Avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non avere mai dubbi: non sono forse queste le grandi qualità con le quali la stoltezza governa il mondo?
(William Thackeray)
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- - L'uomo insonne ascolta il ghiaccio sugli alberi spogli, sapore di sangue sui denti. - Molto più tardi, ghiaccio e sangue diventano vento, sì, vento che suona un violino triste fino all'alba. [Raymond Carver] - - - - - |
Post n°154 pubblicato il 28 Luglio 2011 da k.way
- Fuori è ancora notte. Faccio fatica a respirare. Un dolore intenso mi blocca il respiro. Questo dolore mi parte dal petto, si dirama nelle costole, nella schiena, nelle spalle, nelle braccia, nella gola, nella nuca, nelle mascelle. Sedersi lentamente sul letto. Aspettare. Alzarsi. Andare fino alla scrivania, fino al telefono. Risedersi sulla seggiola. Chiamare l'ambulanza. No! Niente ambulanza. Aspettare. Aspettare le otto e telefonare non all'ambulanza, ma a un taxi e al mio solito medico. Lui mi riceve d'urgenza. Mi ausculta, mi fa una radiografia ai polmoni, mi esamina il cuore, mi misura la pressione. Si rivesta. So che se ne frega completamente, sia della mia salute che della mia malattia. Scrive nella mia cartella, mi guarda: Lei fa di tutto per distruggersi. Sono fatti suoi. Domando: Che cos'ho? Un'angina pectoris, probabilmente. Era prevedibile. Ma io non sono uno specialista del cuore. Mi porge un foglio: Mi dà una ricetta. Domando: Mi opereranno? Dice: Se è ancora in tempo. Se no? Le può venire un infarto in qualunque momento. Vado alla farmacia più vicina, mi danno due scatole di medicine. I dolori scompaiono rapidamente, mi addormento. Cammino per le strade della città della mia infanzia. Mi volto e all'altro capo della strada vedo un puma. Ad un tratto, tutto brucia. S'infiammano le case, i fienili e io devo continuare a camminare in questa strada in fiamme ... Da qualche parte questa strada deve pur finire, tutte le strade finiscono, sboccano in una piazza, in un'altra strada, sui campi, in aperta campagna, a meno che non si tratti di un vicolo cieco, e stavolta deve essere proprio così, un vicolo cieco, sì. Mi sveglio in lacrime. La mia camera è nella penombra, ho dormito per gran parte della giornata. Mi cambio la camicia madida di sudore, mi lavo la faccia. Guardandomi nello specchio mi chiedo qual è l'ultima volta che ho pianto. Non me lo ricordo. Accendo una sigaretta, mi siedo davanti alla finestra, guardo la notte scendere sulla città. Sotto la finestra, un giardino vuoto, con un solo albero già spoglio. Più lontano, delle case, delle finestre che si accendono sempre più numerose. Dietro le finestre, delle vite. Delle vite calme, delle vite normali, tranquille. Coppie, bambini, famiglie. Sento anche il rumore lontano delle automobili. Mi domando perché la gente si muova, anche di notte. Dove va? Perché?
[già, dove si va di notte, pur stando fermi? Io, quale senso ho preso? Se un senso c'è ...]
* * * - Quello che scrivo non ha nessuna importanza. Insiste: Quello che mi interessa sapere è se scrive delle cose vere o delle cose inventate. Le rispondo che cerco di scrivere delle storie vere, ma, a un certo punto, la storia diventa insopportabile proprio per la sua verità e allora sono costretto a cambiarla. Le dico che cerco di raccontare la mia storia, ma che non ci riesco, non ne ho il coraggio, mi fa troppo male. Allora abbellisco tutto e descrivo le cose non come sono accadute, ma come avrei voluto che accadessero. Dice: Sì. Certe vite sono più tristi del più triste dei libri. Dico: Proprio così. Un libro, per triste che sia, non può essere triste come una vita. Dopo una pausa, domanda: E' per un incidente che zoppica? No, una malattia quand'ero piccolo. Aggiunge: Non si nota quasi. Rido.
[Non si nota, quasi, nemmeno il Claudicare del cuore. Pure le crepe, non fanno rumore] - - - Agota Kristof (30 .10. 1935 - 27.07.2011). -- -- |
Post n°153 pubblicato il 27 Luglio 2011 da k.way
- - Amore mio, Era molto preferibile il viaggio via terra, il treno, e fu per quello che decidemmo: Orient-Express e poi o Transiberiana o via Teheran. Tanto per cominciare ordinammo ostriche e champagne, perché due che non partono per Samarcanda con l'Orient-Express avranno pure il diritto di cominciare così, no? Insomma, il vero viaggio da non fare era Samarcanda. Io ne serbo un ricordo indimenticabile, e così nitido, così dettagliato come possono darlo solo le cose vissute davvero nell'immaginazione. E' per questo che ti ricordo il viaggio che non facemmo a Samarcanda, perché quello sì che fu vero e nostro e pieno e vissuto. ... I nostri compagni di viaggio furono rispettivamente una delusione e un entusiasmo. Quel signore elegantissimo che pareva tanto fine si rivelò un commerciante di basso rango... La signora invece si rivelò molto meglio di quanto prometteva il suo aspetto. Ti ricordi ad esempio il discorso che fece sulle ultime parole di Cechov? ... né io né te avevamo mai saputo che Cechov morendo avesse detto "Ich sterbe". Già, morì in una lingua non sua. Che strano, vero? Amò sempre in russo, soffrì in russo, odiò (poco) in russo, sorrise (molto) in russo, visse sempre in russo e morì in tedesco. Fondamentale fu il binocolo che ci eravamo portati dietro: quello era stato un consiglio tuo, tu nelle cose pratiche a volte eri insuperabile. Senza di quello non avremmo mai decifrato i mosaici di ceramica che ornano il cortile della moschea di Ulug Beg, quel motivo di fiori dai venti petali iscritto in una stella a dodici punte ... Sarà così la vita, chiedesti, comincia in un punto come se fosse un petalo, e poi si disperde in tutte le direzioni? Che strana domanda. E poi la vita ci richiamava alla realtà, la vita quotidiana a volte concede alcune fessure, ma si richiudono subito. Mi si è riaperta solo ora, quella fessura, dopo tanti anni. E così mi sono messo a ripensare alle cose che non si sono fatte, ... anche ai libri che non scrissi mai ... L'ultimo che non ho scritto, che è poi anche l'ultimo che ti ho raccontato, si chiamava Cercando di te e aveva come sottotitolo "Un mandala". Ed è per questo che io facevo mettere lui alla ricerca della sua amata, e cerchio dopo cerchio, mentre i cerchi si facevano sempre più stretti, proprio come nel mandala, lui riusciva ad arrivare al centro, che poi era il significato della sua vita, e cioè ritrovarla. A non scriverlo ci impiegai quattro mesi esatti ... tu mi telefonavi ogni giorno e mi chiedevi: perché non vieni?; te l'ho detto, ti ripetevo, mi sono messo a non scrivere un romanzo complicato che mi sta facendo sudare sette camicie ... Te lo raccontai quella notte, al balcone della casa sul mare, guardando le stelle cadenti che lasciavano strisce bianche nel cielo notturno... siamo al capitolo ottavo, e alla ricerca di lei lui arriva in uno strano posto sulle Alpi svizzere ... E in quel luogo cena e pernotta ... E durante la cena comincia a parlare con una signora che è la sua commensale. E la signora a un certo punto dice una strana frase: che si trova li perché aveva perso i confini. "Significa che l'universo non ha confini, ed è per questo che sono qui, perché anch'io ho perduto i confini." "Molti anni fa avevo un figlio, e la vita me l'ha portato via. Lo avevo chiamato Denis, e la natura era stata matrigna con lui, eppure lui aveva una sua forma di intelligenza. E io la capivo." "Aveva una sua forma di intelligenza, e io l'avevo studiata. Per esempio, avevamo trovato un codice, uno di quei codici che non si insegnano a scuola per i bambini come il mio Denis, ma che una madre riesce a inventare con il proprio figlio, che so, battere con un cucchiaio su un bicchiere, mi spiego?, battere con un cucchiaino su un bicchiere, tlin tlin." "E' necessario studiare la frequenza e l'intensità del messaggio, e io di frequenza e di intensità me ne intendo, faceva parte della mia professione studiando le stelle all'osservatorio astronomico di Parigi, ma non fu tanto questo a guidarmi, fu perché ero sua madre e perché si ama un figlio più di noi stessi." "Il nostro codice funzionava alla perfezione, avevamo studiato una lingua che gli umani non conoscono, ... perché anche le persone che hanno avuto la natura matrigna sanno come noi e anche più di noi cos'è la felicità e l'infelicità, ..." "Quando mancò, durante il giorno vagavo per Parigi, ... e pensavo al tipo d'organizzazione che avevamo dato alla vita sul pianeta Terra, le notti le passavo all'osservatorio, ma quei telescopi erano diventati insufficienti." "Al radiotelescopio si cerca di captare emissioni radiogalattiche con segnali modulati provenienti da eventuali creature intelligenti, e a nostra volta si inviano messaggi modulati..." "... e una notte, una notte di bufera, con il ghiaccio che si incrostava sulle vetrate della cupola dell'osservatorio, mi venne un'idea, era un'idea assurda ..." "Beh, inviavo messaggi modulati e quella notte cercai una modulazione che avevo nella memoria e poi scelsi un codice, un codice che conoscevo solo io, lo tradussi nella modulazione matematica e lo inviai... è una follia, gliel'ho detto." "I cristalli di ghiaccio si condensavano sulla vetrata, era notte, io me ne stavo davanti al telescopio come qualcuno che ha commesso un'assurdità, e in quel momento arrivò la risposta da Andromeda, era un messaggio modulato, lo passai al decifratore e lo riconobbi immediatamente, la stessa frequenza, la stessa intensità: in termini matematici era un messaggio che avevo sentito per quindici anni della mia vita, quello del mio Denis. Le sembro pazza?" "Scoprii in un testo sacro indiano che i punti cardinali possono essere infiniti o inesistenti come in un cerchio, pensiero che mi turbò, perché lei non può togliere a un astronomo i punti cardinali. E' per questo che sono qui, perché non si può credere di arrivare ai confini dell'universo, perché l'universo non ha confine." Lo sai, amore mio, non ti avrei scritto tutto questo se non fosse così tardi ... Ma le pagine di quel romanzo che non scrissi mi hanno risvegliato quel viaggio che non facemmo, forse perché parlano di stelle, e ha tante stelle il cielo che è piccolo danno che ne cada l'una o l'altra, e noi cercammo di capirne la topografia ... In questi ultimi tempi mi sono messo a studiare un po' di uzbeko. ... Ti ricordi come ci sembrava buffa questa lingua quando la sentivamo parlare? Per esempio "Arrivederci", che poi vuol dire anche addio, è una parola buffa perché sembra addirittura spagnola, si dice divido. Ma forse la formula più buffa è men olamdan ko'z yaemapman. Che tuttavia è espressione letteraria. Quella più semplice, cioè familiare, è men ko'z o'ijapman_. Sai cosa vuol dire? [liberamente tratto da "Si sta facendo sempre più tardi" - A. Tabucchi] *"sto morendo" - -
Certi viaggi non accettano confini. Semplice, come bere.* * - -- - - - "Però può succedere che il senso della vita di qualcuno sia quello, - -- - |
Post n°152 pubblicato il 24 Luglio 2011 da k.way
- - "Possiamo amare solo chi incontriamo, e dunque sono i nostri piedi che scelgono chi ameremo". Chi ha davvero bisogno di pace non conta i chilometri. - Ci credi se ti dico che Zingirian ha visto una donna, l'ha vista ripetutamente, camminare per migliaia di chilometri sul bordo delle strade? Camminare con solo una sacca di plastica in mano. Tu credi, Jibril, che possa esistere una donna così? Sto imparando che non serve sempre saper vedere una ragione, che si può essere nudi e scalzi di qualsiasi ragione e non per questo essere meno veri di un fuoco acceso nella notte. So che le cose accadono perché se ne possa cogliere il senso. Coglierlo come si coglie un sasso nell'infinità di sassi del deserto per la sua irresistibile singolarità. Io questo vorrei: sentire il senso delle cose che ho visto. Allora dire che le ho vissute. E le ho anche toccate. Averle toccate come i bambini che giocano a quel gioco che in salita dell'Incarnazione si chiamava "la muffa": toccare perché si fermino e restino. "Non tutto ciò che esiste è reale," ha lasciato scritto père Foucauld a proposito del misterioso viaggiatore del deserto. È vero. Credo di poter dire che ho toccato con mano questa verità tenendo fra le mie mani il viso della Perfetta. Però credo anche che esista solo ciò che resta. Fosse anche solo l'odore nelle mie mani, il ricordo del tatto nei miei polpastrelli. E vorrei vivere pieno di tutto ciò che ho toccato. Père Foucauld scrive al suo amico: "Da quando vivo qui", e intendeva l'Hoggar, "ho imparato a non aver fiducia nei miei occhi. Non sono loro che mi sveleranno la natura delle cose nel cuore dell'Universo. Nel deserto molte cose evidenti alla vista sono solo effetti ottici. So che l'essenza di ciò che cerco potrò trovarla in minimi segni. Vado esplorando il deserto in cerca di tracce e per distinguerle non mi servono gli occhi. Non è sperando di vederlo che la cammella si mette alla ricerca del suo piccolo". Quando il disegno di un bosco è troppo antico perché tu possa capirlo senza sforzo, quando non riesci a intuire il suo ordine, allora il bosco si chiama selva. È quando ti perdi. Ti perdi perché non sei in un luogo che puoi capire. Ho trovato la Perfetta perché ho sentito l'odore. L'odore. Erano due occhi aperti su qualcosa tra i rami del noce. Due sopracciglia, curve come gli archi di una bifora. Capelli chiari sparsi tra l'erba, molto lunghi. Due mani bianchissime e unghie quasi trasparenti che tenevano stretto un pezzo di stoffa. Era viva. Era la bellezza. Non capivo perché non si fosse dissanguata, perché non scottasse d'infezione. E il suo viso era straordinariamente bello e i suoi occhi incomprensibilmente vivi. E lucenti. Si è portata la mano sugli occhi, la mano con ancora il pezzo di stoffa stretto fra le dita. Ha socchiuso le labbra e ha parlato: "Ne phrogaj menja". Come: non mi toccare. Ma io l'ho toccata. Lei ha lasciato che lo facessi. Le ho preso il viso tra le mani. Pensavo di mettermela in una tasca e di portarla in salvo. Pensavo di fare come se fosse una rondine. Era tutto quello che sapevo fare. Non si poteva. Era la Perfetta. Me la sono caricata sulle spalle. Non credevo di sapere come si fa: ho imparato in quel momento. Ecco, ho pensato come ultima cosa, si è avverata la profezìa. ... sentivo fluire un tepore interiore che mi sembrava la vita. La vita tutta, non la vita della Perfetta. Come se in quel momento io e lei fossimo un riassunto. Un compendio perfetto e totale. Come quando, sognando, sentiamo di percepire il tutto. E di quel tutto conoscere ogni cosa. Come quando in un sogno la nostra anima diventa più grande di noi. Stringeva ancora il pezzo di seta, poi l'ha lasciato andare e io l'ho raccolto. Adesso è nel mio ufficio, è un reperto. È tutto quello che sono venuto a sapere di lei. Quel pezzo di stoffa macchiata e l'odore di fiele e nocciole. Ma la stoffa è lì nel cassetto, l'odore non è da nessuna parte se non nel mio ricordo. E quell'odore pungente ma non sgradevole che mi è rimasto nelle mani e nei vestiti per giorni e giorni, posso anche non averlo sentito davvero, ma solo immaginato, o ricordato; c'è un piccolo cassetto nel lobo destro del mio cervello, pieno di tutti gli odori importanti della mia vita. Gli odori rimangono per sempre e basta un pensiero per convocarli al tuo naso. - Non c'è mai un luogo preciso dove andare, solo una direzione da prendere. - [liberamente tratto da "Il viaggiatore notturno" - M. Maggiani] - - - - - |
Post n°151 pubblicato il 18 Luglio 2011 da k.way
- - Ormai da tempo coltivo il disincanto Virtù che attecchisce solo in terreni Pur cosciente che solo le illusioni (più di ogni altra cosa) - Come chi sa - sente - che sulla schiena ha inciso Eppur non cessa di guardare il cielo In cerca di una stella cadente Così, di tanto in tanto, ne vede una Cadere (com'è ovvio) Sempre troppo distante E lui, rialzandosi, - - - - |
Post n°150 pubblicato il 11 Luglio 2011 da k.way
- - Come farfalla (né con quale facilità le si può spezzare le ali) - - Nutrendosi della sua stessa essenza Ignorando - {k.way/11} -[non - - |
- - <<Odio coloro che mi tolgono la solitudine, --
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- Friedrich Nietzsche - - - - *** Già ... uno dei furti più insopportabili!!! [fossi almeno capace di odiare ... manco quello] - - -
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Post n°148 pubblicato il 04 Luglio 2011 da k.way
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I giorni ed i baci Ma per amare dobbiamo
Pedro Salinas
- E se dovesse affondare (e poi ammutinamenti, Navigare è sempre E comunque . . . [Ma ora rema!!!]
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Post n°147 pubblicato il 03 Luglio 2011 da k.way
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"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
Italo Calvino - ... e nutrirlo e proteggerlo [Tempo.Spazio] così dove - - [cura ciò che ancora non sai d'amare] - - -
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Post n°146 pubblicato il 28 Giugno 2011 da k.way
- - " Un giorno incontriamo la persona giusta. [Natalia Ginzburg - I rapporti umani] - - - Un bambino - Forse - E basta. - - - - |
Post n°145 pubblicato il 26 Giugno 2011 da k.way
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o più nulla ha un senso - - -
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Post n°144 pubblicato il 23 Giugno 2011 da k.way
- - ''Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. [Milan Kundera] - - - E coloro che - - -
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Post n°143 pubblicato il 19 Giugno 2011 da k.way
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- "Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori " - - -
Qui, in tutta onestà - e con il massimo rispetto per chiunque - non credo lascerei fuori granché, nel senso che, per quanto se ne dica, sono ancora irriducibilmente convinto che la veravitavera non ha, e non potrà mai avere, le dimensioni di un monitor (fortunatamente) e, per quanto sia alta la definizione dello schermo e per quanti colori possa mostrare e parole e immagini e musica contenere, il passero che si appoggia al parapetto del balcone rende molta più meraviglia ... ma, sono anche un irriducibile romantico, di quelli che quando si affezionano a qualcuno lo fanno quasi in maniera viscerale, e l'ipotesi di un distacco - o della semplice dimenticanza - è verosimilmente, almeno per quel che mi riguarda, intollerabile. E' per questo [è per la stima e l'amicizia ricevuta e condivisa con pochi] che sono ancora qui. Idee, stimoli e voglia restano insufficienti - e altre "cose" chiamano - soprattutto l'umore non è quello giusto, ma può essere che, pur in silenzio ... - Grazie a chi c'è! - - |
Post n°142 pubblicato il 17 Aprile 2011 da k.way
- - - - P. a. u. s. a. - - (in*attesa) - - - - - - - [ci sono cose che] - - - |
- - << Nella vita di ciascuno di noi esistono momenti - quando la porta sbattuta all'improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco "no" che sembrava irrevocabile si muta in "forse" -, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. E' stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non è tutto perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di "aspettare un poco" prima di spingerci nel baratro. >> [Nina Berberova - Il giunco mormorante] - - arno rafael minkkinen photo - - quei momenti esistono perché l’inatteso non va confuso con l’impossibile - - |
- - Ognuno ha le sue prigioni , mentali, fisiche.
- Patrick Gonzales - Picking the clouds - - - |
Post n°139 pubblicato il 07 Aprile 2011 da k.way
- <<So che da qualche parte lei esiste. Ho sempre saputo d'essere venuto al mondo solo per incontrarla. E per lei è lo stesso. Lei è venuta al mondo solo per incontrarmi. Si chiama Line, è la mia donna, il mio amore, la mia vita. Non l'ho mai vista.>> [Kristof Agota - Ieri] - - - - -
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Post n°138 pubblicato il 04 Aprile 2011 da k.way
- ''Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.''
Da una relazione dell'Ispettorato per l'Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912 - - - - |
- Da Chatwin ad Hemingway, si sa, la moleskine è stata fedele compagna di viaggio e di vita... i diari sono frammenti personali di mondo dove ci si rifugia per esprimere conforto a sè stessi. Ma le vere parole che ci arrivano in profondità, a sradicare ogni pagina pensata, sono quelle già scritte sottopelle, che leggiamo in braille tra un sospiro e un pianto, mentre la vita ci detta percorsi improvvisati. Il dolore, come le gioie, sono solo tappe obbligate del Viaggio, attraverso le quali riscattiamo la nostra condizione di profughi in un'esistenza altrimenti priva di significato e, altrimenti, troppo sottile per essere afferrata, combattuta, vissuta. Altrimenti troppo arida per berne il sangue - avidi - e ridere, beffardamente, di tutto ciò. - - - |
- - Gli occhi non parole occhi non promesse; ad una poesia d'uomo - - Filipoiu Marius Photo - - |
CARTE DI VIAGGIO
A. Narimi
A. Anedda
H.D. Thoreau
J. Berger
C. Lispector
E.E. Cummings
M. Benedetti
J. Addad
V. Capossela
P. Jacottet
P. Cappello
A. Ernaux
L. Gluck
N. Ponzio
I. Bachmann
J.C. Onetti