L'ingegneressa

Ritardo a lezione


Comunque, si sa, tutto si supera, e così avevo ricominciato a sentirmi bene, in pace con me stessa e con gli altri. I mesi passarono, e di nuovo era primavera. Come ogni mattina, anche quel giorno avevo preso il solito treno (non abitavo più a Padova, ero tornata a fare la pendolare) e avevo fatto la strada velocemente per non arrivare tardi a lezione. Erano già le 8.27 quando passai sotto il primo portico della facoltà, avevo solo tre minuti per attraversare il chiostro, passare sotto il secondo portico, attraversare il cortile e fare tre piani di scale per arrivare in aula. Era tardissimo..Fu a quel punto che lo vidi. Era seduto sui gradini che dalla porta del dipartimento di Costruzioni danno sul cortile, stava parlando con un’amica. Mi vide subito, e sentii il suo sguardo che mi seguiva fin quando entrai in dipartimento. Nulla di più.La stessa scena si ripeté ancora, per molte mattine. Io arrivavo di corsa, uno sguardo, e tutto finiva lì.Ogni volta che lo vedevo a lui si accompagnava un’emozione, ma non sapevo distinguere tra curiosità e desiderio di un sogno.Finché una mattina accadde qualcosa di inaspettato. Ero appena entrata dalla porta del dipartimento e stavo facendo le scale. Erano già le otto e mezza passate, come al solito ero in ritardo. Le lezioni erano già cominciate, infatti nell’atrio e per le scale non avevo incrociato nessuno studente. Si sentiva solo il rumore dei miei passi che rimbombava nell’ambiente, le mani che si appoggiavano sul corrimano in ferro battuto. Poi sentii il rumore di una porta che sbatteva; evidentemente, pensai, c’era anche qualcun altro che andava di fretta, lo sentivo correre verso le scale. Istintivamente mi fermai per un attimo e guardai giù, ero curiosa di sapere chi fosse. Ed era lui, affannato dalla corsa, che stava guardando verso l’alto, verso di me. Mi aveva seguita per vedere dove andavo.