Il roveto

Post N° 648


«Giulio Andreotti è la massima espressione della mediocrità intelligente. Perciò ha avuto grande successo tra gli italiani, che hanno intrattenuto con lui un rapporto simbiotico». Ha usato queste parole Paolo Sorrentino, regista de Il divo, per presentare al pubblico la pellicola premiata dalla Giuria dell'ultimo Festival di Cannes. «Andreotti - ha proseguito Sorrentino - è la massima incarnazione del potere a livello mediocre, non come Moro, che spaventava perché teorizzava grandi strategie». Paolo, di Torso (di mela), premiato dal Genio Sean Penn, si permette di pontificare e giudicare, dall'alto del suo Genio (a livello di Benigni e Woody Allen) i politici mediocri (non comunisti, tutti geniali) e gli italiani, quelli mediocri (non comunisti), i quali non andranno a vedere il suo film, premiato dal geniale Sean Penn, perché, avendo solo due narici, non saranno in grado di capire. Anch'io ho solo due narici e, perciò, non andrò a vedere il capolavoro (chef d'oeuvre, direbbero Tonino e Luca i poliglotti, anzi masterpiece).Il regista ha detto di non aver mai avuto paura di fare un film su Andreotti, «piuttosto - ha spiegato - ho temuto che ci si concentrasse più sull'aspetto politico che su quello  cinematografico. In parte ciò è accaduto, ma poi l'opinione di pubblico e critica ha spostato l'attenzione dal contenuto al linguaggio, e i politici come Cossiga e altri - ha concluso - sono stati messi in minoranza». Se ha tanto coraggio, Paolo faccia un film su Togliatti, quando, segretario/notaio (Pier delle Vigne) di Stalin, avallava gli stermini dei russi, in particolare kulaki ed ucraini (l'Holomodor, cioé lo sterminio, mediante carestia pianificata, di 5 milioni di contadini ucraini costretti, loro sì, a cibarsi di cadaveri e persino di bambini), ma anche dei comunisti (pure italiani) accorsi nel Paradiso sovietico, ad abbronzarsi al sol dell'avvenir. Quando il Migliore lasciava morire di stenti i prigionieri italiani in Russia (se l'erano cercata), lasciava infoibare gli italiani dai compagni iugoslavi, lasciava che i compagni, nel triangolo rosso emiliano ammazzassero i "fascisti" (compresi preti e ragazzine di 13 anni: Pansa "Il sangue dei vinti") fino alla fine del 1946! Togliatti, il quale da Mosca, quando si accorse che Mussolini, con la guerra d’Etiopia, aveva conquistato il consenso della grande maggioranza degli italiani, lanciò un messaggio ai «fratelli in camicia nera». Ma poi rinnegò l'origine italiana, vergognandosene e morì a Jalta, nella sua Patria.Altro film coraggioso potrebbe fare Paolo sul giovane Napolitano, il quale plaudiva i carri armati sovietici in Ungheria assieme a Togliatti, Longo, Ingrao, Pajetta e tanti altri compagni (di Berlinguer non so), mentre Andreotti e gli altri italiani mediocri erano fieramente contrari, come, poi, ai carri armati sovietici a Praga nel 1968.