché giustamente ai blog si chiede un'informazione veloce, sintetica, e facile da digerire. Anzi spesso si invoca la battuta di spirito, come quella che ho fatto sulla «canonica» compagna del presidente francese.
Ringrazio Fino che si è aggiunto al discorso con il commento sulle curve «canoniche» della signora Bruni. Infatti la bellezza ha le sue regole, i suoi canoni classici che nessuna modernità potrà cancellare perché sono (pre)stampati nel nostro cervello.
Ringrazio Emilio per gli auguri e per il suo testo. E perché così mi permette di tornare sopra il tema, magari con qualche annotazione noiosa che mi perdonerete: sotto le feste, come suol dirsi, siamo tutti più buoni.

Quando ho scritto su quel canonicato (che altri capi di Stato francesi in precedenza rifiutarono), non pensavo al tema oggi molto attuale e scottante del multiculturalismo.
Per un riflesso condizionato che genera la vecchiaia, andavo leggermente più indietro, all'inviso Voltaire che principia il suo «Trattato sulla tolleranza» con un capitolo  dedicato ad un drammatico episodio di guerra di religione. La morte di Jean Calas (v. anche qui).
Riporto le frasi iniziali del capitolo: «Le meurtre de Calas, commis dans Toulouse avec le glaive de la justice, le 9 mars 1762, est un des plus singuliers événements qui méritent l'attention de notre âge et de la postérité. On oublie bientôt cette foule de morts qui a péri dans des batailles sans nombre, non seulement parce que c'est la fatalité inévitable de la guerre, mais parce que ceux qui meurent par le sort des armes pouvaient aussi donner la mort à leurs ennemis, et n'ont point péri sans se défendre. Là où le danger et l'avantage sont égaux, l'étonnement cesse, et la pitié même s'affaiblit; mais si un père de famille innocent est livré aux mains de l'erreur, ou de la passion, ou du fanatisme; si l'accusé n'a de défense que sa vertu: si les arbitres de sa vie n'ont à risquer en l'égorgeant que de se tromper; s'ils peuvent tuer impunément par un arrêt, alors le cri public s'élève, chacun craint pour soi-même, on voit que personne n'est en sûreté de sa vie devant un tribunal érigé pour veiller sur la vie des citoyens, et toutes les voix se réunissent pour demander vengeance».

Il tema è affrontato da Voltaire in un altro scritto: «Un des grands aliments de l’intolérance, et de la haine des citoyens contre leurs compatriotes, est ce malheureux usage de perpétuer les divisions par des monuments et par des fêtes. Telle est la procession annuelle de Toulouse, dans laquelle on remercie Dieu solennellement de quatre mille meurtres: elle a été défendue par plusieurs ordonnances de nos rois, et n’a point encore été abolie. On insulte dévotement, chaque année, la religion et le trône par cette cérémonie barbare; l’insulte redouble a la fin du siècle avec la solennité. Ce sont là les jeux séculaires de Toulouse; elle demande alors une indulgence plénière au pape en faveur de la procession. Elle a besoin sans doute d’indulgence; mais on n’en mérite pas quand on éternise le fanatisme».

Fortunatamente internet mette a disposizioni tutti questi testi, ai quali la pazienza dei lettori può fare ricorso.

Ecco, è molto lunga la distanza che corre dal «Discorso sulla tolleranza» (una volta un alunno mi disse: ma come lei parla di queste cose, in ritardo compresi che aveva equivocato fra tolleranza e case di tolleranza...), per arrivare al gesto di Sarkò: è molto lunga soprattutto per una repubblica che si festeggia in un giorno ben preciso, il 14 luglio, con tutto quello che la data significa e comporta.

Ecco perché vedere il poligamo Sarkò rivendicare le radici cristiane della Francia, mi ha fatto effetto. Non si tratta di negare quelle radici che la storia è lì ad indicarci (come ha scritto giustamente Emilio). Si tratta semplicemente di un mio stupore (quindi un sentimento che può tranquillamente essere definito infondato od illogico), che però non è un fatto del tutto isolato neppure in Francia.

In questo momento sul sito de Le Monde, il sondaggio sulle dichiarazioni di Sarkò in San Giovanni in Laterano, dà quasi un 60 % di contrari ed un 33 di favorevoli.

Post scriptum. Mia moglie ha dapprima fortemente disapprovato la foto della «canonica». Poi, si è convinta che il discorso era serio. Non ditele che ho scritto qui di questa sua tirata d'orecchi...

 
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Un ragazzo

Post n°355 pubblicato il 20 Dicembre 2007 da monari

Dame Seye è un ragazzo senegalese di 17 anni residente a Rimini.
Di recente è stato protagonista del salvataggio del fratellino di sei mesi intrappolato nell’abitazione in fiamme.
Comune
Dame Seye rimase gravemente ferito, con ustioni ad un terzo del corpo.
Oggi il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli (a sx, foto Gallini/Uff. Stampa Comune), e l’assessore alle Politiche dell’integrazione, Vittorio Buldrini, lo hanno ricevuto e premiato nella residenza municipale.

 
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"Democratici non democristiani"

Post n°354 pubblicato il 20 Dicembre 2007 da monari

Pirata


A proposito del tema della laicità affrontato nel mio post di ieri («Santa ipocrisia»), molto interessante mi sembra il testo apparso oggi sulla Stampa a firma di Gian Enrico Rusconi, «Democratico, ma non democristiano».


Ne riporto la conclusione:


«Il laico deve far valere il principio universalistico della cittadinanza costituzionale. Il problema della laicità in Italia oggi non riguarda soltanto la riconferma dei grandi principi del pluralismo, ma l’affermazione di una cultura che dà sostegno concreto alla cittadinanza costituzionale. Questa è la democrazia laica, nel senso che quando in essa si manifestano credenze e convinzioni incompatibili tra loro, ai fini dell’etica pubblica e delle sue espressioni normative, non decidono «verità sull’uomo», ma le procedure democratiche che minimizzano il dissenso tra i partecipanti al discorso pubblico.


«La verità» - se vogliamo usare questo concetto impegnativo - consiste nello scambio amichevole di argomenti nella lealtà reciproca. Chi accetta questo atteggiamento e ragionamento è laico. Chi non lo accetta e lancia contro di esso l’accusa di relativismo, non solo non è laico, ma usa il concetto di relativismo come una parola-killer che uccide ogni dialogo.»

 
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SANTA IPOCRISIA

Post n°353 pubblicato il 19 Dicembre 2007 da monari

Mafaiwvbonino
Ricevo da un collega blogger questo bel biglietto d'auguri: «Caro Antonio, nel laico dubbio che uno sia cristiano oppure no io ricorro spesso alla formula "Buone Feste di Fine Anno", che dovrebbe andar bene per tutti».
Grazie di cuore del messaggio ed anche dell'attenzione.
A me va benissimo il Natale con relativo riferimento augurale. Considero la nascita di Cristo un evento fondamentale nella storia del mondo.
Non per nulla nel presepe davanti a tutti stanno i reietti del tempo, i pastori.

Educazione e sentimenti religiosi, mi piace però onestamente tenerli separati dall'idea dell'impianto politico della società: ecco perché molto spesso scrivo invocando il nome della laicità. (È nel Vangelo che si trova la distinzione fra Dio e Cesare...)

L'ultimo spunto al proposito è dato da un articolo di Miriam Mafai su «Repubblica» di ieri e dalla risposta odierna alla Mafai di Walter Veltroni.
L'episodio è esemplare. «Prima sconfitta per il Pd» intitolava ieri il quotidiano romano il pezzo della Mafai sul fatto che nel consiglio comunale capitolino non è stato possibile arrivare a deliberare l'istituzione di un «registro» delle unioni di fatto (semplifico molto per riassumere la discussione).
Miriam Mafai parlava di «una sconfitta per chi aveva scommesso su una possibile convergenza e unità di due riformismi, uno di origine popolare, l'altro di origine socialista».

Oggi Veltroni smentisce la Mafai, sostenendo che nulla è stato compromesso perché il problema non riguarda il consiglio comunale di una città in cui in questi anni «i diritti sono stati tutelati e rafforzati». Ma tocca la politica che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne» per realizzare «la laicità delle istituzioni repubblicane».

Sotto l'aspetto formale, Veltroni ha ragione. Ma è la questione sostanziale che va esaminata. E la questione sostanziale è quella denunciata dalla Mafai ieri, e da Scalfari di recente: le pressioni d'Oltretevere sui politici del Pd...

Pirata


Veltroni passa la palla a Prodi: è la politica che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne».
Non può cavarsela, WV, dicendo che lui come sindaco di Roma governa una città tollerante.
Non basta. Lui è il segretario del Pd. Due ruoli, due parti sono utili se servono a sommare la forza del personaggio.
Ma se il personaggio si sdoppia, fingendo che non ci siano state le pressioni vaticane su quel «registro» (considerato indegno per la città «sacra»), allora ha ragione Miriam Mafai nel sostenere che la vicenda capitolina è stata una sconfitta per tutto il nuovo partito prodiano-veltroniano-rutelliano (e... vaticano).

Allora ha ragione il ministro Emma Bonino quando oggi denuncia «l'intromissione giornaliera, petulante delle gerarchie» cattoliche. E dichiara: «Qui è una saga di baciapile, ce ne fosse uno che ha una famiglia normale, sono pluridivorziati e va benissimo, però poi non vadano a predicare il contrario».

Uno dei cardini su cui si regge lo spirito evangelico, è quello della testimonianza. Ovvero della coerenza fra le cose credute e quelle praticate. Ma quella coerenza non esiste nei tanti predicatori che ci affliggono con le loro litanie finalizzate soltanto a raccogliere voti. Possibile che le gerarchie ecclesiastiche non vedano? Finisco qui perché non vorrei essere scambiato per un teologo, anzi peggio per un teologo del dissenso, come si diceva una volta.
Adesso è tutto consenso. Chi racconta le balle più grosse è premiato. Contenti loro... Speriamo che ci permettano di non essere d'accordo con la santa ipocrisia.

Circa la mossa di WV di passare la mano alla «politica» (che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne» alla laicità dello Stato), sono da leggere con attenzione le parole di Riccardo Barenghi sulla «Stampa» odierna, proprio sul doppio scacco politico del governo e quindi di Veltroni come segretario del Pd per il decreto sulla sicurezza e per la legge elettorale («ha sbagliato il metodo»).
Conclude Barenghi che «nel suo partito non sono pochi quelli che non vedono l’ora di sgambettare il leader e ridimensionarlo. Figuriamoci nel resto del Palazzo».

Fonte

 
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Troppo zucchero per Prodi

Post n°352 pubblicato il 17 Dicembre 2007 da monari

Fazio_prodi

Se anche per le interviste televisive esistessero le pagelle come per le partite di calcio, non mi sentirei di dare un gran voto ai "duellanti" di ieri sera, Fabio Fazio e Romano Prodi.
La correttezza del primo a volta è velata da un eccesso di zucchero nella bibita che ci offre. Figurarsi ieri sera che Zucchero c'era di persona in trasmissione... Meglio il pepe della Littizzetto.

L'onestà intellettuale del presidente del Consiglio è fuori discussione. Lo dico in modo partigiano, tanto per evitare piagnistei. Meglio lui del cavaliere, se la piazza offre questo. Però anche Prodi ha avuto qualche uscita molto poco felice.

Ad esempio quella sulla «ragion di Stato» a proposito della visita del Dalai Lama e dei rapporti con la Cina.
Caro Prodi, sono cose che si pensano ma non si dicono. Non è apprezzabile la sincerità, in questi casi. La diplomazia chiama diplomazia. Invocare la «ragion di Stato» quando le ragioni morali sono ben superiori, non è un'uscita particolarmente brillante.

Poi la vicende di quel treno fermo per dodici ore. «Ohi, uno era fermo ma ne correvano altri mille...» ha detto all'incirca Prodi. Beh, e se ci scappava un morto assiderato?

Ultimo appunto. Quando ha detto giustamente che democrazia è controllo di tutti i cittadini su qualsiasi fatto, anche sulla cultura...
Forse Prodi non è molto al corrente. Un recente episodio, quello della Dante Alighieri di Firenze. L'ho ricordato qui l'8 dicembre. Parole del prof. Emilio Pasquini: «Una cordata di politici e di presunti studiosi mi ha defenestrato con un colpo di mano per nominare un nuovo consiglio direttivo ed un nuovo presidente» (il vecchio era Pasquini).

Se passa dalle mie parti, caro presidente, e va magari alla Fiera di Rimini transitando davanti a casa mia, le offro un caffè casalingo e facciamo due chiacchiere sul tema, l'unico che conosco, il condizionamento politico-affaristico della cultura.
Magari lei mi spiega che cosa succede nelle università. Per verificare se è vero quanto si legge e si ascolta. Una botta di democrazia, insomma, due chiacchiere informali ma non troppo. Dopo le riporto qui, la avviso in anticipo...

Pirata
Fazio avrebbe potuto chiedere a Prodi ad esempio se non trova contraddittorio che le nostre opere missionarie chiedano soldi ai cittadini per i bambini che agonizzano in Africa, mentre da noi non so quanti miliardi sono stati spesi per la chiesa di padre Pio, un francescano, ovvero seguace di «sorella povertà».
Forse è un problema di coscienza ben più serio di quelli che affliggono la senatrice Binetti per le unioni di fatto o le norme cosiddette «antiomofobia» quando se ne parla in àmbito politico.
Luciana Littizzetto mi rivolgo a lei: ponga questa domanda a «eminence».

 
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Assolse Galileo

Post n°351 pubblicato il 16 Dicembre 2007 da monari

Galileo
«Il frate che assolse Galileo». Il titolo della mezza pagina della «Stampa» di stamane, nel ricordo di padre Enrico di Rovasenda, scomparso ieri a 101 anni, rimanda al 31 ottobre 1992, quando Giovanni Paolo II cancellò la condanna a Galileo, frutto (disse il papa) di «una tragica reciproca incomprensione» tra scienza e fede.
Riprendo la citazione dal bell'articolo di Alberto Mattioli, pubblicato a pagina 36.

Dalla Radio Vaticana, riporto la biografia del padre domenicano:
«Un testimone straordinario dell’apostolato intellettuale: è questo il tratto distintivo, nella sua lunga vita terrena, del domenicano Enrico di Rovasenda, spentosi stamani nel convento di Santa Maria di Castello, a Genova, all’età di 101 anni. Nato nel 1906 a Torino, a soli vent’anni si laurea in ingegneria nel capoluogo piemontese. Nel 1929 entra nell’Ordine dei Frati predicatori e inizia la formazione presso il convento di San Domenico a Chieri, fino all’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1933. Amico fraterno di Piergiorgio Frassati, collabora con il futuro Papa Paolo VI, negli anni in cui Montini è assistente della FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Dopo la licenza e il dottorato in Teologia, studia filosofia a Parigi. Ritornato in Italia a metà degli anni Trenta, ben presto diventa punto di riferimento della cultura cattolica della città. Nel 1974, Papa Montini lo nomina direttore della cancelleria della Pontificia Accademia delle Scienze. Incarico confermato da Giovanni Paolo II, fino al compimento degli ottant’anni. Tuttora era membro onorario dell’Accademia. Dal 1977 al 1992 è anche assistente ecclesiastico prima del Movimento laureati di Azione Cattolica e poi del Movimento ecclesiale di impegno culturale. Da 15 anni si era ritirato nel convento di Santa Maria del Castello di Genova. Proprio qui, lunedì prossimo alle ore 11.30, saranno celebrati i suoi funerali. (A.G.)»

Il caso ha voluto che oggi pomeriggio, ripulendo un po' sedie e scrivanie, trovassi una pagina di «Repubblica» dello scorso 19 giugno. Titolo «I calcoli di Newton: l'apocalisse nel 2060». Sottotitolo: «Gerusalemme, in mostra inediti del grande scienziato su cabale e alchimia».
Alberto Stabile spiega che Newton non vedeva nessuna contraddizione fra scienza e fede. E che compose 15 pagine di quaderno sull'alchimia che all'epoca «godeva del prestigio di cui godono la fisica nucleare e l'ingegneria genetica messe insieme».
Ciò a dimostrazione che il cammino della scienza è molto lento e contorno. Non un piatto precotto di verità. Anzi ciò che oggi appare tale, domani potrà essere smentito da altre scoperte. Ecco perché la verità della scienza non è mai un dogma.



Contro il dogma dovette scontrarsi Galileo. Un pensiero di gratitudine, dunque, al domenicano padre Enrico di Rovasenda deceduto ieri, per la sentenza vaticana del 1992.

 
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Allegro, Veltroni!

Post n°350 pubblicato il 15 Dicembre 2007 da monari

Lcmwv15122007
Pure l'allegro Renzo Arbore ha sempre avuto i suoi «momenti di tristezza», racconta la sua "leggenda".
Figurarsi noi. Anche prima di leggere la diagnosi del «New York Times». Il suo corrispondente da Roma ha scritto che siamo il popolo più triste d'Europa. L’Italia è una nazione «attanagliata dalla paura». Alla frutta. «L'Italia non si vuole più bene: c'è un senso di malessere generale nel Paese».
Commenta Luca Cordero di Montezemolo su «Repubblica» di oggi: «Qui chi nasce povero rischia quasi sempre di morire povero».  L'Italia non ha al centro dei propri pensieri l'educazione, quindi il futuro dei giovani. Trascura il bene comune. Troppa evasione fiscale («che è un furto») e troppi incidenti sul lavoro. Dobbiamo puntare sulle capacità delle persone, premiandone il merito, e non sulla cooptazione.

Oggi Veltroni ritorna sull'articolo del NYT, e propone la sua ricetta: «L’Italia ha bisogno obiettivamente di ritrovare fiducia, sorriso, serenità, energia e speranza».

Mettendo sulla bilancia del realismo politico l'intervista di LCM e le parole di WV, il piatto sale per il presidente di Confindustria. Sintomo allarmante, se appare più moderna Confindustria che è per dote genetica l'immagine del conservatorismo.

Qualche sera fa il sen. Giorgio Tonini, ospite di Giuliano Ferrara, dichiarava il Pd un partito di centro. Era nato con la pretesa di rappresentare il riformismo di centro-sinistra. Ha perso per strada già qualcosa della dote che aveva offerto agli elettori. Avanti di questo passo, e Veltroni sarà meno progressista e riformista di LCM.
La cosa rende ancora più tristi. Non per non condividere le opinioni di LCM. Ma per constatare come l'Italia stia perdendo tempo prezioso. Tra le solite recite di Silvio Berlusconi che si proclama perseguitato dai magistrati, e le sdolcinate prediche di WV. Dove trovare (anzi ritrovare) «fiducia, sorriso, serenità, energia e speranza»?

Il «dubbio» odierno di Pietro Ostellino sul «Corriere della Sera», tratta di «poteri separati e ben squilibrati».
Partendo dal caso Forleo-De Magistris, scrive: «indagavano su personalità del centrosinistra [e] sono stati censurati dal Consiglio superiore della magistratura».
Poi va giù pesante con il capo dello Stato. Sulla cui figura osserva in generale: «a me pare farisaico continuare a ritenere - chiunque egli sia - una sorta di Immacolata Concezione al di sopra delle parti politiche».
In particolare su Napolitano, riporta le sue parole d'invito  a magistrati e giudici «a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti».
Ostellino le commenta così:  «più di una raccomandazione 'tecnica' [...] sono parse un messaggio 'politico'».
Conclusione: «siamo ancora uno Stato di diritto?».
Personalmente propendo per la risposta negativa, non soltanto per le vicende Forleo-De Magistris, ma per il fatto stesso che in Italia oggi la Giustizia non funziona. E se non funziona essa, appunto lo Stato di diritto o è un ricordo o è una chimera.
Dovendo scegliere tra ricordo e chimera, propenderei per la seconda. Infatti i guai denunciati da LCM sono molto antichi. Non soltanto di oggi.
In Italia pochi sorridono e molti ridono. Anzi deridono. È questo l'aspetto tragico della nostra situazione politica. Non abbiamo paura del nuovo, come pensa Veltroni. Abbiamo timore del vecchio che non vogliamo scrollarci da addosso: l'evasione fiscale, gli incidenti sul lavoro, la cooptazione di cui ha parlato LCM. Ma Veltroni non legge «Repubblica»?


A gridare «Allegria» è rimasto soltanto Mike Bongiorno. Chissà perché.

 
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Bacone affumicato

Post n°349 pubblicato il 12 Dicembre 2007 da monari

Bacone
Tirato per i pochi capelli che ho in testa (dove la confusione regna sovrana come dimostra il lapsus di ieri, avendo scritto l’errato Ruggero al posto dell’esatto Francesco), sono costretto a tornare su Bacone, con nessuna autorità, ma soltanto per impegno morale dopo quello che ho letto in alcuni commenti.

Francesco Bacone  è fra i costruttori della nuova immagine della Scienza: cfr. il cap. 2 del volume «Dalla rivoluzione scientifica all’età dei lumi», testo di Paolo Rossi (p. 44, ed. TEA, 2000).
Qui leggiamo anche che Copernico nel difendere la centralità del Sole «invoca l’autorità di Ermete Trimegisto» (p. 47).
La storia della Scienza non è un percorso lineare tipo supermercato, dove tutto si trova (fino a che non cambiano l’ordine negli scaffali…).

Dividere lo scienziato dal filosofo, per me è molto difficile. Non credo che sia un’operazione facile per nessuno. Sopra una persona non sappiamo percentualmente quale sia l’influsso ‘genetico’ del padre e quale quello della madre (vedasi Mendel).
A meno che non si faccia come nelle scenette di litigio domestico, dove uno dei due coniugi rimprovera all’altro le corbellerie di «tuo figlio»…

Quanto alla storiella del Bacone «ottuso», beh, ognuno può raccontare le balle che vuole se prescinde dagli scritti della persona che si accusa.
Ma questo non è un metodo scientifico.
Al primo corso di Filosofia teorica ebbi come docente uno spiritualista rimasto del tutto ignoto sia ai posteri sia ai contemporanei, il quale amava spiegare che soltanto lui aveva compreso l’essenza del pensiero greco. Insomma secoli e secoli di storia della filosofia erano da lui buttati nel cesso, con quella leggera piega del labbro che si forma davanti ad oggetti non propriamente profumati. Per cui a lui si addiceva la massima «dalla escatologia alla scatologia il pensiero corre veloce».

In un commento ritrovo l’atteggiamento che 50 anni fa caratterizzò «Le due culture» di Sir Charles P. Snow (1905-80), fisico e scrittore inglese, un volume ristampato anche nel 2005.
Da vecchio (aspirante) umanista, non trovo nulla che vieti di conciliare scienza e filosofia in un percorso che è comune nella storia della cultura.
Ne ho scritto qualcosina a proposito di un testo del 1600, di un galileiano che si accorge però come sia difficile leggere tutto e subito nel libro della Natura (riassumo un concetto più ampio).
Se qualcuno desidera avere il testo in formato .doc per mail mi scriva, e sarà esaudito.

Non capisco, lo dico con franchezza, il gioco di parole che dal bacon porta alla mortadella, e poi la chiusa sui quattro Maestri, rei di non averci informato che Bacone era «ottuso».

Quando si discute di persone di alto livello come sono o sono stati i quattro docenti che ricordavo, beh, gradirei che il lettore che commenta lasciasse perdere le spiritosaggini e discutesse seriamente.

Parlare di Storia medievale o di letteratura del Cinquecento non significa dimenticare la dimensione “contemporanea”, ma non riguarda né l’euro (che ci ha salvato da un’inflazione che sarebbe stata tremenda) né la gestione delle Coop (l’altro ieri ho comprato a 29 euro, con sconto socio, un telefonino uguale a quello pagato 49 in negozio l’estate scorsa…).

Le citazioni di Anna Rosa Balducci da un testo che ho letto tempo fa con grande attenzione, «L’etica del lettore», è la più ampia dimostrazione di quell’umanesimo di cui parlano le persone serie come Ezio Raimondi.
Cioè una visione della vita che non sia egotista contemplazione del proprio ombelico, ma senso di partecipazione a qualcosa che coinvolge anche l’«altro»: «Non si dà vero dialogo col testo senza avvertire la responsabilità dell’altro in sé».
Ripeto: «responsabilità dell’altro in sé». E non si pensi che siano cose secondarie o ininfluenti. Se le si comprende, si ragiona a tono. Altrimenti è meglio lasciar perdere.

«Cosa dire?» dei quattro illustri Maestri, si è chiesto un lettore. Io so che cosa dire, lui ha saputo soltanto deriderli, con la tecnica del lupo della favola che dice all’agnello di essere stato offeso da suo padre… [«Repulsus ille veritatis viribus: / "Ante hos sex menses male - ait  - dixisti mihi". / Respondit agnus:  "Equidem natus non eram!" / "Pater, hercle, tuus - ille inquit  - male dixit mihi!"»]. Scherziamo con i fanti e basta.

 
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Bacone «non dixit»

Post n°348 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da monari

Papa_bacone«Purtroppo inesatta» è l’immagine di Francesco Bacone presentata dall’enciclica papale «Spe salvi». Lo scrive il supplemento culturale «Domenica» del «Sole-24 Ore» del giorno 9 dicembre 2007, nel sottotitolo del pezzo composto dal prof. Paolo Rossi. Il quale è uno dei maggiori studiosi di Storia della Scienza in tutto il mondo, non soltanto in Europa.
Non ho la pretesa di riassumere cose che Rossi spiega in maniera molto chiara, come sua consuetudine. Segnalo soltanto alcuni punti del suo articolo, sperando che a qualcuno venga la voglia di leggerlo integralmente.

Le considerazioni pontificie, dunque, non «sembrano accettabili», secondo Rossi. Bacone, facendo la distinzione fra magia e scienza, conclude che «il fine della scienza» non ha a che fare con l’orgoglio e l’ambizione (come per la magia), ma riguarda «il benessere di tutti i viventi, è la carità».
Bacone «non pensa per nulla all’esistenza di un rapporto necessario fra aumento del sapere-potere e crescita morale».

Per Bacone, «la tecnica è ambigua per essenza», perché (sono parole dello stesso Bacone), «può produrre il male nel contempo offrire il rimedio al male»: «faciunt et ad nocumentum et ad remedium».
La citazione è presa da «De sapienta veterum» (1609).
Dove si narra la storia di Dedalo che per consentire a Pasife di accoppiarsi con un toro (e poi, commento mio, parliamo di corruzione contemporanea, relegando il peggio nella mitologia…), costruisce una macchina adatta alla bisogna. Ecco un esempio di invenzioni applicate al male…

Conosco il prof. Rossi da circa 45 anni, è stato mio docente di Storia della filosofia al Magistero di Bologna, nella sua materia mi sono laureato discutendo una tesi che ha avuto come controrelatore l’italianista prof. Ezio Raimondi, altra figura di studioso conosciuta in tutto il mondo. Fummo molto fortunati ad avere quali insegnanti delle persone come loro due, ma voglio ricordare anche Luciano Anceschi (Estetica), Giovanni Maria Bertin (Pedagogia) e Gina Fasoli (Storia medievale e moderna). Sono nomi che ritrovate in ogni testo che riguardi le loro discipline, tanto alto è stato il loro contributo alla cultura italiana.

L’intervento discreto ma fermo di Rossi su Bacone documenta come spesso, nella trattazione di un argomento, si prendano rappresentazioni non corrispondenti alla verità empirica di quello stesso argomento.
A questo aspetto sono dedicate le righe conclusive del testo di Rossi che spiega come l’immagine deformata di Bacone sia nata esattamente sessanta anni fa con la «Dialettica dell’Illuminismo» di Horkheimer e Adorno.

 
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ACQUA CALDA E SENATO

Post n°347 pubblicato il 09 Dicembre 2007 da monari

09122007stampaScoperta dell'acqua calda nelle ultime ore per la questione della cosiddetta norma «anti-omofobia» approvata in Senato.

Il ministro Giuseppe Fioroni in un'intervista al «Corriere della Sera» di oggi ammette che la lotta contro le discriminazioni «si fonda sulla Costituzione». Questo non significa per lui essere in disaccordo con la sen. Binetti. Anzi. La norma, spiega Fioroni, va eliminata perché «si presta ad alimentare dibattiti ideologici e tensioni dietrologiche senza nulla aggiungere in concreto alla lotta contro la discriminazione».

Come giustificazione non è molto logica, ma pazienza. Se dobbiamo eliminare una norma ogni volta che essa può provocare dibattiti e tensioni, siamo a posto. Nell'anarchia totale.



Alla Costituzione ha rimandato anche l'editoriale di oggi di Eugenio Scalfari su «Repubblica». Quella norma «tende a dare attuazione con legge ordinaria ad un principio essenziale stabilito dalla Costituzione».



Appurato ciò, resta il fatto che chi ha scritto il decreto ha commesso un piccolo errore richiamando l'art. 13 del Trattato di Amsterdam. Si tratta invece dell'art. 2 comma 7, diventato articolo 6A dei Trattati costitutivi dell'Unione Europea.



Le due frasi (di Fioroni e Scalfari) sugli agganci alla Costituzione della norma che la sen. Binetti considera una minaccia di «strangolamento delle coscienze», sono un po' come l'utile scoperta dell'acqua calda per quanti sinora non se ne erano accorti. Non per disattenzione, ma per alterare il senso del discorso politico.



Nel quale va inserita una postila circa i casi Forleo-De Magistris, con quanto Luciano Ferraro osserva sul «Corriere della Sera»: «Per ora l'unica certezza è statistica: due magistrati su due che si occupano di importanti esponenti del centrosinistra sono finiti sotto tiro di Cassazione e Ces. Una percentuale del 100 per cento».



Due novità della giornata. Che capovolgono le situazioni finora prefigurate. Fini accusa la proposta di riforma di legge Vassallo di essere una truffa, ed il cavaliere di essere giunto ormai «alle comiche finali». C'è poi l'appello del vecchio dissidente comunista Ingrao alla Cosa Rossa per l'unità della sinistra: «Fate presto! Fate presto perché la vostra unità urge, il Paese ne ha bisogno e perché abbiamo davanti a noi quella che è la condizione tragica del lavoro in Italia».



Rimando a domani, per motivi di spazio, un altro tema, la replica del prof. Paolo Rossi al pontefice sulla questione di Bacone come teorico della perniciosa «fede nel progresso»: è pubblicata nel supplemento domenicale odierno della cultura nel «Sole-24 Ore». Rossi dimostra che le considerazioni papali non sono «accettabili» proprio in base ai testi di Bacone.

(Sul rapporto teologia-scienza, merita di essere riportato questo pensiero di Anna Rosa Balducci: «Qualunque discorso sulla scienza dovrebbe stare dentro un ospedale per lungodegenti, almeno un mese, prima di essere pronunciato».)


 



Fonte

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