Il roveto

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La Regina di Cuori Niki, già felicemente sposata con il Re di Denari Silvio, con cui aveva generato il figlio Azzurrocielo (così bello da sembrare un piccolo angelo, un angelino insomma), rimase vedova e si (ri)sposò con il mago bolognese (Bononia nocet) Elisabetto, nominato principe consorte (come tale non contava un c...o, come tal Filippo).Elisabetto, che ambiva a diventare re, ogni (Buon)giorno si guardava allo specchio, facendosi la barba, e chiedeva: "Spocchia, spocchia delle mie brame, chi è il più intelligente del reame?". La spocchia gli rispondeva invariabilmente "Tu(lliani), Tu(lliani), Elisabetto".Egli incaricò un suo servitore napoletano (un accanito fumatore di sigarette con bocchino) di uccidere il principino ereditario. Il servo, impietositosi, abbandonò il bimbo nel bosco, dove fu trovato da sette nani (Dotto/Letta, Brontolo/Pisanu, Eolo/Scajola, Mammolo/Bondi, Pisolo/Schifani, Gongolo/Brambilla, Cucciolo/Tremonti).Azzurrocielo/Angelino cresceva (se non più bello, almeno) più intelligente nella casetta dei nani sui monti (le Tre Cime di Lavaredo, vicino alla cascina di Heidi e a quella di Soleghina, la figlia del Sol), lodato e accudito dai sette padrini.Elisabetto, inferocito e invidioso, decise di farlo morire. Si trasformò in un vecchio giurista (Lodotà), confezionò e gli offrì un "lodo" (non Alfa, ma) Beta (come tal Bersani), contenente un veleno altamente incostituzionale, letale, anzi Lettale (secondo tale Enrico).Angelino (omnia munda mundis) accettò il dono e rimase stecchito in 15 (come i giudici della Consulta del regno) secondi. Fu esposto dagli affezionati e addolorati nani su uno scranno di tribunale (con su scritto "La legge è uguale per tutti, il giudice no").Dopo alcuni anni passò da quella parti una principessa di nome Mara, che con un bacio dolcissimo lo resuscitò. Si sposarono, regnarono e vissero felici e contenti, con tanti figli azzurrini (omonimi, ma non parenti di quelli di tal Pierferdi, che abitavano alcune casine in un villaggio di periferia).Elisabetto, il malvagio principe consorte, fece una brutta fine. Finì male.Versione mitica.La Regina di Cuori Dejanira/Elisabetta, moglie del Re di Denari Ercole/Silvio, con cui aveva generato il figlio Azzurrocielo (così bello da sembrare un piccolo angelo, un angelino insomma), per gelosia avvelenò il marito facendogli indossare una camicia attossicata con il sangue del centauro (ucciso dal millauro Silvio) Nesso, abitante dell’isola di Nasso, antico nome della Sicilia, il quale, a chi gli chiedeva “Sai qualcosa?”, rispondeva invariabilmente “Ne so niente!”. Dejanira/Elisabetta sposò in seconde nozze tal Dejaniro, di professione body guard e già segretario del circolo sportivo “Giorgio delle Bande Nere”, bolognese (Bononia nocet), tosto rinominato Elisabetto e insignito del titolo di principe consorte (come tale non contava un c...o, come tal Filippo).Elisabetto, già Dejaniro, che ambiva a diventare re, ogni (Buon)giorno si guardava allo specchio, facendosi la barba, e chiedeva: "Spocchia, spocchia delle mie brame, chi è il più intelligente del reame?". La spocchia gli rispondeva invariabilmente "Tu(lliani), Tu(lliani), Elisabetto".Egli incaricò un suo servitore napoletano (un accanito fumatore di sigarette con bocchino) di uccidere il principino ereditario. Il servo, impietositosi, abbandonò il bimbo nel bosco, dove fu trovato da sette nani (Dotto/Letta, Brontolo/Pisanu, Eolo/Scajola, Mammolo/Bondi, Pisolo/Schifani, Gongolo/Brambilla, Cucciolo/Tremonti).Azzurrocielo/Angelino cresceva (se non più bello, almeno) più intelligente nella casetta dei nani sui monti (le Tre Cime di Lavaredo, vicino alla cascina di Heidi e a quella di Soleghina, la figlia del Sol), lodato e accudito dai sette padrini.Elisabetto, inferocito e invidioso, decise di farlo morire. Si trasformò in un vecchio giurista (Lodotà), confezionò e gli offrì un "lodo" (non Alfa, ma) Beta (come tal Bersani), contenente un veleno altamente incostituzionale, letale, anzi Lettale (secondo tale Enrico).Angelino (omnia munda mundis) accettò il dono e rimase stecchito in 15 (come i giudici della Consulta del regno) secondi. Fu esposto dagli affezionati e addolorati nani su uno scranno di tribunale (con su scritto "La legge è uguale per tutti, il giudice no").Dopo alcuni anni passò da quella parti una principessa di nome Mara, che con un bacio dolcissimo lo resuscitò. Si sposarono, regnarono e vissero felici e contenti, con tanti figli azzurrini (omonimi, ma non parenti di quelli di tal Pierferdi, che abitavano alcune casine in un villaggio di periferia).Elisabetto, il malvagio principe consorte, fece una brutta fine. Finì male.