imagomentis

in un bocciolo fragile di albore


  è una notte bislaccache s’accartoccia ai sensi,imbambolati all’albada un dormiveglia ruvido,di congiunzione fragile al torpore,scarnito al sole in bilico sui vetriche si farfugliano specchi da qualche parteun corpo a concanudo di femminaforse rimasto incavosgombro, impalpabile,sgusciante, accesoin un rimando di sognida mente a mente perché nell’aria c’eraun buon odore di eros,chiaro al suo occhioche si scriveva a marginevoci di cose e gesti,quasi a cornicedi uno scorcio pittatoda mani inquiete,indocili, arruffatesul giaciglio e sul muro così,  sorpresoda quel sentire vagod’inconsistenza,ha preso a meditarecoi chakra mossi,uno alla volta,dal suo respiro lentosparso nel corpo, reminiscenze magichecon un soffio a convergeresul terzo occhio, quasipura energia mentalea percepire il vorticedi luci sparpagliatefino all’imago, tenue come si fa in poesia,intaglio di un mosaicod’inconsistenzasorto dal nullae rigettato al mondo,in forma di parole,forse di versi,ma in questo casoin foggia di pensieri,sbrigliati all’esseree dalla mente scioltid’immaginario qualcosa ha visto,in quelle docili ansedel meditare a cuorericonciliato e pieno,ed ha pensatoche era il tuo tornare,spirituale, incorporeanella sua anima monca,troppo legata ancoraalla mancanza, all’assenzasciocca dimora all’esistere,senza di te che adessoevanescente, etereagli parli dentro e cantie danzi e ridi e volidal tuo altrove vicinoal suo qui ed ora,quando nella sua menteti fa accorrere e la scrittura salmodiasu questa terra a pezziun po' di roba imperfetta,da ricercarenel suo tao divagantecoi sensi vigili ai trattid’impermanenzao nella testa dociledove il silenziosi addice, quieto,immenso, sconfinatocome in un mantra muto,senza vocaboli,parafrasando il logos,che a lui lemmi inesattiridanno simboli e segni,a volte prodigiosi, noncurantidel nostro direapprossimato, incerto,chiuso nella cavernache proietta l’ombrad’impermanenza alle idee,confuse, rischiarateda torce fioche ai dorsie tremolanti in aura,che le riflettonodalla parete all’animadi roccia e vento e fino all’alba insistere,ad incalzare il vuoto,con gli occhi chiusi e immobili,ammonticchiando immagini di fiato,con il respiro a cerchio del suo corpo,costante, esteso all’attimo, all’eterno poi il primo sole,timoroso e sobrio,con i suoi raggi tiepidi,in un bocciolo fragile di albore,porta i pensieri sminuzzati al vivere,con un salto nei sogni,di rimbalzo all’esistere,fino al crepuscoloed alla prima luce, figlia del sonno a toglieremateria e forma,in questa veglia stramba,che s’accartoccia ai sensi