Creato da Paracarroemigrato il 22/02/2007

L'inferno del Nord

Storie di un ciclista agonista italiano nel cuore delle Fiandre

 

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GranFondo Velomediane 1/07/2007

Post n°23 pubblicato il 10 Settembre 2007 da Paracarroemigrato

 

Con un po’ di ritardo ecco l’aggiornamento inerente l’importante GF Criquellion o altresì conosciuta come la “Velomediane”:  172 km durissimi per un dislivello complessivo di 3300 metri.  Inizio dalla fine e rovino la suspance della lettura.  La gara è finita mestamente prima del tempo dopo aver preso la dolorosa decisione di ritirarmi.  Perché?  Beh, non chiedetemi troppo. Leggete e lo scoprirete.  Attenti però, la lunghezza è atroce, degna della corsa.

Sveglia alle 4 del mattino perché nonostante La Roche sia un bellissimo paesino perfettamente incastonato nel cuore delle Ardenne è a più di due ore d’auto da casa mia.  Per un aiuto logistico sono riuscito a ingaggiare mio suocero, meno male perché una mano fa sempre comodo.  Purtroppo il tempo non sembra dei migliori e per buona parte del viaggio ha piovuto a dirotto.  Arriviamo a La Roche e ha appena smesso di piovere, così nonostante le strade ancora intrise d’acqua decido ugualmente di utilizzare le ruote in carbonio ad alto profilo.

Alle 8:30 sono in griglia, la prima griglia.  Meno male, aggiungo, perché al via sono annunciate almeno 2000 persone.  Incontro un mio collega dell’ufficio e scambiamo due chiacchiere nell’attesa che si faccia l’ora X.

Alle 9 lo sparo dato dall’ex campione del mondo Criquellion da il via alle ostilità.  Sono davanti ma un imbuto dovuto ai furbi che cercano in tutti i modi di infilarsi lateralmente fa sì che transiti solo un minuto abbondante dopo lo sparo sul tappetino del cronometraggio.  Temo che dovrò farmi la prima salita a buon passo.

Il percorso come detto è durissimo, prima si fa un un anello di 18 km con due salite e si ritorna a La Roche, poi un anello medio di 60 km circa con altre 8 salite tra cui il famoso “Muro della Velomediane” che a quanto mi hanno raccontato sarà bello tosto.  Ritorneremo nuovamente a La Roche con 76 km nelle gambe per iniziare l’ultimo grande anello di 95 km il quale, tranne una salita durissima subito dopo il paesino della partenza e arrivo, in linea teorica dovrebbe essere un pochino più facile dal punto di vista altimetrico.

La prima salita è 150 metri dopo il via, è larghissima, piuttosto lunga e ha pendenza costante.  Salgo facendo lo slalom tra i partecipanti più lenti.  Assolutamente non devo perdere il treno giusto, anche a costo di qualche sforzo extra.  La cosa la immaginavo più facile, davanti stanno menando già forte e, insieme a una cinquantina di ciclisti, riesco ad accodarmi ai primi solo poco dopo lo scollinamento.

Si viaggia veramente forte, se penso che dovremo fare 172 km mi viene male.  L’asfalto è ancora bagnato e il gruppo è molto nervoso. Spero proprio di non volare per terra.  Intanto ritorniamo a La Roche dove inizia la terza salita.  Una salita abbastanza impegnativa sulla carta: 2,5 km al 7,2% di media che sarà immediatamente seguita da un’altra di un un km e mezzo.  Anche qui il passo è discretamente alto ma mi sento meglio.  Pedalo bene adesso, soprattutto quando vedo parecchia gente staccarsi.  Arrivati in cima iniziano gli scatti e i tentativi di fuga. Sembra una corsa di 50 km in pianura, altro che granfondo!  Pedaliamo costantemente in fila indiana rasentando l’erba ai bordi della strada.  Se non si danno una calmata gli ultimi chilometri saranno un macello.  Mi guardo intorno e vedo che siamo venticinque al massimo, bene.  Sono contento, niente più “gruppo”.  Ma un rallentamento tanto improvviso quanto prolungato fa sì che dopo una quindicina di km rientri un centinaio di unità.  Ecco che il ritmo nuovamente si alza.  Salita e discesa, la pianura non esiste nemmeno a cercarla con il lanternino.  Mi sento bene, guardo le facce degli altri e vedo che molti sono al gancio, ma non mollano.

Dopo 65 km arriviamo al Muro.  Questi posti devi conoscerli ed io non ho la più pallida idea di cosa aspettarmi.  Infatti ci lanciamo lungo una discesa umida a folle velocità.  Sembra una volata, intuisco che l’imbocco della salita sarà stretto e ripido e così tutti vorranno prenderla davanti.  Provo a lottare anch’io anche se l’ho capito un po’ in ritardo.  Infatti, bivio stretto a sinistra, poi a destra, un micro-ponticello e svolta a sinistra su... su una strada per trattori in cemento!  Meno male che ho buttato il 39 per tempo.  Lo sbalzo è tremendo.  I numeri parlavano di 18% e ci sono tutti.  Sono abbastanza davanti, in buona posizione direi però devo evitare quelli che si sono piantati.  Salgo lungo la canaletta di scolo dell’acqua ma le numerose pietrine ogni tanto mi fanno slittare la ruota posteriore.  Ai bordi due file ininterrotte di persone che incitano e urlano.  Sono in piedi con il minimo rapporto disponibile: 39x26.  Faccio fatica, ma una buona fatica. Sto benone e rimonto posizioni. Ecco quella che sembra la cima, finalmente! Sono intorno alla decima posizione, ma rialzo la testa e un altro muro si para davanti a me, no... no, devo rifiatare!  Adesso sono io quello piantato, qualcuno mi salta, non riesco più a stare in piedi e devo andare seduto. Ma con queste pendenze significa perdere terreno. Finisce anche questo secondo pezzo, molto più corto fortunatamente.  Ho perso qualche decina di metri dai primi e voglio chiudere il buco al più presto.  Un tratto in pianura in mezzo al bosco mi inganna e calo il 53. Altro errore, un’altra rampa mi attende.  Mi ripianto nuovamente in più le gambe vanno velocemente in croce.  Adesso la pendenza non è elevata ma ho fatto un pauroso fuori giri e faccio una fatica immensa a tenere le ruote dei ciclisti che sono con me.  Davanti i primi stanno andando sempre più via.

Finalmente arriviamo in discesa dove posso lanciarmi a tutta nella speranza di rientrare.  Rimango solo, spingo a tutta, non devo perderli ora.  Dopo 5 km di su e giù riesco a rientrare ma mi è costato troppo, veramente troppo.  Siamo in 35-40 al massimo.  Appena sono rientrato inizia la tortuosa discesa per il secondo passaggio in La Roche.  Chiudo una lunga fila indiana ed esattamente nel centro del paese, dopo una stretta svolta a destra, inizia quella che è considerata come la più dura salita in Belgio.  A dire il vero è un mix di tre salite e per questo viene chiamata dagli appassionati in fantozziana maniera: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!  Fare una salita con questo nome non è il massimo se già si hanno le gambe in croce.  Come detto sono in fondo alla fila e non posso fare altro che salire del mio passo.  Butto nuovamente il 26 e cerco di non fare troppa fatica, almeno all’inizio.  Le pendenze sono atroci, non si scende mai sotto il 12/13% con numerose punte oltre il 15% e l’asfalto è pessimo.  Al primo “scollinamento” un grosso orologio segna le 11:02... in un improvviso momento di lucidità riesco a connettere che abbiamo percorso il primi 78 km in due ore, quasi i 40km/h di media su quel percorso e con l’asfalto bagnato, incredibile!!!

Un tratto di trecento metri in discesa mi permette di tirare il fiato, non mi sono strinato sul primo pezzo però di certo non è stata una passeggiata.  Ecco che inizia il secondo pezzo.  Do qualche pedalata più veloce e in modo da entrare nel gruppetto davanti a me.  Bene, adesso va meglio. Pedalo seduto sempre con il 26.  La strada è un lunghissimo rettilineo, largo quanto una macchina e immerso in una fitta boscaglia. Talmente fitta da essere quasi al buio.  Ad un certo punto sento scivolare qualcosa dalla tasca e un tonfo sordo.  Appena capisco cosa è stato sento da dietro una voce urlare: “telefoon!”  No, no, noooo.  Come diavolo ha fatto a cadere il mio cellulare. Lo lascio lì, no non puoi Lorenzo è quello dell’ufficio.  L’ho portato per sicurezza nel caso mi succedesse qualcosa.  Giro la bici, con difficoltà, e torno indietro in discesa.  Raccolgo il telefono e riparto.  Niente di peggio con queste pendenze.  All’inizio cerco di reagire schiaccio con vigore sui pedali, ma subito dopo vengo preso da un po’ di sconforto.  Raggiungo un paio di ciclisti e il gruppetto dove ero posizionato rimane ancora a vista ma a queste velocità tutti sono “a vista”.  La terza salita non l’ho nemmeno vista, per me la seconda e la terza sono state un’unica cosa.  Brevissima discesa e altra salita sulla statale.  Larga e facile da grosso rapporto.  Provo in tutti i modi di rientrare ma niente da fare sto solo facendo una gran fatica e basta.  In cima vengo raggiunto da altri 4 corridori e con loro inizio un nuovo tratto del percorso.

Purtroppo durante la dura tripletta non c’è stato solo il problema cellulare ma c’è stato anche un altro grave problema, probabilmente più grave.  Sono partito con una borraccia sola perché mio suocero sarebbe stato proprio su questa salita con un’altra di riserva da darmi.  Con quella avrei tirato avanti fino al ristoro volante dell’organizzazione posizionato al 120°km.  Prima delle dure salite avevo finito l’acqua nella borraccia che avevo con me e che sarebbe stata rimpiazzata dalla nuova.  Appunto... “sarebbe”.  Di mio suocero nemmeno l’ombra.  Ai bordi c’erano troppe persone e forse non l’ho visto e lui non ha visto me (poi scoprirò che aveva sbagliato percorso).  Ho sete, la borraccia vuota e devo fare ancora 35 km prima di poter arrivare al rifornimento.  Le gambe sono a pezzi e a causa della confusione della corsa non mangio da troppo tempo.

Sale e scende, sale e scende... da incubo.  Alla terza o quarta salita “non ufficiale” lascio il gruppetto dove mi trovavo, devo rialzarmi e rifiatare sennò l’arrivo non lo vedo.  Mangio, non bevo e rallento un po’.  Strano, mi sono allenato duramente sul fondo e adesso che non ho ancora superato i 100km sono già vuoto.  Ho speso troppo, questo è sicuro.  E poi il percorso BISOGNA conoscerlo, è troppo importante quando si fanno gare del genere.  

In cima alla 15esima ascesa vengo raggiunto da un bel gruppetto, saranno una ventina di unità.  Davanti ci saranno 35 corridori da quanto ci viene detto.  Mi piazzo in coda e finalmente un lungo tratto di falsopiano a scendere mi permette di recuperare per bene.  Si va forte ma in scia è quasi piacevole.  Prima di partire avevo memorizzato che anche la 16esima salita sarebbe stata tosta.  Ho paura che questo gruppetto lo perderò abbastanza velocemente! Peccato.

Ecco la salita, stretta, ripida e dall’asfalto schifoso... una costate!  Dopo pochi metri sento che dietro di me due si sono agganciati e sono caduti.  Incredibilmente sto meglio e riesco a tenere il passo, seppure a fatica.  A metà salita un danese davanti a me si arruota e anch’esso vola per terra.  La fatica gioca brutti scherzi.  Tra cadute e stanchezza rimaniamo sempre in meno e in vetta siamo non più di quindici.  Continuo a essere senza acqua.  Il cielo è spesso coperto da spesse nubi e la temperatura è fresca ma quando il sole riesce a superarle fa caldo e senz’acqua è dura.

Subito dopo la salita sento il solito dolore alla pancia che si fa violentemente largo.  Ho con me una pastiglia di Imodium e la ingoio al più presto.  Speriamo che non sia troppo tardi. Adesso andiamo più lentamente, soprattutto in pianura. Altra salita, altra sofferenza ma rimango agganciato. Tra poco ci sarà il rifornimento.  Eccolo, infatti.

In teoria era volante, ma in pratica è solo un ragazzo che fa questo e quando arriva il mio turno rimane senza bottigliette d’acqua.  Così mi fermo e aspetto che ne prenda una dal pacchetto di plastica... altra sosta, mentre gli altri se ne vanno.

Presa, riparto velocemente ma davanti stanno andando troppo forte adesso.  Fortuna che raggiungo una Renault Espace che fa cenno di passare ma io gli urlo di schiacciare il gas.  Incredibilmente mi sta a sentire mi riporta dentro il gruppo a oltre 60km/h giusto in tempo per la prossima salita.  Le gambe vanno forse un pochino meglio. Ancora una salita e ancora qualcuno che si stacca ma riesco sempre a rimanere attaccato, per un pelo ma ci sono.

Ma lungo la discesa poco prima della 19esima ufficiale ascesa ecco che l’intestino si ribella, ancora una volta.  Devo lasciarli andare e procedere a passo d’uomo, devo sopravvivere, la corsa non è più corsa ora.  Appena posso mi fermo per una sosta d’emergenza.  Intanto chiamo mio suocero e gli dico di venirmi incontro perché così non va.  Lungo la diciannovesima salita mi fermo e quando riparto va meglio, ma non abbastanza. Appena oso sforzare un po’ di più sto di nuovo male.  Intanto mi sorpassano continuamente.

Lungo la discesa dopo la 20esima salita ecco la mia auto con mio suocero.  Mi dice che c’è solo una salita poi è tutta discesa fino all’arrivo.  Siamo intorno al 150° km.  Un po’ sono tentato di continuare, ma poi sapendo le sofferenze “extra” a cui andrei incontro lascio perdere e mi ritiro mestamente.   Ancora una volta... tanto allenamento per niente o quasi.  Ma che ci volete fare lo sport è così, s’impara ad accettare le tante sconfitte e al tempo stesso a godere dei rari successi. 

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 11/09/07 alle 16:11 via WEB
Complimenti!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 12/09/07 alle 23:20 via WEB
Eh però non molli facilmente. Complimenti. ciao riccardo
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 30/09/07 alle 18:11 via WEB
Buongiorno e buona domenica!
 
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