Torno ad urlare

Quella trappola chiamata amore


Smettemmo di essere amici quando cominciammo ad essere amanti. Questo fu un gravissimo errore perché non ci permise più di fare ciò che normalmente fanno gli amici: raccontarsi i propri turbamenti, i propri problemi, le proprie vicissitudini...Nel nostro caso i rispettivi turbamenti confluivano tutti in un'unica grande paura comune: quella di perderci. E allora cosa facemmo per proteggerci da questa eventualità, per limitare al massimo i danni della perdita? Una cosa molto poco saggia: indossammo un'armatura sopra la corazza e per giunta chiudemmo tutti i punti d'accesso al cuore. Da quel momento, numerose furono le parole non dette e numerosi gli slanci trattenuti... Alcune manifestazioni d'amore, come la tenerezza e la dolcezza, divennero tabù... La stessa parola amore divenne tabù. Non la si pronunciava mai. Per contro, se ne faceva un grande abuso parlando di contesti precedenti. Quando mi raccontava di tutte quelle che mi avevano preceduta, non mancava mai di sottolineare: "Ci amavamo" o "Ci siamo tanto amati"...Questo, di volta in volta, non faceva che acuire e alimentare il mio disagio iniziale...Un disagio pre-esistente, che mi portavo dietro e dentro da sempre: quello di non sentirmi mai abbastanza amata dalle persone che io, invece, amavo immensamente... A scanso di equivoci, apro una breve parentesi. Non sto dicendo che lui dovesse fingere sentimenti che non provava oppure omettere di averne provati per altre.Anzi, ho sempre considerato lodevole e apprezzabile la SUA sincerità e la sincerità in genere. Ciò non toglie che questa a volte possa scavare solchi profondi... O far male...  Chiusa parentesi...Tra "quelle che m'avevano preceduta" c'era, ovviamente, anche lei: uno spettro invisibile e spaventoso con cui, di tanto in tanto, mi toccava confrontarmi... Ogni volta che la figura di lei si stagliava nuovamente all'orizzonte -attraverso le parole di lui o i loro scambi verbali- io ricominciavo a temere e tremare. Era come se un colpo di mantice ravvivasse un fuoco mai spento... Era il fuoco della gelosia, naturalmente, e, bruciandomi, mi divorava. Si manifestava sotto forma di pensieri di questo tipo: "Dunque non sei incapace di provare amore: sei solo incapace di provarne per me!". O ancora: "Lei l'amavi, me no. Con lei passavi "intere notti a parlare"; con me, no. Lei la sentivi "anche due volte al giorno"; me, no. Con lei scambiavi "centinaia di messaggi"; con me no. Tutto ciò mi faceva sentire totalmente inadeguata... Ancora una volta inadeguata come mi ero sentita un tempo, per anni e anni... E non mi piaceva... Non mi piaceva più sentirmi da meno... Non che io mi considerassi migliore di lei, per carità... Però neanche peggiore! E non ero neanche più quella di un tempo...In QUEL tempo, in quel passato-remoto-sempre-presente, mi volevo poco bene e mi stimavo ancor meno. Pertanto il mio senso di inadeguatezza lo tolleravo come se fosse l'unica sensazione possibile, per me... E il disamore, l'unica cosa che meritassi.Ma nel frattempo le cose erano cambiate. Non accettavo più nè l'uno nè l'altro. O meglio, tentavo disperatamente di combatterli. Tuttavia, ogni tanto e inaspettatamente, riaffioravano... Come quando egli affermò con grande candore che per lei sarebbe stato disposto a mandare "tutto all'aria e a non tornar più indietro"... Ah, per lei sì e per me no?!?... Intendiamoci, non che io volessi questo. Ero contenta di stare nel ruolo che avevo scelto, perché era l'unico che mi permettesse di conciliare le mie aspirazioni e il mio "gran da fare" con la necessità di una vita affettiva, senza dover toglier nulla alla mia famiglia e tempo a me stessa. Nonostante questa mia grande convinzione, a quelle sue parole, non so perché, non riuscii a fare a meno di sentirmi infastidita e ancora una volta incapace di suscitare sentimenti di una tale portata... Provavo una gran rabbia per tutta la situazione, soprattutto perché sapevo di non esserne l'unica responsabile... Non era colpa mia se tra me e lui non poteva esserci tutto l'amore e la dedizione che c'erano stati (e forse ancora c'erano) tra lorodue. IO, volendo, avrei potuto tranquillamente far di più: avrei potuto passare giorni e notti a parlare o messaggiare con lui; uscire tutti i giorni, vederlo tutti i giorni, farci l'amore tutti i giorni... Era lui, piuttosto, che non poteva. E sempre lui ad averele limitazioni maggiori, tanto più che a quelle che già aveva inizialmente si erano aggiunte quelle che egli si era creato con le sue stesse mani... Per imprudenza... E per non aver saputo contenere l'impulso di messaggiar con lei in una situazione poco consona... E perché dovevo pagare io? Perché dovevo sentirmi inadeguata se il contesto e il buon senso m'impedivano di fare ciò che avrei voluto fare? Perché dovevo vivere come un rimprovero il fatto che con lei si facevano determinate cose e con me no?? Oltre a tutto questo, ero molto arrabbiata anche con me stessa... Principalmente perché mi accorgevo di non riuscire a gestire un sentimento tanto assurdo e irrazionale come la gelosia. Già, ero gelosa e non volevo esserlo... E neanche volevo dirlo... Mi chiudevo nella mia rabbia e covavo queste uova di serpente. In silenzio... Orgogliosa e fiera com'ero (e come sono!), non avrei mai ammesso che provavo gelosia. Tanto più che ammetterlo equivaleva ad ammettere di amare e, quindi, violare quel tabù che ci eravamo stupidamente imposti...Tutto questo, il mio e il suo comportamento, fece sì che pian piano accadesse proprio ciò che volevamo evitare... O meglio, ciò da cui ci volevamo preservare, ovvero il dolore della perdita. Eh sì, perché lentamente e senza che quasi ce ne accorgessimo, cominciammo a perderci. Io divenni più fredda e scostante. Continuavo a pensare: "Ami lei? Vai da lei, Cristo! Che cavolo stai a fare con me?? Solo per la prossimità geografica? Solo per la mia grande disponibilità? Solo perché sono facilmente reperibile e raggiungibile?? Eh no, non mi sta bene..."E questi pensieri, via via, accrescevano sempre più la mia convinzione che il mio "lavoro" fosse terminato (o mai iniziato!). Desideravo solo di raccogliere e riordinare i miei attrezzi e sgombrare il campo... Fu egli stesso a fornirmene il pretesto, tra l'altro stupidissimo... Ma si sa: una volta attivato il timer, una bomba a orologeria non può far altro che esplodere... E fu così che esplosi. Per una scemata. Lui aveva pubblicamente approvato una frase di lei: "Non sarò mai la seconda scelta di nessuno"... E siccome per me approvare vuol dire condividere, me la presi molto a male. Gli scrissi: "Se condividi e approvi lei che non vuole essere la seconda scelta, a maggior ragione dovrai approvare e comprendere me se dico che non voglio essere la terza! Non voglio stare in lista d'attesa. Non più. Non oggi... Oggi che conosco le mie capacità e qualità, oggi che so quanto valgo, oggi che sono cosciente di meritare tanto amore quanto ne dò, non accetterò di ottenerne neanche un briciolo in meno. Oggi VOGLIO sentirmi amata!"... E uscii di scena...(Giusi Iago)