il Borghese

Il Milan piace a tutti Ma non al Cavaliere


Pari col Barça, 2 risultati utili su 3 per il ritorno, però mai padroni del campo Il patron rivuole il marchio di fabbrica della sua squadra: «Pensare in grande»di Franco Ordine,il GiornaleSilvio Berlusconi è tornato nel Milan. A tutti gli effetti. È tornato con la nomina, per acclamazione, effettuata ieri pomeriggio dal cda rossonero a presidente onorario.È tornato con quell’intervento in calce al quarto Milan-Barcellona recensito con un giudizio che ha fatto discutere più dello zero in condotta di Messi e Ibrahimovic. Se la seconda missione, dopo quella principale, la più importante di tutte, «vincere e convincere», data da Silvio Berlusconi al suo caro vecchio Milan 26 anni prima è «essere padrone del campo e del gioco», non può certo destare scandalo l’insoddisfazione di mercoledì notte al culmine dello 0 a 0 realizzato col Barcellona. Insoddisfazione non certo legata al risultato (nel pronostico prima della sfida c’era andato vicino, 1 a 1 aveva sentenziato) ma solo al comportamento dei suoi in alcuni snodi della partita, specie nella parte centrale della prima frazione finita sotto accusa. Didascaliche le immagini, raccolte dalle tv, e rilanciate durante l’intervallo: il presidente Berlusconi, scortato dai nipoti, i figli di Marina «i quali continuavano a fare domande e lui rispondeva a tutte» il report di Licia Renzulli, euro-parlamentare Pdl e tifosa milanista doc, presente in tribuna, continuava a rivolgersi a Galliani disegnando a gesti i difetti consistenti nel mancato pressing dei suoi nei confronti del Barcellona, in quel momento padrone del campo oltre che del pallone. Quest’ultima caratteristica, il famoso possesso palla, è da sempre uno dei cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi. In passato fu anche motivo di censure aspre nei confronti di Carlo Ancelotti quando il Milan bamboleggiante si lasciò raggiungere più volte nel finale del campionato dai rivali. Per decifrare il contenuto delle critiche tecniche di Berlusconi, Mediaset ha letto il labiale dell’ex premier in tribuna d’onore a San Siro e tradotto: «C’è poco pressing, lasciano troppo spazio al Barcellona». Osservazione ribadita dalle cifre ufficiali riferite dall’Uefa a fine partita: 62% il primato del Barcellona, il resto ai milanisti.Invece di ripararsi dietro lo schermo di frasi di comodo, Berlusconi si è comportato in modo trasparente. Intercettato da Sky, a fine partita, il suo commento è stato esplicito: «Ho qualche osservazione da fare al Milan. Quale? Non si dice». Come per spiegare: ne parlerò con il diretto interessato, cioè Allegri. Ancora più apprezzato il suo intervento nello spogliatoio del Barcellona arricchito da un colloquio fitto fitto con Guardiola («abbiamo parlato di politica» la risposta ironica del tecnico catalano). Elementare l’argomento trattato: lo stesso. E cioè il dna calcistico del Barcellona e il suo possesso palla. «Ho rivolto apprezzamento al gioco del Barcellona e segnalato l’orgoglio del Milan per aver raggiunto il pari con i campioni d’Europa in carica» la sintesi pubblica berlusconiana da molti letta come un siluro ad Allegri, abilissimo invece nello schierarsi dalla parte del suo presidente. «Credo abbia ragione, a tratti abbiamo subito in particolare negli ultimi 20 minuti del primo tempo» la tesi del tecnico per segnalare la perfetta sintonia con le insoddisfazioni presidenziali incapaci di destare stupore a Milanello dove le osservazioni di Silvio Berlusconi sono spesso accompagnate da preziosi incoraggiamenti e in particolare da una forte dose di motivazioni. Non è escluso che stesse già lavorando per la sfida di martedì prossimo al Camp Nou. Con il suo Milan e non solo, il Cavaliere non ha mai teorizzato il piccolo cabotaggio. Destò scandalo, al debutto di Berlusconi nel calcio, la ricerca ossessiva, nelle partite in trasferta, del successo pieno soppiantando la mentalità italianista in voga all’epoca secondo cui era sempre cosa buona e giusta inseguire un pareggio fuori casa.«Pensare in grande» fu il primo insegnamento arrivato nel corso della storica convention di Pomerio, estate dell’87, inizio della cavalcata trionfale rossonera verso il traguardo oggi raggiunto del club più titolato al mondo. E pensando in grande quel Milan fu in grado di raggiungere nel giro di un paio di anni la coppa Campioni a Barcellona e la coppa Intercontinentale a Tokio al cospetto del National di Medellin. Era il Milan di Arrigo Sacchi, imitato più avanti da quello di Fabio Capello. Quello è il marchio di fabbrica Milan e quello Silvio Berlusconi, da ieri sera presidente onorario del club, continua a inseguire.