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Quando avrai trascorso trent’anni della tua vita a mettere a punto dei fini metodi psico-pediatrici, medico-pedagocici, psico-pedo-tecnici, alla vigilia della pensione prenderai una buona carica di dinamite e farai discretamente saltare qualche isolato di un quartiere di catapecchie.

E in un solo istante avrai fatto di più che in trent’anni di lavoro.

 (Fernand Deligny)

 

 

« Blaise Pascalfrancesco di lorenzo »

francesco di lorenzo

Post n°207 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da francescodil_3

Frammenti_3

 

C’è sempre  un   dopofesta

Condito di  amarezza,

per non saper  bene

Quanto siamo soli,

quanto ancora si può  contare

sull’amore di qualcuno.

 

 

È vero, il sentiero non è ben delineato

E  io mi perdo girovagando  a caso

Facendo finta di sbagliare strada,

 

E per non dover ammettere  la mancanza

M’invento stanco e pigro

Ma è di altro che avrei bisogno,  proprio  adesso.

 

 

Il  giudizio  non è totalmente libero,

si confonde nella palude

dove strani uccelli colorati

emettono suoni limpidi e precisi,

 

chissà cosa vogliono dire

 e se  portano messaggi

un tantino interessanti  per me.

 

 

I pensieri deboli e le

Sensazioni forti

su queste autostrade inutili

non si adeguano a nulla

 

vorrà dire che penserò per altri  (e per bene)

o almeno tenterò.

 

Forse è impossibile  tentare di imbrigliare

Una sensazione andata a male.

L’ incomprensione ritorna

Sempre la stessa

Martellante e inutile

Come il tempo che passa

le ore vuote

i pomeriggi tristi

il senso perso

e tutto il resto.

 

 

Capire le cose è una inutile

Perdita di tempo

È uno spreco studiare

Approfondire gli argomenti.

 

 

 

Se finisse finalmente

Questa  eterna inquietudine

Se riuscissi almeno una volta

Ad incanalarla dove voglio io

O dove vuole lei

 In un qualsiasi posto  magari   

 

potrei sentirmi libero di

fare le cose che vorrei  da sempre

Fare e di cui  invece  non trovo ricetta

 

Se veramente scovassi  per una volta

quel  maledetto portone

Di quelli antichi, alti e spessi

che quando busso

invece di restare  sbarrato

 si aprisse con un  grosso cigolio 

e mi facesse entrare…

finalmente.

 

E così quando le sensazioni  forti

non ci basteranno più, perché

 i  pomeriggi  freddi  e nuvolosi (non solo climaticamente)

ci avvolgeranno,

basterà (chiedo)  il tepore dei nostri corpi a sciogliere

la  sensazione di inadeguatezza?

 

Quella tenera visione di me/di te

fermi sulla strada

in piedi, a  una stazione di servizio,

con la testa persa dietro immagini mitiche mai comparse,

perché,  in fondo,  di quelle fantasie  erano mitiche

solo le scarpe (tacchi alti o mocassini),

e sapremo d’improvviso che per far rivivere il sogno ci vuole altro,

forse qualcosa che non ci abita

o solo ci sfiora, anzi ci illude.

Ma noi saremo testardi  a dannarci l’anima per un nulla

che  faremo  finta  sia incontaminato.

Vivremo lo stesso, sai?   Cogliendo il presente e scommettendo

poco e niente sul futuro.

Sarà il nostro segreto,

e lo  custodiremo solamente io e te.   

 

 

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GIOVANI E SOCIETÀ

Provate a  dare uno sguardo a come i giovani proletari vengono formati in strada dalla mancanza di riferimenti e di interessi, dall’essenza di dialogo con la società, dalla ghettizzazione rotta solo con la violenza o con la partecipazione al consumo, da quanto si potrebbe fare in termini di spazi, strutture, educazione e cultura e da quanto invece non si fa. (M. Braucci)

 

L O STILE

 

Io sono così. Nei miei libri racconto i fatti, che sono la vera cosa importante. Tutto accade in modo crudo e semplice. Sono le persone che ci ricamano intorno. Certamente questo stile riflette anche il mio modo di essere. Ho faticato molto per trovare il mio stile, quello che meglio mi si adattava. I miei primi scritti erano poesie, ed erano totalmente differenti, meno tristi anche.  Non ne ero soddisfatta però, ritenevo di scrivere come tutti gli altri, che nel mio modo di scrivere non ci fosse niente di originale. Ero anche stanca di quel linguaggio così enfatico e sentimentale. Volevo scrivere in modo più asciutto e più oggettivo. Così sono arrivata a questo stile, meno lirico, più scarno, ma che mi rispecchia anche di più.

(Agota Kristof)

 

PREVÉRT E LA POESIA

L’intelligenza non aiuta affatto a scrivere belle poesie; essa può tuttavia evitare di scriverne di brutte. Se Jacques Prévert è un cattivo poeta è soprattutto perché la sua visione del mondo è piatta, superficiale e falsa. Era già falsa ai suoi tempi; oggi la sua nullità appare lampante, al punto che l’intera opera  sembra lo sviluppo di un gigantesco luogo comune. Sul piano filosofico e politico, Jacques Prévert è innanzitutto un libertario, cioè, fondamentalmente, un imbecille.

 

Michel Houellebecq

 

 
 
 
 

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