Io sono vivo

11-02-2010


Sto appoggiato al bancone del bar, del solito bar del centro, dove mi conoscono e mi salutano anche lampadari. Sto leggendo con poco interesse la colonna dei fatti locali, dell’ennesimo amministratore arrestato per concussione e del bordello delle cinesi i cui migliori clienti erano poliziotti e vigili urbani. Alzo lo sguardo la scorgo e la fisso per un po’.Vedo una donna. Una donna qualunque, forse ancora una ragazza.Una di quelle che si curano tutte le settimane dal parrucchiere, che appiccicano il naso alla vetrina del negozio di scarpe quando gli passano avanti, che sono abbonate a Vanity Fair, che sono cronicamente stitiche, che si truccano poco e che si depilano con dolore.Una di quelle che escono con le amiche, che chattano su internet, ma non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura, che si vedono sempre grasse e che vorrebbero un lavoro migliore.Una donna che biasima i tifosi di calcio, che accende gli incensi puzzolenti in casa, che adora l’Ikea e da tempo cerca, ma non trova, l’uomo “giusto”. Anche perché un uomo realisticamente “giusto”, semplicemente non c’è, non è mai esistito da Adamo compreso, in poi.Ha qualche anello alle dita, beve un caffè anche se è già  è un po‘ nervosa. Sarà perché è sola, chi aspetta non è ancora arrivato, ma fuori fa troppo freddo.Il mio bicchiere di acqua tonica è quasi alla fine. Lo stomaco è un po‘ gonfio e rutterei in modalità bitonale se non fossi in mezzo al pubblico. Aspetto una persona. Una di quelle che ha il ritardo profondamente integrato nel proprio stile di vita, così solidamente incastonato nei propri ritmi da non far più nemmeno perdere la pazienza. Ed infin dei conti io ho molto tempo da perdere. Tutto quanto direi.Dal suo posto, guardando attraverso la vetrina, può osservare il passaggio alternato ed un po’ confuso dei pedoni.Per quanto eluda malamente una certa impazienza non credo sita aspettando un uomo. Se fosse in attesa di uno di noi bonobi testosteronici, magari uno che le piace anche, si sarebbe preparata diversamente, avrebbe lasciato i capelli sciolti, avrebbe concesso un po’ di più alla scollatura ed avrebbe aspettato a prendere una consumazione. Reputo che stia attendendo una o più amiche. O magari un uomo che non le piace un granché.Vista così da seduta, un po’ stretta su se stessa, non è una di quelle bellezze eccessive, che ti giri a guardare quando passa.Eppure ha qualcosa di intrinsecamente attraente, oserei dire sensuale.Forse mi sbaglio o forse perché l’esposizione delle sue carni non è il toppo ovvio strumento di seduzione usato.E’ qualcosa che trovo nel modo con cui muove le mani, nel maxillofacciale tra mento naso ed occhi, e poi sulla fronte, nelle rughe naturali di un viso pulito. Certo se fossi un uomo diverso, o forse se fossi davvero solamente un uomo, muoverei verso l’approccio.Ma da mezzo marinaio che sono, o meglio che nemmeno sono, non amo ammiccare alle persone e del tutto poco fiero di me medesimo, del mio aspetto dimesso, della poca luce del mio spirito non reputo di avere i talenti per attirare anche solo uno sguardo.La guardo forse troppo insistentemente. Ho il sospetto che se ne sia accorta quando butta tre o quatto sguardi veloci da questa parte del salone. Sono veloci ed improvvisi. Sembrano quelli di un leprotto in difesa… o quelli di un rapace in caccia.Nel distogliere lo sguardo in fuga dall’imbarazzo di incrociare il suo, mi accorgo di non essere il solo ad osservarla. Ci sono almeno altri due o tre uomini che la squadrano, la scannerizzano. Mi sembrano un po’ più morbosi di me, ma il mio giudizio è troppo sommario ed immotivato. In fin dei conti l’ormone è un ormone ed io ho la tendenza a reputare idioti o schifosi un po’ tutti quelli che non sono io.Il pirla ritardatario arriva. Chiacchieriamo un po’, prendiamo qualcosa da bere insieme. La guardo ancora, non appena posso, ma il mia attenzione è allontanata dalla conversazione con il mio ospite. Vedo che uno le si avvicina e le scambia qualche saluto, non era tra quelli che avevo notato la stessero puntando. Non riesco a cogliere i dettagli. Magari sono davvero amici.Passo un DVD con una serie di specifiche tecniche e dei disegni al mio interlocutore, lui mi mostra una serie di foto dallo schermo di un cellulare. Poi prendiamo un paio di decisioni affettate. Io le ritratto dopo un po’, poi ne prendo altre.Lei intanto, d’un tratto, si alza e si prepara in fretta, con uno strano cappotto grigio ed una sciarpa molto colorata. Paga il suo caffè e sull’uscio del bar si incontra con una ragazza alta e bionda: ecco chi stava aspettando. Spariscono in un istante dietro all’angolo.Intanto lui finisce il suo aperitivo ed io ho bisogno di fumare ed in un certo senso di inseguire almeno per un attimo, l’inconsistente scia di quella ragazza “qualunque”.Gli stringo la mano facendo il gesto che indica che il conto sarà affar mio. Ci lasciamo.Sono certo di non trovare nessuno una volta girato quell’angolo di strada, quindi lo volto con la sbadataggine di un qualunque passante.Invece lei è lì. Di fronte a quella vetrina di scarpe, con l’amica alta.Questa volta è lei che mi fissa, con uno sguardo limpido ed io sento un imbarazzo pungente. La mia psiche alterata mi è di impiccio.Proseguo la strada stretto dentro al mio cappotto. Venti passi, trenta… rallento… trentacinque.Mi fermo e mi giro. Una parte della mia testa, quella più sana, o forse quella più malata, vorrebbe intensamente che lei fosse ancora lì a guardare quella vetrina. L'altra, invece, processa con velocità spedita tutto l’elenco di locuzioni a me note, anche un paio di teoremi di Fermat. Non so cosa diavolo dire o fare in una situazione del genere. Non ne ho idea.E lei è ancora lì…… ma so che non è vero. E’ solo una delle mie tante piccole allucinazioni.