silenzio assenzio

λελε & la ballata del divino amore


e infatti alla fine me ne vado davvero e butto via ben trenta sacchi per un tassì che li mortacci vostri. così impari a farti trascinare in stì postacci che tanto lo sapevi anche prima di andarci come sarebbe finita. che poi ti girano le palle. e più ti girano le palle più sei attratto dal banco con la spina, haimè povero λελε.. e oddio che sono tutti questi dondolii? e questo ribollir di luci ad occhi chiusi?! dai prendi una cicca e accendila, che gesto atletico. l'omuncolo una fila avanti borbotta e abbassa un tango di Gardel."quella devi spegnerla" fa un gesto oscuro con la mano "c'è tanto di cartello"."uh", c'è tanto di cartello "accosti qui per cortesia che la finisco fuori".il tassì sputacchia e trotterella per un poco ancora. "guarda che non lo fermo il tassametro".tic tac tic tac.. notte di luna coi capelli appiccicati sulla fronte. dio che caldo qui. dio che pena un paese senza vento. fai due passi oltre il ciglio della strada, stringi la cicca tra le labbra e molli una pisciatina rapida cercando di scrivere il tuo nome sulla terra battuta. e c'hai il tuo bel da fare, nanche ti chiamassi Juan Ramon Jimenez. il suolo è così a secco che anche con tutte ste tenebre chiuse attorno al cazzo puoi vedere la sabbia che si alza al cospetto della tua gittata. hai la cicca ancora stretta tra le labbra, chiudi un occhio per evitare di accecarti con il fumo. inclini anche la testa. alle tue spalle Gardel ha ricominciato a cantare: 'Y la lámpara del cuarto/también tu ausencia ha sentido/porque su luz no ha querido/mi noche triste alumbrar'. senza motivo apparente ti plana addosso la serenità centenaria dei tuoi vent'anni. rivedi le pareti con la tappezzeria optical della tua prima stanza. ti giri, torni verso la macchina e, udite udite, stai sorridendo. dio quant'è impegnativa la tua felicità. al tassista fai capire che da lì in poi puoi continuare con le tue forze e il disgusto con cui ti porge il resto non è dissimulato di tanto così. e tu, mio dio, stai ancora sorridendo. la vettura di Gardel riparte sputacchiando e hai giusto il tempo di spegnergli la cicca sul tettuccio. un'altra cicca ti compare tra le labbra. chiudi un occhio e inclini la testa. davanti hai quell'oceano cobalto e sulla fronte ancora quei capelli disperati e sudatissimi.