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Erano solo attimi, ma da quel giorno iniziai a vederlo dappertutto: lo incontrai molte volte, spesso ci incrociavamo sotto i portici della facoltà, mentre uno usciva l’altro stava entrando, oppure per strada la mattina al semaforo, o ancora in stazione, la sera.. Sembrava quasi che ci fosse una sorta di destino, dovunque andassi lo incontravo. E non era per una pura questione di orari, spesso tornavo a casa a metà pomeriggio e lo vedevo in stazione, sul suo binario ad aspettare il treno, oppure lo vedevo passare nel vialetto di ingegneria, come quella volta che stava piovendo e si rifugiò sotto l’ombrello di un amico, io ero seduta con alcuni miei compagni di corso al tavolino del bar della facoltà.
Erano momenti, sguardi che duravano solo qualche secondo, infinite possibilità per un incontro che non avveniva mai.
Mai avevo sentito la sua voce, e tutto questo contribuiva a creare attorno a lui un alone di mistero, lo rendeva quasi surreale, come se fosse destinato a rimanere soltanto un’immagine ricorrente. Lo vedevo solo per poco, e comunque lasciava il segno. Ero incuriosita da lui, ma forse era solo per quegli occhi che ogni volta cercavano i miei e li incrociavano. Forse, chissà..
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