Il roveto

Stalin commuove Vattimo


Ho letto su l'Espresso un “saggio” di Gianni Vattimo dal titolo “La sconfitta di Stalin”. Il saggio, senza fare alcun cenno ai 20.000.000 di russi (compatrioti, non tedeschi) torturati, massacrati (con il fucile, il veleno, la fame e gli stenti dei gulag, magari dopo processi farsa e ricoveri in manicomio), ma neppure delle migliaia di prigionieri di guerra italiani massacrati, unitamente a migliaia di esuli comunisti (tra i quali centinaia di esuli italiani) con l’assenso e la complicità del compagno Palmiro Togliatti, alias Ercole Ercoli, così conclude: ”Un libro davvero ricchissimo, e molto spesso persino commovente”.Se nel libro non c’è traccia dei 20.000.000 di russi (uomini, donne e bambini) trucidati, di cui 6.000.000 di kulaki (che, per fame, loro sì mangiavano i loro morti, anche bambini), per tacere pure delle decine di migliaia di comunisti di altre nazionalità, confluiti nel Paradiso marxista per “scaldarsi” (più da presso) al Sol dell’avvenir, per che cosa si è commosso il Filosofo? Per l'organo di Stalin (come veniva chiamato un tipo di cannone usato dall'esercito sovietico)?