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La bottiglia di Pernod

Post n°76 pubblicato il 08 Luglio 2013 da ocsurte

 

Roberto spinge il carrello delle pulizie attraverso i corridoi delle aree classificate. Sosta davanti agli uffici, entra e svuota i cestini, passa la scopa elettrostatica. Spolvera le scrivanie ingombre di documenti riservati, lava i pavimenti di gres porcellanato chiaro con lo straccio umido. Passa poi ai bagni, locali sufficientemente ampi e luminosi divisi in due tra maschi e femmine, che si aprono sul corridoio, uno ogni dieci dipendenti. Stessa pulizia anche più accurata, controlla che non manchi la carta igienica.  Svolge con diligenza, il suo nuovo incarico alla centrale. Roberto, figlio di operai, sa che ogni lavoro ha la sua dignità, se svolto con passione e professionalità. Un cattivo dirigente o funzionario infedele non vale un addetto alle pulizie capace e onesto. un semplice postulato che rimetterebbe ordine in questo mondo dai valori rovesciati, dove è importante l'apparire invece dell'essere. Dove raccomandazioni e rampantismo si sostituiscono all'impegno e alle capacità. Sono scoccate le ore sedici, pochi impiegati si attardano negli uffici. Si dirige verso l'ufficio del colonnello Ferrettì, è atteso per discutere del suo futuro alla luce di quel cambio di mansione. Roberto, ex addetto allo smantellamento di siti nucleari, spinge il suo carrello nel corridoio della direzione del personale civile ed entra nell'ufficio del dirigente, dove fa mostra di se il tricolore blu bianco e rosso della bandiera di guerra coperta di medaglie, di un qualche reggimento d'elite dell'Armee. Ad accoglierlo non è il colonnello, che rimane seduto sulla sua poltrona dirigenziale a sei ruote, dietro l'ampia scrivania in noce intarsiato, bensì il Direttore in  persona che, a differenza del colonnello fasciato nella sua bella divisa verde oliva ornata da nastrini e riconoscimenti, sfoggia abiti civili di buona fattura.

R.(pensa): Strano, il Direttore in borghese di fronte alla bandiera di guerra del reggimento, un atteggiamento marcatamente informale.

E poi ancora:

R.(pensa): La bandiera di guerra nell'ufficio del colonnello anziché in quello del Direttore. Deve essere vero, dunque. Il potere, in questo centro, è completamente nelle mani del capo ufficio del personale, l'ineffabile colonnello Ferrettì.

Poi il suo sguardo scivola sulla bella scrivania di noce intarsiato.

R.(pensa): Noce Italiano, lavorazione artigianale di eccellente fattura indubbiamente Made in Italy, con buona pace della Grandeur.

Sulla scrivania nota due bicchieri sporchi che associa al consueto, palpabile odore di assenzio che aleggia in quelle stanze, volge lo sguardo alla vetrina di noce e cristalli antichi che fa pandance con la scrivania. La bottiglia verde con il collo argentato spicca, in posizione centrale e prominente, rispetto ad altri anonimi liquori.

R. (pensa): Compagni di bottiglia, i due ufficiali.

Il Direttore lo accoglie, invitandolo a sedersi su una delle sedie, Roberto sceglie quella che da le spalle alla finestra, in modo che il suo interlocutore si trovi con il sole negli occhi. Un punto a favore del neo addetto alle pulizie. Il Direttore, benché sia un consumato uomo d'armi, commette l'errore di attaccare da quella posizione strategicamente svantaggiosa, neanche fosse un tenente alle prime esperienze, di quelli che l'immaginario militaresco definisce "carne da cannone".

D. (parla):Lei, Rigamonti, deve decidere del suo futuro, ormai per noi non è niente di più di un 58,5. Come gli operai della Superàl che non contribuiscono appieno alla causa, lei è un peso.

Interviene il colonnello, dalla sua bella poltrona di pelle.

F. (parla):Suvvia, Direttore, il nostro Roberto ha sempre dato un valido contributo alla causa, vedrà che troveremo il modo, in questa situazione che si è modificata senza che sia colpa di nessuno, di impiegarlo ancora proficuamente.

Roberto non riusciva a credere a quello che stava udendo.

R. (pensa): Due ufficiali, due dirigenti da quindicimila euro e passa al mese che giocano al poliziotto buono e al poliziotto cattivo.

Il Direttore insisteva con il suo attacco scomposto, la posizione fronte sole che Roberto gli aveva imposto con abile mossa, non lo agevolava e rischiava una figura barbina, nello inveire contro quel nemico di cui individuava solo i contorni, nel bagliore accecante del sole. Il colonnello Ferrettì si rese conto che quel cialtrone del Direttore rischiava di rovinare un copione attentamente messo a punto e decise che era opportuno  rischiare, saltando diversi passaggi. Intervenne come non avrebbe voluto, forzando i tempi e rivelando le sue vere intenzioni. Una cosa che lo contrariava molto, perche andava contro la sua natura.

F. (parla): Lo sa che noi conosciamo dei dentisti, a Thimisoara, in grado di fornirle ogni dosimetria di cui abbia bisogno. Pensi come sarebbe facile. Potrebbe licenziarsi dalla Armee e mettersi in proprio, dotarsi di partita iva. I nostri amici Rumeni le farebbero ottenere tutta la documentazione necessaria e le relative relazioni mediche, tutto in regola. Sarebbe ancora tra noi, alla dismissione dei siti e, da privato, guadagnerebbe molto di più. Non mi dica che un italiano grande e grosso come lei si lascia condizionare da un paio di Sihevert.

Roberto chiede il permesso di tornare al suo lavoro, doveva finire di pulire gli uffici che si affacciano sul corridoio della direzione del personale. In quella breve ma significativa conversazione con i suoi dirigenti, praticamente non aveva aperto bocca. Solo un generico impegno a pensarci. Esce dall'ufficio e spinge il carrello davanti alla segreteria particolare del Direttore, l'ufficio contiguo a quello del colloquio appena terminato. Saluta i militari riuniti davanti ad una delle scrivanie e si fa posto, per raccogliere il cestino della carta straccia in mezzo alle loro gambe. Nel far questo, infila una pennetta da 36 giga nella porta USB del pc di quei ragazzi. Subito un programma autoinstallante comincia ad aprire ed immettere in rete i file più disparati contenuti nella memoria della pennetta. Il plc della sala server si attiva per rispondere a quello che vede come un attacco esterno e sottrae energia a tutti i sistemi di sicurezza, per concentrarsi a bloccare i file che, a migliaia, vengono indirizzati verso la condivisione di tutti i client della base. Le telecamere installate in tutti gli uffici e in tutti i corridoi sono inattive per mancanza di attenzione del plc, che è programmato per privilegiare l'emergenza di un attacco da parte di hacher, alle normali funzioni di gestione. Contemporaneamente, l'ufficiale responsabile della sala server chiama il Direttore per in formarlo dell'emergenza. Questi si precipita nel bunker dei terminali seguito da Ferrettì  ed altri ufficiali addetti alla sicurezza. Roberto torna sui suoi passi e, davanti alla vetrina di noce e cristalli afferra senza indugio la bottiglia di Pernod. Estrae dalla tasca della sua tuta da operaio una siringa da insulina e, attraverso la fessura del tappo salva goccia, inietta nella bottiglia la soluzione di acqua distillata, acido nitrico e sali di polonio. Agita leggermente il contenuto, per favorire l'omogeneità della soluzione e la ripone nella vetrina. A quelle concentrazioni, il polonio ucciderà molto lentamente. Saranno necessari mesi o forse anni, durante i quali le condizioni generali dei due ufficiali decaderanno lentamente ed inesorabilmente. Soprattutto, una volta ingerita quella sostanza non potrà più essere espulsa da loro organismo. Non c'è antidoto o cura ed è anche praticamente impossibile che venga individuata, a meno di difficili ed improbabili ricerche mirate. Roberto si avvia verso gli spogliatoi e, fatta la doccia e indossati i suoi abiti, verso l'uscita. Squilla il cellulare nella sua tasca. Probabilmente il plc, impegnato a cancellare i file che la pennetta USB continua ad inviare, ha abdicato anche alla funzione di schermare tutte le chiamate di tutte le reti dirette verso la base. E' Marcella.

M. (parla): Amore! Quando verrai via dalla centrale, ti stiamo aspettando. Luca chiede del suo papà, non vede l'ora di farti vedere la scuola del paese che frequenterà quest'anno. Dice che gli hai promesso che ce lo accompagnerai ogni giorno con l'alfa romeo.

R. (parla): Una promessa che manterrò, stai certa.

M. (parla): Mio padre dice se puoi occuparti tu, di ritirare il primo lotto di viti arrivate al consorsio agrario, è il tempo di iniziare l'impianto dei nuovi vigneti. Sai che conta su di te.

R. (parla): Non ho mai deluso chi, con affetto e sincerità, ha fatto affidamento su di me. Mi sono battuto con tutte le mie forze, perché questo non accadesse. Non accadrà.

M. (parla): Dunque, quando tornerai tra noi? Non hai ancora terminato li alla centrale?

R. (parla): Dovevo finire un lavoro, perché non è bene che rimangano conti in sospeso. Per la memoria dei colleghi che si sono ammalati e sono morti, perché non accada ancora. Non è giusto fare finta di niente. Ora il mio compito è finito. Torno oggi stesso, aspettatemi. (fine della storia)

 

P.S. Chiedo scusa agli amici Rumeni, in particolare agli odontoiatri di Thimisoara e più in generale a categorie o singoli che possano sentirsi offesi. E' ovvio che trattasi di storia di fantasia.

 

 

 

 
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