Rivoluzionenergetica

2--Siria-Discussione alla Camera dei Deputati sulla guerra in corso e l' intervento militare franco-americano


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cirielli, che illustrerà la mozione n. 1-00079, di cui è cofirmatario.  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, brevemente per il tempo che mi è concesso, volevo sostenere, come poi sarà chiarito ulteriormente in dichiarazione di voto, come il gruppo di Fratelli d'Italia ritiene che l'ipotesi di un intervento armato, ma anche di un coinvolgimento, seppure indiretto, tramite l'utilizzo delle nostre basi aeree, tramite l'utilizzo del nostro spazio aereo, tramite la collaborazione elettronica delle nostre navi e dei nostri radar a un intervento militare in Siria contro il regime siriano di Assad, sia una scelta improponibile, scellerata e priva di conseguenze positive,anzi, al contrario, assolutamente nefasta per la stabilità internazionale e per il diritto, perché è anche una questione morale.   Si potrebbe pensare che è giusto fare una cosa a prescindere dagli esiti se moralmente giusta, nel caso specifico riteniamo che sia, anche, una vicenda moralmente ingiusta.   Voglio anche dire, come sarà chiarito, che, pur sapendo bene che la Cina e la Russia non darebbero mai il via libera in Consiglio di sicurezza, per noi neanche l'intervento dell'ONU è sufficiente a scatenare una guerra da parte dei famosi gendarmi del mondo e della comunità internazionale.   Dico ciò per la comunità cristiana in Siria, al di là della vicenda legata al regime dittatoriale, feroce, quello di Assad, ma che non è da meno di altri tanti regimi in tutto il mondo e non soltanto quelli amici dell'Iran, piuttosto che della Cina, piuttosto che della Russia; ce ne sono tanti di amici in campo occidentale, amici degli Stati Uniti o, purtroppo, come è stato detto anche da altri colleghi, anche amici dell'Italia, dittatori infami con i quali il nostro Governo e tutte le parti politiche, da sempre, trafficano e trattano magari con grande rispetto.   Ebbene, noi riteniamo che un intervento militare esterno metta a grave repentaglio le libertà, soprattutto quella dei cristiani perché ovviamente noi siamo il Paese del Papa, siamo il Paese cattolico per eccellenza e sappiamo bene che la comunità cristiana è sotto attacco, soprattutto dalle milizie fondamentaliste che sostengono gli insorti; non voglio dire che bisogna bombardare i ribelli, ma voglio dire, in maniera meno paradossale, che bisogna avere l'intelligenza di capire che mai, come questa volta, il negoziato, la diplomazia, l'intervento della comunità internazionale può agire su tutte le parti in conflitto per mitigare i rischi per le popolazioni civili e per mitigare i rischi di crisi internazionale con scenari biblici.   Non dimentichiamo che – sebbene è evidente che il regime siriano di Assad sia una dittatura non meno feroce di quella dell'Arabia saudita, che è un nostro alleato, piuttosto che di altre dittature mediorientali – la crisi militare è indotta dall'estero. È evidente un atteggiamento panturco; la Turchia da anni sta soffiando sull'opposizione, è evidente che ci sono interventi finanziari cospicui per questioni antiche, tribali, piuttosto che politiche moderne, legate alle lotte tra le religione islamiche, piuttosto che le lotte politiche tra Iran e Arabia saudita. Non ci dimentichiamo, poi, la presenza di Israele, non ci dimentichiamo della presenza, signor Presidente del Consiglio Letta, dei nostri militari in Libano che verrebbero catapultati immediatamente in uno scenario di guerra.   Allora, credo che ci vuole prudenza, e mi sembra che sostanzialmente l'abbiamo avuta, e ci vuole un po’ di coraggio politico. Forse quella firma al G20 di San Pietroburgo è stata posta in maniera un po’ troppo celere e di condanna, guardiamo i nostri amici e alleati dell'Unione europea, della NATO, i tedeschi, che non hanno avuto un atteggiamento così disinvolto. La vicenda è molto meno chiara di quello che sembra; i nostri connazionali che sono stati lì, che hanno lavorato lì, qualcuno che è stato rapito hanno messo in luce, in evidenza, quello che il regime fa, ma anche quello che i ribelli stanno portando avanti in questi anni di guerra.   Credo che siano corretti il negoziato, la posizione diplomatica, multilaterale, sicuramente l'intervento dell'ONU e l'esclusione in maniera categorica dell'opzione militare a prescindere da qualunque intervento dell'ONU; non mi sembra che l'ONU si stia preoccupando del disagio, del massacro e della pulizia etnica dei cristiani in Iraq, piuttosto che delle grandi difficoltà in Egitto, così come in Libia e in Tunisia.   Pertanto, invitiamo il Governo a rimanere estraneo – e, in ogni caso, a non prevedere un nostro appoggio, neanche indiretto con basi e sistemi elettronici di difesa delle navi, degli aerei e dei radar – a ogni opzione militare degli alleati e anche dell'ONU.  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini, che illustrerà la mozione Giancarlo Giorgetti n. 1-00180, di cui è cofirmatario.  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, il documento che abbiamo depositato oggi non vuole assolutamente essere un documento retorico, una mozione in cui si dice «guerra sì, guerra no» e dove si parla sempre di pace, ma vuole essere – come ci insegna il modo di fare una buona politica – una sorta di anticipazione di quelli che potrebbero essere dei rischi seri e una sorta di avviso al Governo ad occuparsi a trecentosessanta gradi di quelle che potrebbero essere le conseguenze di un’escalation di guerra nel contesto siriano. Si tratta di rischi, dicevo, ai quali lei, Presidente del Consiglio Letta, ha esposto – mi auguro assolutamente in maniera involontaria, forse non se ne è reso conto –, con la firma che ha posto al documento di San Pietroburgo durante ilG20, 1.100 persone, 1.100 soldati italiani che si trovano nel contingente del Libano, rischi di quelle che potrebbero essere rappresaglie drammatiche da parte degli Hezbollah qualora – questo non se lo augura nessuno – il contesto siriano dovesse sfociare in un conflitto.   Noi vogliamo porre la massima attenzione su questo rischio e proprio per questo abbiamo presentato un documento che si discosta, non tanto nelle preoccupazioni, che sono largamente diffuse nell'opinione pubblica, non solo italiana, ma anche internazionale, però vogliamo porre l'accento su questo tema, che purtroppo con quella sua firma, che ha modificato pesantemente – senza nessun tipo di coinvolgimento preventivo del Parlamento – la posizione espressa dal Ministro Bonino il 27 agosto, lei pochi giorni dopo ha modificato la posizione dell'Italia, che tutti quanti ritenevano assolutamente condivisibile, perché subordinava qualsiasi tipo di intervento alla pregiudiziale di un via libera da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Lei invece – cercheremo di capirne poi i motivi dalla sua replica – l'ha modificata creando anche molta ambiguità, tant’è che c’è stato un imbarazzo assoluto alla conferenza stampa, dove gli Stati Uniti dicevano «l'Italia è con noi» e la Russia diceva «l'Italia è con noi», in sostanza.   Noi vorremmo due cose: prima di tutto che questa spaccatura che lei ha creato con quella firma in seno all'unità di intenti di tutta l'Unione europea venga in qualche modo chiarita, perché è un'ambiguità che ci potrebbe costare pesanti conseguenze. Proprio per evitare queste pesanti conseguenze e in virtù del fatto che il rifinanziamento delle missioni scade il 30 settembre – quindi in qualche modo dovrete, fra le tante difficoltà che vi affliggono, affrontare anche il tema del rifinanziamento delle missioni –, bisogna cogliere l'occasione, come ha fatto la Turchia con i propri Caschi blu e come hanno fatto anche gli Stati Uniti con il personale diplomatico non strettamente necessario, per ritirare immediatamente il contingente che noi abbiamo in Libano per non esporre 1.100 persone a rischi incalcolabili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), dati da quelle che potrebbero essere le reazioni da parte degli Hezbollah.   Non ci venga a dire, cortesemente, nella sua replica che il cacciatorpediniere Andrea Doria, schierato nel Mediterraneo a pochi chilometri di distanza dallo scenario libico, possa essere un sistema di difesa dei nostri uomini, perché quello ha sistemi di difesa contraerei, non ha sistemi di difesa contro gli Hezbollah, che hanno tecniche ben diverse, purtroppo, per fare delle rappresaglie e per cercare di mettere in difficoltà il nostro contingente.   Quindi, noi le chiediamo di valutare seriamente questo rischio, perché è un rischio assolutamente plausibile e che può – ripeto – determinare un’escalation anche molto rapida e di cogliere l'occasione, con il fatto che la scadenza del finanziamento delle missioni che sono in essere è al 30 settembre, per togliere questo contingente dal Libano ed evitare rischi incalcolabili alla sicurezza del nostro contingente in Libano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).