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« Il SuicidioL'amore »

Sono figli nostri

Post n°295 pubblicato il 18 Febbraio 2017 da cavallo140
 

 

Un breve video postato sulla pagina web di un quotidiano: una tragedia nascosta, di cui non vogliamo parlare perché ci appartiene, ci riguarda troppo da vicino. L'ambiente è un pronto soccorso nelle nostre città ,  le ambulanze piene non di malati o di anziani, ma di giovani ubriachi. Sono decine, centinaia, migliaia e tutti i sabati notte si ripete la stessa scena infernale: ragazzi e ragazze che ciondolano dalle barelle, non si ricordano nemmeno come si chiamano. Alcuni sono in coma etilico, altri intossicati da cocktail di droghe e alcol.

Sono figli nostri, alcuni minori, altri di 20 anni, altri di più, ma non c'è differenza, sembrano tutti uguali. È così da anni e non a caso. È un grande business, ci guadagnano i malavitosi, gli spacciatori più piccoli, gli esercenti. E ci guadagnano anche i genitori di quei giovani, perché con un una manciata di euro hanno comprato la loro anima e conquistato il proprio quieto vivere.

Nessuno se ne occupa, se non quei barellieri che rischiano anche le botte, i medici che devono prestare i primi soccorsi. Non se ne occupa la politica, distratta da ben altro; non se ne occupa buona parte delle famiglie italiane, ormai indifferente al futuro delle nuove generazioni.

Mi si dirà che non accade solo in Italia, giusto: mal comune mezzo gaudio? Eppure da noi le cose sono diverse, e peggiori. Basta leggere le statistiche, appena pubblicate, che dicono di un dramma parallelo, anzi contestuale: circa il 70% dei giovani con meno di 35 anni vive a casa dei genitori, oltre tre milioni di loro non studia e non lavora: il doppio di paesi come l'Inghilterra e perfino di più della Spagna. Peggio di noi Grecia e Bulgaria.

Due fenomeni che non c'entrano l'uno con l'altro? A pensarla così si continua ad alimentare il "buonismo educativo" che alimenta un fenomeno che costa allo Stato una cifra enorme: stiamo facendo a meno di milioni di giovani talenti che potrebbero dare un aiuto fondamentale alla ricrescita economica e culturale e che invece sono un peso, una zavorra mantenuta dai loro genitori.

Questa deriva giovanile non dipende solo dal mercato del lavoro o della casa, ma soprattutto da una mala-educazione che non ha cresciuto i propri figli sui principi dell'autonomia e della auto-determinazione. Giovani dipendenti dalle tagliatelle e dalla lavatrice di mamma e papà. Come potremo mai competere con il resto del mondo se collaboriamo ad annientare i nostri giovani? Le case troppo care, il lavoro che manca? E allora perché in Olanda, in Gran Bretagna, in Germania, in Francia il fenomeno è largamente inferiore? Non sarà che i genitori d'oltralpe sono meno invertebrati dei nostri?

L'emergenza educativa è stato il grido di qualche isolato intellettuale, non è in agenda di un governo o di un ministero perché non è nella testa delle famiglie, ma langue nella nostra irreprensibile indifferenza.

 

 
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