In Altre Parole

Una strada


L’aria calda ed umida del pomeriggio afoso l’avvolgevarendendola irrequieta.  Il ronzio del condizionatore affollava la stanza e lei inquella stanza chiusa con il cielo azzurro fuori dalla finestra ad urlare ilpieno di quell’estate, si sentiva come una mosca curiosa dentro ad un barattolodi vetro. -“No, se morte mi deve cogliere che sia d’afa piuttosto ched’asfissia in queste quattro mura”-. Così decise risoluta ch’era tempo d’uscire. In breve, in brevissimo tempo era seduta al volante dellapropria auto ed inserita la chiave nel quadro, aveva acceso il motore. Una breve manovra servì a disbrigliarsi dall’angustoparcheggio. Il caldo non dava tregua ed una piccola goccia di sudore le imperlòil viso incuneandosi in quella ruga che s’era scoperta da qualche tempo–“d’espressione…”- s’era detta, quasi a cercar consolazione, quasi a limitarnel’impatto, a volerla contenere. Ma una ruga restava. Ben presto fu sulla statale. Il poco traffico che incrociavanon la disturbava. Scelse la sua andatura. Calma. Lo spettacolo del mare pocosotto, e della scogliera che ne limitava il margine, meritavano la suaattenzione. Pochi bagnanti in quel tratto davvero scosceso. Sparutigruppetti, radi, che avevano sfidato ogni legge di gravità discendendo lungoripidi pendii, per ritrovarsi un piccolo slargo di pietra arroventata, isolata.Lì avevano disteso le proprie cose, poche quanto il piccolo spazio consentiva.Sembravano nidi di rapaci su rocce inespugnabili. Come rapaci, ogni tanto, qualcuno sarebbe planato versol’onda del mare, se non per cercare una preda almeno per ricavarne refrigerionell’abbraccio dell’onda. S’accorse solo in quel momento di cosa avesse presodall’armadio per vestirsi. Nella foga dell’agire, in quella di uscire, l’avevafatto quasi meccanicamente. Osservò il lavoro svolto dal suo subconscio. Quel pantalonedi lino le piaceva. Era comodo e fresco. Anche il sandalo non era male, leslanciava la caviglia. Ma quel che la colpì maggiormente fu la camicettaaderente portata direttamente sulla pelle.  il seno si sosteneva ancora benissimo da solo e di questo neera intimamente orgogliosa. Felice. Benedisse quei suoi seni piccoli che daragazzina tante volte avrebbe voluto cambiare, invidiando a certe amiche undecolté da quarta piena o da terza abbondante. Sua madre non avrebbe mai approvato quella camicetta cosìmaliziosa, pensò. Ma era da molto tempo che aveva smesso di ascoltare suamadre. Da quando un dottore un giorno le aveva estratto dal corpo  il suo potere di essere madre. –“Una madre parla da madre, essere come lei vorrebbe direassomigliare ad una madre, ed io madre non lo sarò mai….”- Che senso avevaascoltare una madre per diventare come lei quando madre non lo sarebbe maidiventata ?  Erano pensieri che non la facevano più soffrire. Guardò la stradae poi, di sfuggita, ancora il suo seno che si disegnava sotto la stoffaleggera. Portò lo sguardo al cielo, era d’un azzurro intenso che sifondeva col mare. Poi ancora la strada.  Meccanicamente slaccio un bottone della camicetta. Ora eradavvero maliziosa. Guardò il suo seno fare capolino di sbieco. Lì avanti c’èuna curva da fare. E dopo quella curva, di certo, ancora strada.  Era l’ultima domenicadi quell’agosto.  Pensò -“domani sarà settembre”- ma dentro di lei era ancorapiena estate.