Creato da: ocsurte il 23/05/2012
dopo niente è più lo stesso

 

 

 

 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 

Area personale

 

Ultime visite al Blog

MidnightPoison18PolvereRugiadaNarcysseLutero_Paganoole170fin_che_ci_sonoocsurtekimtyoscardellestellelubopomakavelikaelektraforliving1963Regina_cretinail_pablo
 

I miei Blog Amici

 

 

 
« A volte ritornano (cit.)Roberto »

Lo Zingaro

Post n°73 pubblicato il 23 Maggio 2013 da ocsurte

 

Roberto  parcheggia l'alfa nel posto assegnato sotto la palazzina e rincasa.   Incontra il sorriso stanco di Marcella,  vorrebbe avere la determinazione capace di sgombrare le ombre che angosciano quel cuore che ama, non può altro che stringerla in un abbraccio carico di silenzio.  Poi si scuote, dedica la sua attenzione al piccolo Luca, che gioca nella cameretta con un compagno, figlio di un collega della centrale.  Tutta la forza del suo carattere,  Roberto la impiega in questo; far si che Luca non respiri l'aria di disperazione che ammorba  quella casa. Probabilmente sarà costretto a lasciarli,  quando gli verrà imposto di abbandonare il suo incarico alla centrale. Non potrà fare fronte agli impegni, una volta che il suo stipendio verrà decurtato delle indennità derivanti dalla mansione. Molto presto verrà convocato in direzione e destinato ad un lavoro di ufficio per un periodo di sei, otto mesi, in quanto avrà raggiunto la dose massima di radiazioni ammessa dalla legge per i lavoratori esposti.  Contestualmente inizieranno piccole e sottili ritorsioni che la direzione attuerà per farlo sentire inutile, un peso per quella amministrazione pubblica che si vanta di essersi dotata di regole privatistiche. Forse verrà dimenticato per mesi in qualche ufficio, senza che nessuno si preoccupi di dargli un incarico. Magari verrà mandato a Parigi alla sede centrale di Areva per un qualche corso  di riqualificazione o colloquio. Magari quando si presenterà a Parigi, dopo dieci o quindici giorni di attesa, gli diranno che il corso non si farà e lo rimanderanno indietro. Ne ha sentite di storie, Marcello, di tecnici a cui era scaduto il periodo di esposizione professionale e del trattamento che veniva loro riservato. Questo è quello che lo aspetta, uno stipendio ridotto a 1200 euro e un susseguirsi di umiliazioni e vessazioni. La privatizzazione del rapporto di lavoro per i pubblici dipendenti aveva attecchito bene, non c'è che dire.  Alle urne tutti contenti a sostenere quelle forze che dicevano di combattere sprechi e privilegi. Questo il risultato: meno diritti per tutti, a parte dirigenti e burocrati, e mano libera ai capitani coraggiosi degli appalti, che lucrano sulla precarietà del lavoro.  Roberto quel pomeriggio nella palazzina avvertiva una sensazione nuova, a cui non sapeva ancora dare una fisionomia. Osservava Marcella intenta a preparare la cena, ascoltava i bambini assorti nei loro giochi. Avrebbe voluto parlare, trovare risposte.  L'incontro di quel mattino con il tecnico danzante davanti alle barre di plutonio, l'averlo riconosciuto come il suo primo maestro alla centrale, l'averlo inseguito poi sulla strada che conduce al villaggio, gli avevano lasciato dentro una agitazione di pensieri e sensazioni che gli correvano lungo la pelle. Non sapeva, se da tutto quello che gli era capitato quel giorno potesse nascere un qualcosa, una speranza, un sostegno a cui aggrapparsi. Roberto sapeva che doveva parlare con quello Slavo minuto ed energico che gli aveva insegnato i rudimenti del suo lavoro e che aveva inaspettatamente ritrovato aldilà di una spessa parete di piombo.  Quella notte, sotto le lenzuola, accarezzò a lungo i capelli biondi di Marcella.  Non le parlò.  Non volle confidarle pensieri a cui non osava attribuire il valore di speranze.  Tenne per se gli accadimenti di quel mattino e le mille domande che avrebbe voluto rivolgere allo zingaro. Accarezzò a lungo i capelli biondi di Marcella e si ritrovarono a fare l'amore come non accadeva da troppo tempo. In silenzio, con le lacrime che si confondevano sui volti.  Una dolcezza infinita.  Alle cinque del mattino Roberto è seduto in macchina, duecento metri prima della sbarra posta all'imbocco del rettilineo che conduce alla centrale. Non si illude di eludere le telecamere poste un po' da per tutto, non è affatto certo di sfuggire al controllo del PLC, ma sa che a quell'ora entrano i tecnici che lavorano privatamente alla centrale, tra questi deve per forza esserci il suo zingaro.

Adamo, sapevo che dovevi essere tu,  intorno a quella barra di plutonio. Ho riconosciuto i tuoi passi di danza. Quanti anni sono passati, quattro, forse di più?

  Dalla terza, quarta macchina che Marcello  fermava ponendosi imprudentemente in mezzo alla strada, ne era uscito un biondino asciutto e nervoso dai tratti spigolosi e i  baffetti sottili.  Lo zingaro non era per niente felice di incontrarlo, e non dissimulava affatto tutta la sua irritazione.

-Cristo, Marcello, cosa vuoi? Sai che non è permesso nessun contatto tra gli esterni e i dipendenti della centrale.

Adamo si muoveva a  scatti,  era nervoso e l'unica cosa che voleva era rinchiudersi in macchina e imboccare il rettilineo che, oltre la sbarra, conduce alla centrale. Pensava, poi, che il PLC l'avesse sicuramente visto arrivare, quindi aveva un tempo ben preciso per giungere al cancello di ingresso. Non era proprio il caso che si dedicasse alle rimpatriate.

-Almeno spiegami, Adamo, com'è che ti ho conosciuto dipendente di Areva e adesso ricompari cosi. Eri il mio caposquadra, hai insegnato il mestiere a tutti noi. Ti occupavi della nostra sicurezza, quando c'eri tu nessuno si è mai fatto male. Poi sei sparito, misteriosamente, non hai neppure salutato i colleghi. Avvenne in uno di quei periodi di fermo biologico, quando ti tolgono dalla squadra di intervento e ti sbattono in qualche ufficio. Dimmi, Adamo, come ci sei finito tra i tecnici con la partita iva?

Marcello incalzava Adamo. Era determinato ad ottenere delle risposte. Se c'era un modo per non incorrere nei tagli alle indennità a cui si stava avvicinando avendo quasi raggiunto la dose massima di radiazioni prevista dalla legge, lui lo voleva conoscere. Se, come sospettava, quel modo Adamo lo aveva scoperto, avrebbe fatto qualsiasi cosa, per indurlo a rivelarglielo.

-Fai domande che non dovresti nemmeno pensare. Cerchi strade che solo la disperazione può indurti a percorrere. Dovresti stare con Areva ad ogni costo,  dovresti farti i tuoi periodi in ufficio. Per te, credo, sarebbe la prima volta, dato che non sarai mai arrivato a 500 millisieverth. Certo, lo sai, ti tratteranno male, ti faranno sentire di troppo, inutile. Ti metteranno a passare le scartoffie, le scartoffie più inutili che troveranno.  Però per indurti ad imboccare quelle strade che tu ora cerchi di immaginare, ci vuole altro. Ci vuole che la tua disperazione sia tale da far perdere importanza alla tua vita, ci vuole che quello che devi salvare, non so, magari una casa per tua moglie e tuo figlio, diventi più importante della tua stessa vita.

Adesso Marcello tratteneva lo slavo per un braccio, come a scongiurare che quel fascio di nervi e muscoli potesse sfuggirgli portando con se le risposte che attendeva.

-Parlami di quelle strade, Adamo. Quelle della disperazione, intendo.

Infastidito dalla stretta al braccio e da quelle domande sempre più incalzanti,  Adamo si svincola con uno strattone. Sente di aver ormai oltrepassato la soglia per cui si debba avere del riguardo per qualcuno. Adamo è solo,  ferito nell'anima e minato nel fisico. Un uomo a perdere, che ha deciso di lasciarsi uccidere dalle radiazioni con l'unico obiettivo di lasciare una casa ad un figlio che ha avuto anni fa. Unica parentesi di luce in una vita trascorsa nell'oscurità. Non sa neanche dove si trovino, quel figlio e la donna che l'ha partorito. Non ha nessuna intenzione di mettersi a parlare di questo con Roberto. Lui, non gli deve niente, come non deve niente a nessuno e a se stesso. Solo quel figlio, conta.

-Non sono strade che si imboccano per libera scelta, queste. Non c'è alcuna domanda da presentare o modulo da riempire. Solo la disperazione, conta. Se la tua disperazione sarà buia, totale, priva di uscita, vedrai che quell'ubriacone del tuo colonnello se ne accorgerà e se ti riterrà veramente pronto, ti farà una proposta. Una proposta che tu accetterai.  Nessuno ha mai detto no a Ferrettì.

Detto questo, Adamo è più che certo che quella conversazione sia durata anche troppo. Molla uno spintone a Roberto sbattendolo per terra. Se ne vuole andare ora, scongiura il pericolo di essere ancora spiacevolmente trattenuto. Sale in macchina e si accosta alla sbarra,  percorrendo quei duecento metri dal punto in cui Roberto è ancora seduto sul ciglio della strada. Il PLC alza la sbarra,  Adamo si avvia sul rettilineo alla velocità costante di 70 Km/H. (continua)

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Commenti al Post:
salvogiuffrida1960
salvogiuffrida1960 il 25/05/13 alle 11:38 via WEB
Sul lago di cinismo avevi ragione…
Che bello se fatti del genere fossero solo fantasie…etrusche!
Buona giornata Stefano :)
(Rispondi)
 
 
ocsurte
ocsurte il 25/05/13 alle 21:34 via WEB
Come si dice..Questa è una storia di fantasia e ogni riferimento a fatti e personaggi realmente accaduti è puramente casuale. O forse no. Saluti, Salvo :)
(Rispondi)
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963