imagomentis

daimon xenos fragmenta eidos


  I A fragmenta Le scaglie d’immaginario si frantumano se cozzano indecise su una realtà che affiora solo a brandelli, se a pezzi sparsi s’impone, questo reale fasullo, fatto da alambicchi impeciati che stillano vermi in fossati di terra nera. La bellezza in idea è lampo breve di luce intensa che un nugolo di demiurghi accecati scaglia a caso da iperuranio lontano. Occhi veloci nel raccoglierlo e attenti al suo variare, o torna tremulo lume del reale.I B eidos L’allegoria leggeradi un demone sorpreso da una dea che s’incurvaper poggiare le labbrasulla linea dell’acqua,dona una forza lieve nel crocicchio di cosealle tue forme sciolte in cristalli di segni.    II A fragmenta Non esiste in estetica un’unica forma essenziale che include la sostanza dell’essere tra le cose per descriverle, è il terzo volto della medaglia quello che bisogna cogliere mentre la moneta gira nell’aria, non è testa né croce: l’esistenza in parole è la semantica inefficace del divenire.II B eidos E t’immagino in biliconel vertice del caporeclinato su un pontedi luce e d’ombra mitesolo se suddivisanella tua gerla fertilesenza frasi di paceunta d’ipocrisia.III A fragmenta Poi s’incontra qualcuno per caso e il caso diventa necessità, e il miele d’api diventa sostanza appiccicosa di fico acerbo. Il discorrere s’inquieta e non si trovano più le parole: è lo scontro inutile con se stessi, il bisogno di ritrovare negli altri la parte estranea di sé dispersa in un gorgo molteplice di frasi.  III B eidos Tu sei guerra ferocee mite calura eburnea,sei il demone e la deache sfidano nell’aurail principio e la finee si cingono chiusinel margine idealedella materia uccisa.   IV A fragmenta Eppure bisogna cercarsi l’anima, in questa caotica rimembranza di follia che brucia il tempo e che veloce s’insabbia come quegli scorpioni del deserto, resistenti al sole e alla sete, e l’anima passa attraverso i pori di un corpo mai stanco, quel corpo che è la somma delle apparenze possibili e immaginabili.IV B eidos Sento stringere avidotra paludi di fumoil penetrare lento del desiderio confuso e deciso m’inoltrocol mio passo di cuoio nelle foschie del vesprosparso nell’arenile. V A fragmenta Ed è guerra di posizione, scontro di trincea mimetizzata e mobile, nella terra arida di nessuno dove è possibile muoversi senza le ali della maschera, abbandonando ipocrisia e pudore, lasciandosi alle spalle le certezze e i dubbi: si tratta di camminare senza voltarsi indietro, come Orfeo nei meandri infernali, e alla fine si rischia di spingere il masso da soli, inutilmente e per un’eternità provvisoria. Vale la pena di correre il rischio di Sisifo.V B eidos Per domare gli specchinella mia mano stringoun’antica arma bianca e per te porto in dononella bocca una rosache con la lingua imperlose tra i denti una spinapunge le labbra chiuse.VI A fragmenta L’alchimia dell’intelletto, la magia bianca della parola, senza la forza di un demone straniero, è sterile sopravvalutazione d’istinto e di ragione, che soccombe incapace di mutarsi in creazione reale, di conservare e togliere l’immediatezza, e mostrare di sé solo la parte minima. Il resto è gioco fittizio d’apparenze e d’intrichi tra le figure retoriche più o meno efficaci, che alla fine si mostra per quello che è: falso disastro e cortigiana devastazione. Di fronte a se stessi, nel laboratorio interrato della scrittura, non si discute volentieri del proprio disintegrarsi un pezzo alla volta, tra le facezie incerate del quotidiano coesistere. Non è mai evidente la lenta macerazione della fusione poetica d’eros e di psiche: è scandalo scritto sui carri dell’uragano, è nascondiglio da scovare tra le apparenze fugaci della scrittura. VI B eidos A me stesso stranieropresso il tuo nascondigliocerco di decifrareombre di segni incisinel tuo istinto scarlatto intrecciato di cose fatte da un furibondo demone meridiano. Chiusa imprecisa e chiosaSono frasi scavate per offrire una dedica imprudente in punta di labbra impulsive, sono un gesto furtivo nel margine dell’esistere in forma di parole. E dietro questo scrivere c’è stata una mano che si è mossa, sospinta, con leggerezza o brutalità, da un’entità immateriale che ha mostrato, tra le cose, un volto di demone e un viso angelico. In ogni caso entità portatrice di luce. In ogni caso entità portatrice di tenebre.