Creato da In_Chiave_di_Violino il 09/01/2013

Armonia

Allegro ma non troppo

Un pò di me

Post n°82 pubblicato il 01 Agosto 2014 da In_Chiave_di_Violino

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Il fatto è che tempo fa (e purtroppo per "tempo fa", ormai, intendo la mia adolescenza) sentivo il bisogno di scrivere e condividere con il mondo quello che mi succedeva, ogni giorno. Cose noiosissime e banalissime, a ben pensarci. Ma ero fatta così. Mi piaceva coinvolgere più gente possibile nelle cose che facevo, e pensare che tutti sapessero di me senza che io dicessi loro niente: "loro sanno perché hanno letto". Ragionamento assurdo, eh? Però le cose stavano esattamente così. Forse avevo bisogno di sentirmi apprezzata, forse sentivo la necessità di sentirmi, seppur per qualche minuto, al centro dell'attenzione altrui, come se la mia vita non avesse senso se non fosse stata giudicata da qualche sconosciuto che googlando passava di lì.

Sono cresciuta, e sono maturata in tantissime cose. Ho scoperto il concetto di gelosia, a me assolutamente sconosciuto. Non sapevo cosa fosse la gelosia, in nessun senso. Non avevo il bisogno di sapere che qualcosa era mio e solo mio, anzi, avevo l'urgenza di mostrarlo e condividerlo immediatamente. Ora sono diversa. Sono gelosa. Gelosa delle mie cose, gelosa dei miei affetti, gelosa di quello che vivo. Non ho più così voglia di condividere agli sconosciuti ciò che mi accade. Forse non ho più bisogno dell'approvazione altrui. Come lo chiamate voi, "età adulta"?

Se tutte le cose che mi stanno capitando ora mi fossero successe in età adolescenziale, avrei davvero potuto scriverne per mesi. Niente di eclatante, intendiamoci: un nuovo lavoro, una nuova macchina, una nuova casa, l'uomo della mia vita che si sveglierà tutte le mattine con me accanto, cose banali, se ci si pensa bene. Non ho scalato l'Everest, non ho vinto una medaglia d'oro. Ma sono cose tanto "banali" quanto preziose. Sono la mia vita. La mia nuova vita.

E nella mia nuova vita ci sto davvero bene.

E sono così terrorizzata dall'idea di perdere tutto che forse è per questo che non ne voglio più scrivere. È come se il riportare su carta la mia felicità di colpo la svilisse, la consumasse. Non riesco più a parlare di me. Come quando le nonne tengono la poltrona buona, in salotto, avvolta nel cellophane, perché non si impolveri. Hanno il terrore che si rovini. Ecco, io ho incellophanato la mia vita. Santo cielo, il paragone è davvero penoso, ma tutto sommato non si allontana di molto.

Però mi sta tornando la voglia di scrivere. Dovrò dunque trovare un compromesso: o comincio a parlare di me in terza persona, alimentando quindi disturbi della personalità, oppure parlerò di altre persone. O del mio io adolescenziale, quello che scriveva al mondo qualsiasi cosa capitasse.

Vedremo.

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