imagomentis

di arenili e rientranze, crepe schiuse


  e penso al tempo che scorre spudoratonella memoria in questa notte impeciata così per celiae per dimenticanza  con mani obliquevoglio centellinare due calici inondatidi zibibbo  (uno affrescato in frettadalla mano destra sarà per me che oscillosu una luna impudical’altro scolpito a casosulla mano sinistrasarà per te che all’alba ti protendisul profilo del sole) poi nell’ebbrezza dopo il secondo cincinascolterò rossini oppure mozarto forse sarà un bluesmana raccattarmi così ti voglio benetardivo come semprereso più lento dai passidi una storia disancorata ed è forse apparenza di un eros senza appoggioquasi mistico in traliceed è forse improvvisodischiudersi di un fioreprimaverile in inverno nella sua dedizione al digradare   (ma non ho vogliané vaghezzadi disquisizionistanotte che mi abbeverocon questo vino dolcedella mia terra e ricordo il sapore anticodal giallo chicco ondulatosotto quel sole caldoche spostavauna bionda fragranzanei campi arati percorsida me adolescenteincontaminato) eppure ogni mattinal’ammiccare sorpreso all’ennesimo solelo faccio inutilmente rimbalzare sopra vetri spruzzati e inumiditidal brusio di un abbaglio  e sento l’alito non visibile di un’aura che si accartoccia in se stessaal di là del transitare sboccato della sua notte di rugiada nuda nei riflessi di una prima luceaccastellata sull’irideci mancherebbe anche un soffio tiepido di tenerezza tra il  cielo concavo di pece azzurrae questa terra di lava zollosa (qui nell’etereo è assente la sporgenza spinosa del toccarsi appenala concavità soffice del guardarsi negli occhi la solidità fragile della concretezza) per me che insisto nell’esistenza impura questa tua pura assenza sarebbe un disastro  (niente mano di biancosul soffitto ammuffitodagli occhi stanchiquelle macchie sul murohanno odore di coseche mi incanta) l’immaginario è fattodi suoni e segniassiepati nel nullaed è persinoprendersi cura di memoriaviziosa sregolataper fare a pezzi la dimenticanzae ricomporla mentre il reale è altrove anche se vortica nei dintorni del corpo e nel cervello in cerchio forsennato come uno sciame di vespe di farfalle di nottole in viluppo confuso ma sai di cosa sto parlando e in ogni caso esisti  (ti immagino allettante nei tuoi pezzetti esistenziali che si dissolvonodisincantata nel tuo incanto fitto di foglie croccanti di zolladelicata nella tua conflagrazione sminuzzata di frasismarrita nelle distanze oscene del richiamare alla memoriasfacciata nei gesti duttili contratti dai sensi scollati in un giaciglio e in un sogno)ho però tra le ditauno schizzo irrealedi immagini e di suoni che fermentanosui polpastrelli e non si decidono potrei tuttavia offrirlo alla tua forma dell’occhio in cambio di niente farla sgorgare piano da lineamenti accennati dentro una goccia rossao bianco neve pestata (eppure so che le parole iniziano nella traccia di segni  e da inclinate apparenze si mutano in cose trapuntate nella danza di suoni)  così nel buio aspetto il prossimo tramonto per bere altro mescalcol verme lì sul fondo a galleggiarecome ad una fontanaintimidita dalla bocca(occasione di approdo impreciso su scogli in un languore adiacente solido di sinoniminel suo tergiversare poetico)e tu emotiva e logica zigzagante femmina inzuppataa pelle viva sbucciatagiochi con gli aggettivi in solidi geometrici colati nella tua follia che mi diletta  (a catinelle e zampilli in una notte virata seppia) oltre la via della seta a ricercarsi nei paraggi increspatidi una luce di luna in scontro di nitoree di vaghezzacon un bagliore lontanodi finestre  riscritto23 ottobre 2004