Camminando
Camminare inciampare toccare la terra con le mani sporche di fango piangere alzare lo sguardo e ricominciareSi dice che tu dica.
Perché, questo tuo ciarlare? Per mettere a tacere le cose di fuori? O piuttosto, quelle di dentro? Son loro che fan chiasso, certo, e un saluto furtivo non basta.
Dunque parli, ed io, nei tuoi suoni irranciditi, divengo lo sbeffeggiato oggetto di un soggetto oltraggiato. Come tu mi hai sempre voluta. Come ci hai sempre volute.
Capisco. Insano sarebbe l'avermi umana. Insinuerebbe il dubbio trovarmi, donerebbe la coscienza del marcio. (ma è davvero solo là? e qui, non è anche qui?)
Capisco e mi lascio dire. Conosco il tuo nome, e il mio. So delle maschere. Vendetta, se c'è, è conoscere chi non conosce. O finge.
Magdalene.ma
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Bevvi una sola sorsata di vita.
Vi dirò quanto la pagai:
precisamente un'esistenza.
È questo il prezzo sul mercato, dicono.
Mi pesaron, granello per granello
e bilanciarono fibra con fibra.
Poi mi porsero il prezzo del mio essere:
un solo sorso di cielo.
(Emily Dickinson)
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Era più o meno un anno che non vedevo L.
Non avevamo un rapporto stretto negli ultimi tempi della nostra frequentazione, ma eravamo sempre cordiali. Come se non ci fossimo mai allontanate. Come se non fossimo mai state realmente vicine.
Come stai? È da un sacco di tempo che non ci si vede! Che si dice? Hai più rivisto J? E P? E R, l'hai rivista?
Sì... (guardo da un'altra parte, sono insofferente e lei lo avverte)
Mi sono persa qualcosa?
(respiro, come per trovare nell'aria avvelenata di Milano una spiegazione credibile) ...non ho grandi rapporti con loro ultimamente.
Cosa è successo?
Ma niente... è che... lasciamo stare, non ho molta voglia di parlarne... (tergiverso, o almeno ci provo)
Scusami, te l'ho chiesto perché anch'io...
Così mi ritrovo ad ascoltarla e poi a raccontarle, anche se non dovrei farlo.
L. ha questo carattere spontaneo e semplice, questo sguardo bonario e interrogativo che ti cava fuori sempre tutto. Ci riesce sempre, sa come fare.
Ma so che questa volta non è solo lei e la sua estroversione. Sono io che ho bisogno di vomitare tutta la rabbia che ho dentro nei confronti delle persone che credevo mi volessero bene, e nei confronti di una persona in particolare.
Mi accorgo che in realtà sto ancora cercando di ferirlo, di fargli del male, di renderlo niente dentro di me. Come i bambini arrabbiati per un NO della mamma, che le urlano dietro "Brutta! Cattiva!" e fanno il segno con la manina di darle le botte, per farle del male, per ferirla. E poi, quando si accorgono che non ci riescono, piangono soltanto.
Ho raccontato a L. di lui, di quanto quel gruppo di persone sia povero, e l'ho fatto per dire "Brutti! Cattivi!". Poi, in macchina, guidavo e ridevo. Ho riso tutto il tempo.
Per questioni lavorative, incontrerò L. spesso nei prossimi mesi.
Pranziamo assieme uno di questi giorni?, mi ha chiesto.
Sì, le ho risposto, ma ho provato una sensazione sgradevole che non riuscivo a spiegarmi in quel momento.
Ho capito solo dopo che, per quanto lei non centri niente in quanto mi è successo (oltretutto non frequenta più quel gruppo da un po', anche se qualcuno lo sente ancora), in qualche modo centra.
Centra perché lei li conosce, perché io li conosco, perché loro - e lui - saranno sempre lì tra me e lei. Anche quando parleremo di altro, e anche quando non vorremo farlo.
A volte vedere una persona che viene dal passato, anche se in contesti differenti, fa sì che il passato non se ne vada affatto.
M. passava davanti alla macchinetta del caffè proprio mentre stavo pensando questo.
Facciamo qualcosa stasera?, le ho chiesto.
Perché no?, mi ha risposto.
Siamo uscite. Abbiamo riso come pazze, ci siamo prese in giro tutto il tempo, anche quando, più tardi, ci ha raggiunte un caro amico. Mi ha proposto di andare quattro giorni in Francia la settimana prossima, e la cosa mi stuzzica. Il passato non c'era, e se c'era, era solo vecchi aneddoti di cui ridere.
Ridevo, ridevo col mal di pancia, e pensavo che ci sono situazioni, contesti, giri di persone, amici che diventano negativi. O forse, in certi casi, ci si accorge che lo sono sempre stati, e non lo si voleva vedere. Ci si arrabatta per aggiustare tutto, a tutti i costi, ci si autoconvince che le cose che vanno male in realtà vanno bene. Per paura, e per paura di dirsi che si prova paura.
Imparare ad ascoltarla, quella paura...
Magdalene.ma
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Mi piace la parola metamorfosi.
Innanzitutto è qualcosa che riguarda tutti: senza cambiamento non ci sarebbe la vita, né in un senso fisico né metaforicamente.
Do uno sguardo alla mia vita e a quella delle persone che ho incontrato sul mio cammino: rapporti che durano da molto e che non fanno più battere il cuore, lavori ripetitivi, gli stessi vestiti, la stessa musica, la stessa pettinatura, frequentare le stesse persone, ritrovarsi a cinquant'anni e dirsi che forse... e di fronte a un cambiamento, un nuovo amore, un nuovo lavoro, un riconoscimento, l'esplosione della vita e dell'entusiasmo!
È così assurdo, a un certo punto, sentirsi annoiati? Così infantile rendersi conto tristemente di aver dovuto pescare una sola tra le infinite possibilità che c'erano? Non dovrebbe forse essere normale, dato che la nostra natura esige cambiamenti? Ma l'uomo è una creatura buffa e gli adulti...
Metamorfosi è anche qualcosa di più. Sì, è diventare altro. Sì, come un bruco, è farsi crisalide per diventare farfalla. Metamorfosi è un processo lento, senza fine, doloroso. Non è facile, assumere una nuova forma. Non è facile per niente. È stato forse facile, per il bambino di cui parlavo ieri, nascere? Distaccarsi da quel dolce fluttuare per venire al mondo, è stato forse facile?
Metamorfosi è anche fermarsi però, e guardarsi. Non è solo cambiamento, è anche sguardo. Cercare un senso. Non lo cerca anche quel bambino tutto sommato, col suo guardarsi intorno? Non lo cerca forse, nel suo tentativo di capire dov'è e cos'è, qual è la sua forma?
Sì, mi piace la parola metamorfosi. Riguarda tutti quelli che cercano un senso. Riguarda tutti quelli che vivono appieno. E tutti coloro che scrivono.
Magdalene.ma
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Saluto il mondo così, aprendo gli occhi su un mondo che mi è totalmente sconosciuto.
Come un bambino appena nato. Ne avete mai visto uno?
Spaventato guarda tutto, senza vederlo.
La bocca aperta, i piedi e le mani accartocciati, gli arti in movimento frenetico, il corpo infreddolito e fradicio di sangue, placenta, urina. Cerca di difendersi come può. Ma di fronte a trasformazioni di un certo calibro, si è indifesi.
Le lacrime. Un pianto di disperazione, che chiede fin da subito Cosa sono io?
Un pianto di vita, una voce, la prima, che dice Io sono.
Buffo!, ho pensato l'ultima volta. Si porrà la domanda per una vita intera e cercherà forse una risposta, senza mai trovarla. Dimenticando che oggi l'ha pronunciata. Lacrime.
Apro gli occhi anch'io. Percepisco ombre sfumate. Sento voci. Provo un po' di batticuore. Sì, un po' sì.
In fondo, sto scrivendo e qualcuno mi leggerà forse. E la scrittura forse...
Cosa sono? Io sono.
Un sorriso, il primo,
Magdalene.ma
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Inviato da: Magdalene.ma
il 05/04/2007 alle 22:37
Inviato da: topgun2001
il 05/04/2007 alle 12:04
Inviato da: spiaggiarosada59
il 31/03/2007 alle 13:23
Inviato da: semi.conduttore
il 31/03/2007 alle 12:49
Inviato da: guapix
il 31/03/2007 alle 12:39