Avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non avere mai dubbi: non sono forse queste le grandi qualità con le quali la stoltezza governa il mondo?
(William Thackeray)
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L'avevano chiamato a Torino per parlare di spiritualità. Lui che è il funambolo più famoso del mondo, infatti, sembrerebbe un esperto di dei, a forza di camminar loro vicino, lassù nei cieli. Ma Philippe Petit, che ha passato la vita a disubbidire, si mantiene a cauta distanza dalle religioni rivelate. «Non credo in Dio, e nemmeno negli psicanalisti». [...].
«Chiunque può guardare qualcosa di incredibile - dice - e sognarlo». Come? Petit rivela il suo metodo, una specie di religione che lega montagne e cuori, nell'affascinante libricino, Credere nel vuoto, pubblicato da Bollati Boringhieri [...] Sul frontespizio compare «introduzione di Michele Serra». Non è proprio così. Perché il giornalista-scrittore fa qualcosa in più, dialoga, pone domande, pungola maieuticamente Petit sulla fede, sulle vertigini, sull'umiltà, sulla mistica della tenacia. Chiede persino se c'è qualche broker che lo assicura prima di un'impresa. Risposta: «Firmo documenti complicati in cui prometto di non fare causa a nessuno nel caso in cui muoia». [...]
La prima impresa è stata a Parigi, Notre-Dame, 1971. Tese una corda tra le due torri e camminò nel nulla, sopra centinaia di persone stupite. Quando scese lo misero in galera, perché era proibito turbare l'ordine pubblico e fare mattane. [...] In quarant'anni ha passeggiato tra le nuvole ovunque, da Sydney alla Torre Eiffel. E vorrebbe ancora farlo in posti estremi, come il Gran Canyon o l'isola di Pasqua.
Il suo sogno più grande sono state le Torri Gemelle. Cominciò a pensarci quando le vide solo in forma di progetto su una rivista. E preparò per mesi l'impresa come fosse un colpo in banca. Nel '74 si arrampicò di nascosto sui grattacieli in costruzione, beffò la sicurezza, tese il filo e andò avanti e indietro per una quarantina di minuti a 400 metri d'altezza, vestito di nero. Lo arrestarono di nuovo, ma fu condannato a una pena mite: esibirsi per i bambini a Central Park. Era arrivato a New York come un cospiratore, con quello sberleffo estremo in mente. Non se n'è più andato via. [...]
Petit piace alle gente comune, ma anche a tipi come Herzog e Mailer. Perché quando disobbedisce alla gravità, lassù, riesce a dare le vertigini a chiunque, a sollevarlo dalle banalità terrestri. Un giorno, per esempio, passò nel cielo di Gerusalemme. Qualche decina di migliaia di arabi e israeliani si scoprirono a battere le mani tutti insieme per incitarlo, dimenticando d'odiarsi cordialmente. [...] Allora perché ciondola su quelle corde tese a centinaia di metri d'altezza, perché rischia di sfracellarsi ogni volta? Non sa rispondere con precisione, come Matisse non saprebbe spiegare perché ha usato certi colori sulla tela. Dice solo che gli piace andare in «una terra di nessuno in cui nessun uomo è mai arrivato. Perché un essere umano sulla sommità di una cima altissima, molto forte ma molto,fragile, è un'immagine perfetta». [...]
Petit, come dice il nome, è «piccolo» in alto, un minuscolo puntino nel vuoto e nel cielo. Eppure molto più vicino agli dèi di noi quaggiù. I miti antichi raccontano che gli onnipotenti s'indignavano se qualcuno s'accostava troppo impertinente e lo facevano precipitare. Ora invece stanno a guardare quell'uomo che sale in cielo discreto, a piedi quasi scalzi, come un mistico che cerca l'assoluto. Certo, crede fortemente in se stesso, è quasi più audace di Icaro, ma deve anche conoscere l'umiltà perché se commette un errore è spacciato. Forse è per questo che gli dei lo lasciano fare. Forse la sua levità non li disturba. O forse, come dice il decano James Parks Morton «Dio crede in te».
[tratto da un articolo di Bruno Ventavoli su La stampa del 3.09.2008]
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"...quello che faccio non ha nulla a che vedere con il corpo. Passione, intuizione, ricerca della perfezione, tenacia, amore per qualcosa: tutto questo è frutto della mente. Per camminare su una corda tesa si ha certamente bisogno del corpo, ma prima di tutto è necessario generare una sorpredente energia di solidità e di fede: bisogna credere. Quando sono sulla fune, quando, dopo aver afferrato la mia asta da equilibrista, sono pronto a partire, devo sapere in anticipo, prima di fare il primo passo, che arriverò dall'altra parte. Se non lo sapessi, fuggirei via perchè sarebbe terrificante. Questa è fede. Forse è una fede religiosa: di certo ha a che fare con la mente. La mia filosofia è di avere un'idea, un progetto, impegnare la mia mente in qualcosa e poi coinvolgere il corpo, tirandolo per una manica. Il corpo seguirà la mente. Certo, per fare le sue famose dodici piroette Baryshnikov* ha bisogno di dodici anni di lavoro, ma è solo un dettaglio. La cosa importante è la mente".
(da Credere nel vuoto )
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"chi è fiero della propria paura osa tendere cavi sui precipizi; si lancia all’assalto dei campanili; allontana e unisce le montagne. ecco il viaggio da fare: alzati quando il filo si mischia alla carta del cielo."
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Manhattan 11 Settembre 2001
Il vuoto della ragione.
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