IO CE L'HO PROFUMATO

VERITA' ZOPPE


Le bugie avranno pure le gambe corte, ma possono andare molto più lontano di tante verità zoppe.   (Alessandro Faverini)Tranquilli, si parla di verità al plurale e con la v minuscola. Poca roba, insomma, non sto facendo un giro di parole per attirarvi in trappola, e poi parlarvi, che so, dei sofisti o di Pirandello.Per parlare della Verità, al singolare e con la V maiuscola, ci sono in giro tanti capoccioni, alcuni dei quali, sappiatelo, si aggirano anche per i blog ca220ni come questo (vi ho visti, eh!). Anzi, ne approfitto per diffidarli dal lasciare commenti che vadano oltre le mie capacità intellettive (nel mio caso, sembrano due parole fuori luogo), con la minaccia di andare nei loro, di blog, ed imbrattarli con scritte del tipo VIVA LA GNOCCA, FORZA MILAN, MI CONSENTA.Ma torniamo a noi.Non avevo ben capito cosa volesse dire, il Faverini, con questo aforisma. Pensavo che le parole "verità zoppe" dovessero essere interpretate simbolicamente, finché non ho letto su un blog femminile, uno di quelli con lo sfondo nero, che ci mettono mezz'ora a caricarsi, l'accorato appello "voglio un amico sincero". Se l'aggettivo fosse stato anteposto al sostantivo, non ci avrei fatto caso. Invece, scritta così, la frase mi ha fatto venire in mente una persona che non vedo da un po' di tempo.Questo mio amico dice sempre la verità, o almeno ciò che lui ritiene tale. Ha sessant'anni, ed è di un candore senza eguali: non indossa mai alcuna maschera che possa renderlo più gradevole agli altri, ed ha un inconsapevole codice etico, secondo il quale è assolutamente lecito dire qualunque cosa che sia vera. Che riguardi se  stesso o altri, non è rilevante.Ora, prima di dire "bravo!", sarebbe bene riflettere anche sulla pericolosità sociale delle persone che dicono sempre la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, lo giuro! Anche su argomenti che potrebbero essere scabrosi.Lui, ad esempio, racconta tranquillamente a chiunque, ed anche a tavola, di come si sia beccato lo scolo in una casa di appuntamenti, e della manovra che il medico ha fatto per fargli espellere il pus che si era formato. Cose che conciliano poco l'appetito, credetemi sulla parola.Oppure, riferisce delle spropositate dimensioni del pene di un suo amico fedifrago, di cui fornisce anche le informazioni anagrafiche "si chiama Pinco Pallo, abita ad Abbiategrasso di Sotto, in Via degli Oleandri. Se non ci credi, ti do il suo numero di telefono, così puoi chiederglielo tu stesso". "Ma chi se ne frega, e poi posso chiamare uno che manco conosco, per chiedergli se è vero che ce l'ha lungo più di trenta centimetri, con i quali sollazza mezza Abbiategrasso di Sotto?". "Non ti preoccupare, digli che sei amico mio".Ancora. Una distintissima e matura persona gli ha telefonato, un giorno, per chiedergli dove avrebbe potuto baloccarsi un po' con delle signorine prezzolate, in una città straniera che il mio amico conosce molto bene. Lui, chiamando l'interlocutore alternativamente con nome, o con titolo più cognome, ha dato ad alta voce indicazioni dettagliate su prestazioni e tariffe, con allegato un suo autorevole parere sul rapporto qualità/prezzo. Il tutto davanti ad almeno dieci persone che conoscevano il malcapitato ed inconsapevole neoputtaniere.Ora sì che l'aforisma mi è chiaro, non c'è niente di simbolico: se aveste un amico (così) sincero, non vi verrebbe voglia di spezzargli tutt'e due le gambe?