Creato da pantruche il 26/10/2011
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"I pani neri", racconto di Anatole France*

Post n°28 pubblicato il 16 Aprile 2021 da pantruche
 
Foto di pantruche

Tu tibi divitias stolidissime congeris amplas.
Negasque micam pauperi;
Advenit ecce dies qua saevis ignibus ardens
Rogabis aquae guttulam.
    (Navis stultifere 1507, f° xix).

 

In quel tempo, Nicola Nerli era banchiere nella nobile città di Firenze. Quando suonava l'ora terza, stava seduto al suo banco, e quando suonava l'ora nona, stava ancora seduto lì, e per l'intera giornata tracciava cifre sulle sue tavolette. Prestava soldi all'Imperatore e al Papa. E, se non prestava al diavolo, era perché temeva di fare cattivi affari con colui che viene chiamato il Maligno, e che conosce mille astuzie. Nicola Nerli era audace e diffidente. Aveva acquisito enormi ricchezze e spogliato molta gente. Perciò era onorato nella città di Firenze. Abitava in un palazzo dove la luce creata da Dio entrava appena da anguste finestre; la prudenza non è mai troppa, poiché la dimora del ricco deve essere come una fortezza, e coloro i quali possiedono tanti averi fanno bene a difendere con la forza ciò che hanno acquisito con l'astuzia.
Dunque, il palazzo di Nicola Nerli era provvisto di inferriate e di catene. All'interno, i muri dipinti da abili operai rappresentavano le Virtù sotto le sembianze di donne, i patriarchi, i profeti e i re d'Israele. Gli arazzi appesi nelle camere offrivano alla vista le storie di Alessandro e di Tristano, come sono raccontate nei romanzi. Nicola Nerli faceva risplendere la sua ricchezza in città con delle pie fondazioni. Aveva fatto sorgere fuori le mura un ospedale, il cui fregio, scolpito e dipinto, rappresentava le azioni più onorevoli della sua vita; a riconoscenza delle somme di denaro che aveva donato per l'ultimazione di Santa Maria Novella, il suo ritratto veniva appeso nel coro di quella chiesa. Lo si vedeva inginocchiato, le mani giunte, ai piedi della santissima Vergine. E lo si riconosceva per il suo berretto di lana rossa, il suo mantello foderato, il suo viso coperto di grasso giallo e i suoi piccoli occhi vispi. La sua donna, Mona Bismantova, con l'aria così onesta e triste che faceva pensare che nessuno mai avesse ottenuto da lei qualche piacere, stava dall'altra parte della Vergine, in umile atteggiamento di preghiera. Quest'uomo era uno dei primi cittadini della Repubblica; poiché non aveva mai parlato contro le leggi, e non si curava affatto dei poveri e di coloro i quali vengono condannati dai potenti del giorno all'ammenda e all'esilio, permaneva intatta nell'opinione dei magistrati la stima che aveva acquisito ai loro occhi per la sua enorme ricchezza.

 

Il cambiavalute e sua moglie (1514)

 

Una sera d'inverno, ritornando più tardi del solito al suo palazzo, fu circondato sulla soglia della sua porta da una frotta di mendicanti mezzo nudi che tendevano la mano.
Li allontanò con parole dure. Ma la fame li rendeva accaniti e audaci come lupi. Si disposero in cerchio intorno a lui e gli chiesero del pane con voce lamentosa e rauca. Si stava già chinando per raccogliere delle pietre da lanciare loro, quando vide arrivare uno dei suoi servitori che portava sulla testa una cesta di pani neri, destinate agli uomini della scuderia, della cucina e dei giardini.
Fece cenno al dispensiere di avvicinarsi e, attigendo a piene mani dalla cesta, lanciò i pani ai miserabili. Poi, rientrato a casa, si coricò e si addormentò. Nel sonno, fu colpito da apoplessia e morì in modo così improvviso che credeva di essere ancora nel suo letto quando vide, in un luogo «d'ogne luce muto», san Michele illuminato da un chiarore emanante dal suo corpo.
L'arcangelo, con la bilancia in mano, caricava i piatti. Riconoscendo nel lato più pesante i gioielli delle vedove che tratteneva in pegno, le tante limature di scudi che aveva indebitamente sottratto, e certe bellissime monete d'oro, che lui solo possedeva, avandole acquisite con l'usura o con la frode, Nicola Nerli capì che era la sua vita, ormai compiuta, quella che san Michele stava pesando in quel momento davanti a lui. Si fece attento e preoccupato.
— Messer san Michele, disse, se mettete su un lato tutti i guadagni realizzati nella mia vita, collocate, per piacere, sull'altro le belle fondazioni con le quali ho manifestato magnificamente la mia pietà. Non dimenticate né la cupola di Santa Maria Novella, alla quale ho contribuito per un terzo; né il mio ospedale fuori le mura, che ho costruito per intero con i miei denari.
— Non abbiate timore, Nicola Nerli, rispose l'Arcangelo. Non dimenticherò nulla.
E con le sue mani gloriose posò sul piatto più leggero la cupola di Santa Maria e l'ospedale con il fregio scolpito e dipinto. Ma il piatto non si abbassò affatto.
Il banchiere avvertì una viva preoccupazione.
— Messer san Michele, riprese, cercate bene ancora. Non avete messo su questo lato della bilancia né la mia bella acquasantiera di San Giovanni, né il pulpito di Sant'Andrea, dove il battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo è rappresentato al naturale. È un'opera che mi è costata carissima.
L'Arcangelo mise il pulpito e l'acquasantiera sopra l'ospedale nel piatto che non scese affatto. Nicola Nerli cominciò a sentirsi la fronte inondata di sudore freddo.

 

Strasburgo, chiesa Saint-Pierre-le-Jeune, affresco, sec. XIV

 

— Messer Arcangelo, domandò, siete sicuro che la bilancia è precisa?
San Michele rispose sorridendo che, pur non essendo del tipo utilizzate dai lombardi [NdT: prestatori su pegno] di Parigi e dai cambiavalute di Venezia, non mancava per nulla di precisione.
— Insomma! sospirò pallido Nicola Nerli, quella cupola, quel pulpito, quella vasca, quell'ospedale con tutti i suoi letti, non pesano dunque neppure quanto un fuscello di paglia, un piumino d'uccello!
— Lo vedete, Nicola, disse l'Arcangelo, e finora il peso delle vostre iniquità prevale di molto sul lieve fardello delle vostre buone opere.
— Dunque andrò all'inferno, disse il Fiorentino. E batteva i denti per il terrore.
— Pazienza, Nicola Nerli, riprese il pesatore celeste, pazienza! Non abbiamo finito. Ci resta questo.
E il beato Michele prese i pani neri che il ricco aveva lanciato ai poveri la vigilia. Li mise nel piatto delle buone opere che scese di colpo, mentre l'altro risaliva, e i due piatti restarono in equilibrio. Il giogo non pendeva più né a destra né a sinistra e l'ago segnava la perfetta parità dei due pesi.
Il banchiere non credeva ai suoi occhi.
Il glorioso Arcangelo gli disse:
— Lo vedi bene, Nicola Nerli, non sei buono né per il cielo né per l'inferno. Va',  ritorna a Firenze! Moltiplica nella tua città questi pani che hai donato di tua mano di notte, senza che nessuno ti vedesse, e sarai salvo. Poiché non è sufficiente che il cielo si apra al ladrone che si pentì e alla prostituta che pianse. La misericordia di Dio è infinita: salverà perfino un ricco. Sii tu quello. Moltiplica i pani il cui peso vedi nella mia bilancia. Va'!
Nicola Nerli si svegliò nel suo letto. Decise di seguire il consiglio dell'Arcangelo e di moltiplicare i pani dei poveri per entrare nel regno dei cieli.
Durante i tre anni che passò sulla terra dopo la sua prima morte, fu pietoso con i poveri et gran limosiniere.

 

Distribuzione del pane ai poveri

 

 

Pubblicato in L'Echo de Paris, 8 marzo 1893; poi in Anatole France, Le puits de Sainte Claire, Paris, Calmann Lévy, 1895, pp. 81-87 (traduzione dal francese di G.B.M.).

 

* Anatole France era nato a Parigi un 16 aprile... Buon compleanno!
All'incipit: Anatole France, ritratto di Théophile Alexandre Steinlen (1920).

 
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