INFINITO

IL FOLLE VOLO


Il personaggio di Ulisse, viaggiatore insaziabile, uomo assetato di conoscenza, ma anche cupido ingannatore, ha da sempre colpito l’immaginario e la sensibilità umana. Non è un caso che da quando Omero lo consegna alla letteratura, l’eroe è spesso tornato nella penna di alcuni dei più grandi autori di sempre: Joyce, D’Annunzio, Pascoli, per citarne alcuni fra i moderni, ma non si può dimenticare Virgilio. Ulisse rappresenta la grandezza dell’essere umano, il vertice delle sue possibilità, per questo tanto si è scritto e tanto si scriverà su questo inesauribile personaggio. Dante ce lo presenta dopo le fatiche dell’Odissea, quando, non pago, riprende il mare per l’ultimo suo viaggio oltre l’umano; così facendo realizza la profezia che l’indovino Tiresia fece all’eroe negli inferi, egli non avrebbe mai smesso di viaggiare e sarebbe morto per mare, questo ripete Ulisse alla paziente Penelope quasi a discolparsi della sua prossima e definitiva partenza.   Il viaggio è un tema centrale del canto, in qualche modo nel raccontare le sue peregrinazioni Ulisse si avvicina a Dante che sta a sua volta percorrendo un difficile cammino. Altro tema fondamentale è il canto delle sirene, la tentazione della conoscenza. Lo stesso Dante non può sentirsi immune al richiamo della scienza, della ragione (giunto nel paradiso terrestre sarà rimproverato da Beatrice per l’eccessivo amore verso la filosofia) Dante dunque sente tutto il fascino del grande eroe, che non vede la conoscenza come un premio, una meta a cui ambire, ma un semplice bisogno fisiologico, una necessità connaturata all’essere umano. Per Ulisse il più grande peccato sarebbe non secondare la grandezza della natura umana e delle sue possibilità “fatti non foste a viver come bruti” dice ai suoi uomini per accendere gli animi al folle volo. D’altra parte, nonostante l’ammirazione, Ulisse non può non essere condannato, troppo grande la sua sfida diretta a Dio stesso. Nella condanna Dante rammenta l’Ulisse dell’Eneide, il personaggio descritto da Virgilio (dalla prospettiva di un troiano ingannato) cioè il consigliere fraudolento, il tessitore di raffinati inganni. Il peccato di Ulisse non è la sua sfrenata sete di conoscenza (che Dante forse condivide) né il suo illimitato orgoglio (che Dante teme) la sua colpa è il non aver accettato il vivere quotidiano, non aver apprezzato la ricchezza di una vita serena con la propria famiglia. Orazio scrisse che nell’unire la sete di conoscenza alla sopportazione dei perigli del viaggio, Ulisse approda alla virtù, ma Dante ci mostra che essa non lo ha saziato, è voluto ripartire, inoltre con la sua “orazion picciola” Ulisse convince i compagni di non commettere peccato e dunque dell’inutilità dl pentimento, la ragione dell’eroe varca i limiti dell’onnipotenza di Dio, la natura stessa spinge l’uomo oltre il limite, dunque ciò non può essere peccato. Il destino dei viaggiatori è da sempre segnato, ma gli eroi si illudono quando giungono in vista del colle del purgatorio, è la celebrazione e insieme la condanna del mondo classico in cui grazie al pensiero alcuni saggi e filosofi sono giunti in vista della gloria che sarà rivelata solo da Cristo. A questo punto l’imbarcazione, un granello di polvere nell’oceano infinito, viene ingoiata dai flutti, la fine è rapidissima ed inesorabile, l’oceano si chiude sull’ultimo viaggio di Ulisse ed in un momento torna quieto, della più ardita delle imprese non resta la minima traccia. È un sconfitta ingloriosa? Forse, ma a pensarci bene nessun uomo era mai riuscito a spingersi tanto oltre, esiste un’altra fine possibile per un eroe pronto a disprezzare ogni traguardo che morire nel perseguire la più grande delle imprese? Il mare è l’altro protagonista del canto, in opposizione al fuoco che avvolge Ulisse esso è da sempre suo irresistibile compagno e infine suo assassino. Il mare rappresenta da sempre una della manifestazioni più tangibili di una potenza immensamente superiore a quella umana, che sia essa considerata divina o naturale, il mare è l’ultimo invincibile avversario di Ulisse, in fondo solo una tempesta divina ha potuto fermare la determinazione del navigatore, in fondo l’eroe muore nell’affermazione del suo ideale anche a costo della dannazione eterna.