Caricaaaaaaaaaa” era il grido di battaglia. Ultras senza
paura il Giampo è stata la scheggia impazzita del movimento. Ce n’erano di più
grossi (non tanti), sicuramente di più cattivi, ma nessuno così fuori. Fuori da
tutti gli schemi. Antesignano del casual il Giampo non si vestiva da ultras.
Non ha mai dovuto ostentare niente. Camicia bianca e pantaloni spinati. Niente
jeans, felpe o magliette strane. Lui era lui, e bastava. Era un leader assoluto
a Mestre (senza volerlo essere), ma lo sarebbe stato a Verona, a Milano, a
Roma. La sua breve vita potrebbe essere un romanzo davvero.
Un giorno mi disse che aveva bisogno di qualche soldo. Lo
presentai al mio titolare genovese. Il giorno dopo mi prese da parte e mi
disse:”Mi dispiace, sembra un bravo ragazzo, ma se non sbaglio quello è il
Giampo, sei pazzo a portarlo qui dentro?” Episodi da ricordare? Troppi. L’ho
conosciuto prima di un famoso derby di basket. C’erano i soliti problemini di
biglietto e a Treviso avevano avuto la pessima idea di non vendere biglietti ai
mestrini. Carta d’identità alla mano. Al Giampo non sembrava giusto e corretto.
Insieme a qualcun altro entrò nella sede trevisana e la devastò completamente,
alimentando da quel giorno il mito dei mestrini a Treviso. A Udine stanco di aspettare
la “perequi”, masticò il suo biglietto. Quando glielo chiesero, disse “eccolo”,
sputandolo in faccia a chi lo chiedeva. Dentro ho dovuto tenerlo per le gambe
con tutta la forza possibile. Si era buttato a volo d’angelo giù dalla
balconata per andare a prendere non so chi. Lo ricordo al centro di Padova, che
in testa al corteo faceva roteare una catena con un lucchetto e partiva di
corsa a caricare ogni vietta laterale, girandosi per vedere in quanti lo
seguivano. Lo ricordo in palazzetto contro la reyer mettersi a pisciare facendo
il vuoto intorno a lui. Ricordo il nostro abbraccio il giorno della finale dei
play-off con la Triestina. Era tornato apposta dalla Spagna per il suo Mestre.
Ricordo le difficoltà per farlo entrare e la soddisfazione per esserci
riuscito.
Era un amico vero, un bravo fio. Durante una sua carica fece
davvero molto male ai suoi avversari. Uno in particolare passò molto tempo
all’ospedale di Treviso. Lui andava sempre a trovarlo. Si dice che andò a
trovare spesso anche sua morosa, per la verità. Ma si sa, il dolore unisce.
Un giorno, nel treno speciale che andava a Torino per uno
Juve-Milan, R.Ber. (capo e fondatore dalla F.d.L.) mi disse: “Siete di Mestre?
E quel pazzo del Giampo?"
Ricordo il giorno in cui ho saputo della sua morte, ricordo il mio no.
Ricordo i miei rimorsi assurdi e i giri per gli obitori assentandomi dal
lavoro. Da quel giorno Mestre non era più la stessa. E neanche io.