INFINITO

RAGAZZI DI VITA- PASOLINI


Il romanzo dipinge con spietato realismo Roma postbellica. L’ultimo mito italiano, quello della resistenza e della lotta di liberazione non ha parte nel romanzo di Pasolini. La fine della guerra lascia dietro di sé solo cumuli di macerie, immondizia e povertà, nessun mito, nessuna ideologia può rendere meno amara l’eredità terribile del conflitto mondiale, non c’è celebrazione dell’esercito alleato, non c’è il mito della lotta partigiana, non c’è nemmeno la possibilità di raccontare una storia, ci sono solo immagini, quadri, di vita terribile e desolante miseria.L’ideologia, l’immagine rassicurante e indulgente che i nuovi poteri danno dell’Italia liberata, viene smontata fin dal linguaggio, nelle borgate non si parla l’italiano, nelle borgate non c’è l’Italia, ma solo la città e il suo dialetto. Il linguaggio ci offre un punto di vista nuovo, fa emergere con evidenza ciò che dovrebbe rimanere celato, i  termini crudi con cui si appellano i personaggi sono quelli reali della strada “froscio, paragulo, fijo de mignotta”, ma essi perdono la loro volgarità nel drammatico significato con cui dipingono i personaggi, ragazzi disperati pronti a prostituirsi per mangiare, figli di madri che allo stesso modo li hanno nutriti. La lingua di Pasolini distrugge ogni retorica del potere, nessun vuoto discorso politico in perfetto italiano può cambiare una realtà tanto degradata, la lingua del potere (qualunque esso sia) è la stessa con la quale si fanno le dichiarazioni di guerra, con la quale i padroni licenziano gli operai, pertanto occorre una nova lingua che dia voce a chi l’italiano non lo conosce nemmeno.Il modo del sottoproletariato è mostrato nel suo volto terribile, ma Pasolini sa anche mostrarci come esso sia animato da una forza ancora autentica, incorrotta, i personaggi sono spietati, talvolta persino crudeli, ma qualcosa di sconvolgentemente autentico, viscerale, primordiale li rende capaci di grandi azioni chela vita borghese rende impossibili. Da notare in questo senso la chiusura quasi ad anello. All’inizio del romanza il giovane riccietto vedendo una rondine affogare nel fiume si getta senza paura nel tentativo di salvarla, lo stesso riccietto, dopo essere cresciuto ed aver superato un periodo di detenzione, dopo essere stato “corretto” secondo i meccanismi del potere ed aver messo la testa apposto, rimane impotente ad assistere all’annegamento di un ragazzino nell’Aniene perché ritiene troppo pericoloso tentare di salvarlo. La forza del romanzo sta nel mostrare una realtà inimmaginabile quanto reale, un’impressione così forte l’ho provata solo leggendo Gomorra o guardando i documentari di Comencini sul lavoro minorile negli anni ’70, certe realtà le immaginiamo, le sospettiamo, ma non possiamo fare a meno di percepirle lontane, distanti, e questo ci fa essere indulgenti con la nostra indifferenza, ma autori come Pasolini, o oggi Saviano, hanno la forza di rimetterci di fronte alle nostre responsabilità e sollecitare la nostra reazione.