Creato da k.way il 13/11/2009

VAGHEIDEE

quell'andatura incerta che chiamano esperienza

 

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ViaggIO

Post n°153 pubblicato il 27 Luglio 2011 da k.way
 

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Amore mio,
ti ricordi quando non siamo andati a Samarcanda? A Samarcanda si può arrivare in vari modi, diceva la guida, e il più rapido è l'aereo, ma certo è anche il più banale.

Era molto preferibile il viaggio via terra, il treno, e fu per quello che decidemmo: Orient-Express e poi o Transiberiana o via Teheran.

Tanto per cominciare ordinammo ostriche e champagne, perché due che non partono per Samarcanda con l'Orient-Express avranno pure il diritto di cominciare così, no?

Insomma, il vero viaggio da non fare era Samarcanda. Io ne serbo un ricordo indimenticabile, e così nitido, così dettagliato come possono darlo solo le cose vissute davvero nell'immaginazione.

E' per questo che ti ricordo il viaggio che non facemmo a Samarcanda, perché quello sì che fu vero e nostro e pieno e vissuto. ... I nostri compagni di viaggio furono rispettivamente una delusione e un entusiasmo. Quel signore elegantissimo che pareva tanto fine si rivelò un commerciante di basso rango... La signora invece si rivelò molto meglio di quanto prometteva il suo aspetto.

Ti ricordi ad esempio il discorso che fece sulle ultime parole di Cechov? ... né io né te avevamo mai saputo che Cechov morendo avesse detto "Ich sterbe". Già, morì in una lingua non sua. Che strano, vero? Amò sempre in russo, soffrì in russo, odiò (poco) in russo, sorrise (molto) in russo, visse sempre in russo e morì in tedesco.

Fondamentale fu il binocolo che ci eravamo portati dietro: quello era stato un consiglio tuo, tu nelle cose pratiche a volte eri insuperabile. Senza di quello non avremmo mai decifrato i mosaici di ceramica che ornano il cortile della moschea di Ulug Beg, quel motivo di fiori dai venti petali iscritto in una stella a dodici punte ...  Sarà così la vita, chiedesti, comincia in un punto come se fosse un petalo, e poi si disperde in tutte le direzioni? Che strana domanda.

E poi la vita ci richiamava alla realtà, la vita quotidiana a volte concede alcune fessure, ma si richiudono subito. Mi si è riaperta solo ora, quella fessura, dopo tanti anni.

E così mi sono messo a ripensare alle cose che non si sono fatte, ... anche ai libri che non scrissi mai ... L'ultimo che non ho scritto, che è poi anche l'ultimo che ti ho raccontato, si chiamava Cercando di te e aveva come sottotitolo "Un mandala".

Ed è per questo che io facevo mettere lui alla ricerca della sua amata, e cerchio dopo cerchio, mentre i cerchi si facevano sempre più stretti, proprio come nel mandala, lui riusciva ad arrivare al centro, che poi era il significato della sua vita, e cioè ritrovarla.

A non scriverlo ci impiegai quattro mesi esatti ... tu mi telefonavi ogni giorno e mi chiedevi: perché non vieni?; te l'ho detto, ti ripetevo, mi sono messo a non scrivere un romanzo complicato che mi sta facendo sudare sette camicie ...

Te lo raccontai quella notte, al balcone della casa sul mare, guardando le stelle cadenti che lasciavano strisce bianche nel cielo notturno... siamo al capitolo ottavo, e alla ricerca di lei lui arriva in uno strano posto sulle Alpi svizzere ... E in quel luogo cena e pernotta ... E durante la cena comincia a parlare con una signora che è la sua commensale.

E la signora a un certo punto dice una strana frase: che si trova li perché aveva perso i confini.
"Qui ci sono delle regole, è vero, ma le regole servono quando si sono perduti i confini, e poi c'è anche un motivo più pratico: in fondo questo è un riparo."

"Significa che l'universo non ha confini, ed è per questo che sono qui, perché anch'io ho perduto i confini."

"Molti anni fa avevo un figlio, e la vita me l'ha portato via. Lo avevo chiamato Denis, e la natura era stata matrigna con lui, eppure lui aveva una sua forma di intelligenza. E io la capivo."

"Aveva una sua forma di intelligenza, e io l'avevo studiata. Per esempio, avevamo trovato un codice, uno di quei codici che non si insegnano a scuola per i bambini come il mio Denis, ma che una madre riesce a inventare con il proprio figlio, che so, battere con un cucchiaio su un bicchiere, mi spiego?, battere con un cucchiaino su un bicchiere, tlin tlin."

"E' necessario studiare la frequenza e l'intensità del messaggio, e io di frequenza e di intensità me ne intendo, faceva parte della mia professione studiando le stelle all'osservatorio astronomico di Parigi, ma non fu tanto questo a guidarmi, fu perché ero sua madre e perché si ama un figlio più di noi stessi."

"Il nostro codice funzionava alla perfezione, avevamo studiato una lingua che gli umani non conoscono, ... perché anche le persone che hanno avuto la natura matrigna sanno come noi e anche più di noi cos'è la felicità e l'infelicità, ..."

"Quando mancò, durante il giorno vagavo per Parigi, ... e pensavo al tipo d'organizzazione che avevamo dato alla vita sul pianeta Terra, le notti le passavo all'osservatorio, ma quei telescopi erano diventati insufficienti."

"Al radiotelescopio si cerca di captare emissioni radiogalattiche con segnali modulati provenienti da eventuali creature intelligenti, e a nostra volta si inviano messaggi modulati..."

"... e una notte, una notte di bufera, con il ghiaccio che si incrostava sulle vetrate della cupola dell'osservatorio, mi venne un'idea, era un'idea assurda ..."

"Beh, inviavo messaggi modulati e quella notte cercai una modulazione che avevo nella memoria e poi scelsi un codice, un codice che conoscevo solo io, lo tradussi nella modulazione matematica e lo inviai... è una follia, gliel'ho detto."

"I cristalli di ghiaccio si condensavano sulla vetrata, era notte, io me ne stavo davanti al telescopio come qualcuno che ha commesso un'assurdità, e in quel momento arrivò la risposta da Andromeda, era un messaggio modulato, lo passai al decifratore e lo riconobbi immediatamente, la stessa frequenza, la stessa intensità: in termini matematici era un messaggio che avevo sentito per quindici anni della mia vita, quello del mio Denis. Le sembro pazza?"

"Scoprii in un testo sacro indiano che i punti cardinali possono essere infiniti o inesistenti come in un cerchio, pensiero che mi turbò, perché lei non può togliere a un astronomo i punti cardinali. E' per questo che sono qui, perché non si può credere di arrivare ai confini dell'universo, perché l'universo non ha confine."

Lo sai, amore mio, non ti avrei scritto tutto questo se non fosse così tardi ... Ma le pagine di quel romanzo che non scrissi mi hanno risvegliato quel viaggio che non facemmo, forse perché parlano di stelle, e ha tante stelle il cielo che è piccolo danno che ne cada l'una o l'altra, e noi cercammo di capirne la topografia ...

In questi ultimi tempi mi sono messo a studiare un po' di uzbeko. ... Ti ricordi come ci sembrava buffa questa lingua quando la sentivamo parlare? Per esempio "Arrivederci", che poi vuol dire anche addio, è una parola buffa perché sembra addirittura spagnola, si dice divido. Ma forse la formula più buffa è men olamdan ko'z yaemapman. Che tuttavia è espressione letteraria. Quella più semplice, cioè familiare, è men ko'z o'ijapman_.

Sai cosa vuol dire?
E' un verbo. Vuol dire "Ich sterbe"*, mio caro amore.

[liberamente tratto da "Si sta facendo sempre più tardi" - A. Tabucchi]

*"sto morendo"

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Certi viaggi non accettano confini.
Ribelli al Tempo.
Durano oltre le leggi.
Tutte.

Semplice, come bere.*

*

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"Però  può succedere che il senso della vita di qualcuno sia quello,
insensato,
di cercare delle voci scomparse,
e magari un giorno di credere di trovarle,
un giorno che non aspettava più"

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Commenti al Post:
claudia.sogno
claudia.sogno il 28/07/11 alle 02:12 via WEB
tlin tlin...
 
zahalia
zahalia il 28/07/11 alle 13:45 via WEB
Contenta che la pausa afsica sia finita. E scrivi, scrivi!
 
zahalia
zahalia il 28/07/11 alle 13:45 via WEB
ops... afasica
 
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