In Altre Parole

Rien ne va plus


-"Hai visto come piove quest'oggi?"- la voce di Giorgio passò sul vetro della finestra appena appannato per quel differenziale termico che vaporizza l'aria quando dall'altra parte della finestra c'è il freddo inverno. Elena sentì la voce ma non rispose. Sentì la voce ma non ascoltò le parole. I suoi occhi erano intenti a rimirare la scia che una goccia d'acqua lasciava scorrendo,dall'alto in basso, attraverso quella patina opaca. Umidità. Calore.  E di calore ne avrebbe avuto bisogno in quel momento, un abbraccio forse, o solo una carezza. Chissà. Elena guardava la pioggia attraverso i vetri in silenzio ed in silenzio aspettava. Strana la vita, le cose importanti, spesso, si attendono in silenzio. In silenzio era morta sua madre entrata in un coma venuto da chissà dove e partita per chissà quale orizzonte. In silenzio aveva atteso il primo bacio che era arrivato, esenza bisogno di parlare anche la prima notte d'amore s'era consumata, come una candelina. E lei pensava dovesse essere un cero pasquale. Macchè. Tempo.  Ecco cosa ci voleva: una nuovo cognizione del tempo. -"Il tempo passato non ritorna mai"- glielo diceva sempre sua madre. -"Balle!"-pensò fra sé Elena. -"Se il tempo non tornasse non lo si misurerebbe conl 'orologio….."- Ecco, l'orologio! La prova inconfutabile che il tempo tornava ineluttabilmente sempre uguale, sempre allo stesso momento. Se il tempo non tornasse mai si sarebbe inventato un metodo per misurarlo in modod ifferente, magari una linea retta che prosegue all'infinito. Invece no. L'incontestabilec ertezza del tempo che torna: una corona circolare dove le lancette percorrono ineluttabilmente, due volte ogni giorno, lo stesso percorso, circolare. Appunto. Sempre gli stessi passaggi, sempre passando per gli stessi punti. Giorgio era lì accanto a lei in quella stanza ma era come se fosse il tempo passato e quello presente nello stesso istante. Anche lui come tutti quelli che aveva amato. Uguale a quelli che avrebbe amato ancora, per chissà quanto tempo.  Già chissà per quanto? Chissà quando il Tempo avrebbe detto basta, e la sua pallina avrebbe smesso di girare fermandosi su un numero, finalmente. O alla fine. -"Rien ne va plus!"- avrebbe esclamato il Tempo e lei, insilenzio, forse, avrebbe chiuso gli occhi. Per un istante. Per sempre. Di questi pensieri Elena ne faceva quando il tempo le sembrava immobile, oppure sbagliato. Quando pioveva ed avrebbe voluto vedere fuori il sole, o viceversa. Perché si sa, il Tempo va per la sua strada e non è detto che la Sua e la nostra viaggino in modo parallelo, o, meglio, s'incrocino.  Giorgio era il suo tempo di allora. Da qualche tempo, allora. Per chissà quanto tempo ancora. Eppure non riusciva ad immaginarsi Giorgio come tutto il suo Tempo. Lo guardava attraverso la tenda sottile, di finta organza semi trasparente. Un velo. Ecco cos'era la visione di Giorgio: Giorgio attraverso un velo. E lei l'amore lo aveva sempre immaginato limpido, terso, come un cielo d'aprile dopo un temporale. Spazzato via dalle nuvole, e da ogni parte di polvere, anche della più sottile. Giorgio era Giorgio e un velo davanti. Era Giorgio al 75%, all'80% talvolta. Una volta credette di vederlo al 90%. Ma c'era il velo. Un po' di velo ancora. Tanto lo vedeva attraverso il velo che s'era pure convinta che, alla fine, l'amore lo porta sempre con sé quel po'd'appannamento, come un fondo d'inquietudine, Il sospetto di voler essere lì ad ogni costo ma, infondo infondo, voler essere anche da un'altra parte. Chissà dove, chissà…. In un posto senza traccia di velo. Certo.  Eppure mai le era capitato di trovarsi di fronte a qualcuno e di vederlon etto, chiaro, senza il minimo offuscamento. Mai le era capitato. Tranne che, tanto tempo prima, per un brevissimo attimo. Un attimo,che per quel ch'era durato, si doveva dire per forza fuggente. Un attimo fuggito dal quale lei stessa era rifuggita.  Ancora una questione di Tempo, anzi "del Tempo…" La gocciolina era giunta al termine del suo percorso, allo stipite inferiore della finestra e s'era infranta nel limite in cui il vetro rientrava dentro il legno della cornice. Non s'era dissolta, aveva cambiato forma, s'era aperta e sparsa ed in una forma nuova aveva occupato un nuovo spazio. E da lì sarebbe mutata ancora,evaporando forse, per tornare acqua alla prossima condensa. Oppure chissà, pioggia….. Cambiar stato di sé….ecco una cosa che ad Elena sarebbe piaciuto. Diventare aria, magari, o acqua. Trasmutarsi per ritrovarsi dopo un po' a ripercorrere con un senso nuovo quelle strade su cui calcava i piedi. E dormire ancora negli stessi letti e riprovare il piacere ed il brivido dei baci sulla pelle ed ancora le carezze insistite dell'amore ed i suoi gesti che adesso le sembravano un poco consumati, magari dopo esse stata aria o acqua avrebbero ritrovato un nuovo senso. Un nuovo significato. Cambiare.Cambiamento. Erano pensieri che s'affacciavano nella mente di Elena ogni qualvolta sentiva che quello stato di cose cominciava a farsi pesante.Insostenibile. E non sempre per colpa degli altri. No, spesso anzi era il suo umore che mutava e le faceva percepire le cose in modo differente. Ed il"solito" le diventava subito pesante.  Si fermo un istante Elena, smise di pensare prendendo quanto fino ad allora era comparso dentro alla sua testa come un fascio di carte, o una mazzo di carte,di quelle per tarocchi. E mise in fila le carte che il mazzo le aveva consegnato: il tempo, la voglia di cambiarlo, l'uomo a la pioggia. Lo lesse come un oroscopo quel responso che il Mazzo le aveva consegnato:-"Verrà un uomo dalla pioggia che cambierà il mio tempo"- così disse fra se Elena sottovoce. E sorrise. Sentì la sottile euforia del cambiamento imminente attraversarle ogni poro della pelle, e sentì un brivido di piacere come se una bocca invisibile la sfiorasse inondandola di baci, teneri e al tempo stesso voluttuosi. Si voltò e vide Giorgio sempre attraverso un velo. Solo però la tenda non si frapponeva più davanti agli occhi. -"Strano modo di maturare un nuovo congedo" - pensò.  Si voltò verso la finestra, con l'indice raccolse la goccia d'acqua ch'era scivolata e, istintivamente, lo leccò.