imagomentis

dietro il sipario una soglia di terra e di salgemma


 
   anche  stamani il mio saluto al sole lo scaravento sui murie la vacanza si rinnova in un vuoto da grattare per scelta saranno giorni di carestia e di abbondanzae ogni mattina lo so mi sveglierò sorpresonel mio letto disfatto dall’immaginazionein bilico strapazzato da chiarori già vecchi eppure qualcuno aspetta un mio gesto accarezzatoma non so più come condurre la mano e il visodiventa ogni notte un coccio estirpato di terra e di salgemma se non fosse per il mio sguardo chiaro con riflessi d’azzurro lo si direbbe un infuso di pietra lavica e alghe ingiallitemesso nel ghiaccio spezzettato ad indurirsi un poco e saranno giorni di menzogne e schiamazzi ad impilarsi osceni in commerci e consumisenza penuria o pena e accatastati in mostrada mani biforcute in stretto accordo rapace ed alla fine accetterò il tuo invito alla bonacciaper rassettarci tra due lenzuola il corpo scaglioso e so in premessa che sarà un’apoteosi rimossaai vertici del ripulirci ciò che chiamiamo anima ma per tre giorni voglio restare chiusoa ruminare sul vuoto e le bottiglie copiosesaranno emblema del disastro annunciatotra fuochi gelidi in un ossimoro goffo poi ti darò semenza per placarti la sete d’infinito ed il terrore aggraziatodi essere ancora viva tra due fiumi in pienae resterò appiccicato al tuo delta prolificocome in un’isola greca pitturata di rosso rimasticando il tempo in strappi sincopatiavrai persino una ciocca spezzata in furtodi un nume smaliziato dal corpo infruttuosoe ci sarà baldoria di vino e canti e danzeper festeggiare tra di noi l’incoscienza di un infante cresciuto in un’alcova misticaforse chiamato unto da dio per un’assenzache non mi commuove e le mie idee brumosesaranno l’architrave imperfetta al centro esattodel silenzio chiassoso tra quei muri inclinati di stoltezza che ripetono il mio buongiorno accecato e ossuto al mondo  il saluto però si ostina a rimbombare staccato tra le esibizioni avverbiali di cosce nude sul tessutoe bocche portentose nel suggellare segreti vischiosi e se qualcuno m’avesse detto in un giorno alticcioscriverai una poesia d’amore trafelata di rossogli avrei riso in faccia rumoroso di schizzi di jd tra un po’ di giorni anche quest’anno incavato da ormedi macellai e impostori impalerà la storia nella sua replicae le mie pagine bianche diminuiranno dilapidate e prive ormai di coscienza illuminata o di religio strappata a morsi  ma devo festeggiare nel mio bastione ebbro e disancorato le nozze pagane e barbare d’argento col mio occhio che scrive  (lemmi sparsi si forgiano nell’intimità disabitata di un flashback farinosoqui e ora e diventano ormeggi disimparati che si allontanano silenziosi) quando mi dissi guerriero di utopie rapinate in pasto crudociò che mi accade sotto lo sguardo non può finire a marcirenel nulla forte e feroce di transumanza e oblio perciò velocemisi la mano indelebile nei cinque sensi senza guinzaglioe incominciai a versare inchiostro nelle risme cintate e vuotedell’esistenza per fottere la morte che scoppiettava allegrasui libri letti come in un nubifragio di sublimazioni interrotte e forse per una catarsi priva di senso scrissi parole e scrivoancora spesso contratto sui margini incompleti della memorial’urlo e il silenzio nel mio tao esagerato di penurie e abbondanze devo cercarmi una dea oscena che rappresenti l’illusione avvoltada troppi anni di frasi sciolte in suoni e segni accagliati nel vinoin questi giorni di rifiuto innegabile e nel contempo in feticcioincollare frammenti per farne simulacro e covo sulla tua schiena annunciata dopo il tramonto del terzo giorno impigliato per rannicchiarti in chiosa     eppure a ben guardare tra lo spazio abbagliante delle righe incagliateci sono i sogni inalterati e irrequieti dei miei venti anni a picco inattuale