L'ingegneressa

Solo un ciao...


Una mattina di ottobre andai in biblioteca a studiare. Le materie erano ostiche, io ero già indietro con la preparazione e quindi dovevo approfittare di ogni momento disponibile, però quel giorno proprio non riuscivo a concentrarmi, ero persa in mille pensieri. Guardai l’orologio: segnava le dieci e un quarto. “Farei meglio ad andare”, pensai tra me e me. La lezione di siderurgia sarebbe cominciata di lì ad un quarto d’ora. Mi alzai, riposi le matite nell’astuccio e il libro nella borsa a tracolla. Uscendo dalla sala, mi soffermai ad osservare l’alone dorato che i raggi di sole infondevano nel corridoio attraverso le antiche finestre di legno. Chissà se anche gli altri avrebbero notato la bellezza della luce mattutina… “Ciao”. Mi voltai e vidi Michele. Si trovava all’uscita dalla biblioteca con un paio di amici ed era bellissimo, aveva tagliato i suoi lunghi riccioli scuri ed ora aveva i capelli più corti; il suo viso aveva acquistato carattere ma gli occhi, i suoi dolcissimi occhi marroni che mi avevano colpita fin dal primo incontro, erano rimasti gli stessi. Ricambiai il saluto ed imboccai le scale.Lo incrociai spesso dopo quel giorno. Lo vedevo nel cortile della facoltà, mentre aspettavo mia cugina e lui correva a lezione con addosso una camicia di pile a scacchi, in stazione sotto il tabellone degli orari, per strada fermo al mio stesso semaforo, sopra un treno che partiva in un pomeriggio di pioggia…ed ogni volta ci salutavamo solo con un semplice “ciao”, un sorriso e tre secondi di occhi persi negli occhi…