L'angolo di Ishtar

ISTHAR II PARTE


Ishtar, regnava anche su tutti i cicli o mesi lunari dell’anno; e la fertilità dell’anno stesso, cioò  tutto quello che era nato durante i dodici mesi, veniva considerato un suo frutto. Suo figlio, Tammuz, era la vegetazione di tutta la terra. Veniva chiamato Urikittu, il Verde. Nella leggenda, col sopraggiungere della virilità, diviene il suo amante. Anno dopo anno  però, essa lo condanna alla morte, e verso la fine  dell’anno, intorno al tempo del solstizio estivo, egli muore e scende nell’oltretomba. In Mesopotamia, il rigoglio primaverile ha vita molto breve, bruciato dal sole estivo, e per questo la morte di Tammuz non avviene in autunno, quando ad esempio da noi la natura entra nella fase del riposo,  ma all’inizio dell’estate. Alla sua morte, la dea, e tutte le donne con lei, prendono il lutto nel mese chiamato con il suo nome, Tammuz.Il lutto rituale per Tammuz richiama il digiuno annuale dei lamento per la morte di Adone. Il lutto di  Ishtar per Tammuz  (o  di Afrodite per Adone) è l’origine mitica del digiuno delle lamentazioni, che costituì un rituale di primaria importanza nella religione della Grande Dea. A quanto pare esiste una certa corrispondenza con il Ramadan,una delle cerimonie religiose più importanti- dei maomettani, che sembra essere l’antico  lutto per la morte di Tammuz. Così ogni anno, Tammuz moriva e discendeva negli inferi. Ishtar e tutte le donne entravano  in lutto per lui, e infine essa intraprendeva il pericoloso viaggio nella terra del Non Ritorno, per liberarlo. Ishtar, è considerata Regina sia degli Inferi, che del Cielo e della Terra poiché come la Luna, essa passa attraverso i Mondi Superiore e Inferiore. Quando la Signora Ishtar era via negli inferi, la terra cadeva in un periodo di terribile depressione e disperazione. Durante la sua assenza non poteva essere concepito nulla; gli uomini e gli animali, alberi o piante non potevano riprodursi ed ancora peggio, non lo desideravano neppure. Sembrava che il mondo in toto, fosse sprofondato in una sorta di inattività senza speranza, una specie di lutto in attesa del suo ritorno. Era soltanto dopo che lei tornava  sulla terra, che la fertilità  e anche il desiderio sessuale, tornavano a vivere. La seducente dea aveva molti amanti. Era venerata come colei-che accettava-tutto. Essendo una dea, Ishtar doveva agire secondo la sua natura, e la sua natura era tale che dove essa amava, lì doveva darsi. Come la luna, non può mai essere posseduta. È sempre vergine. Questa concezione della natura della dea, è in deciso contrasto con l’ideale del matrimonio, che vivano divinità come Era. La fedeltà alla parola data è il principio che viene venerato. Nel caso di Ishtar si tratta di fedeltà, non ad un contratto, ma al sentimento attuale, alla realtà come è vissuta nel momento.