Quaderno a righe

Il cenacolo


Erano soliti incontrarsi nella villa patrizia del sommo Baclavius. Nel peristylium, circondati da piante di mirto e alloro, si adagiavano su lussuosi triclini e, sorseggiando vino resinato, si beavano della loro stessa essenza. In sottofondo le note di una cetra, mentre gatti egizi li osservavano enigmatici. Non è che la discussione fosse vivace, anzi spesso languiva, tanto le loro menti brillanti erano impegnate in onanistiche introspezioni poetiche. Ogni tanto un convitato turbava la quiete con un aulico verso:ciprea imagogli altri ammiccavano compiaciuti e ripiombavano nelle loro dotte elucubrazioni.La città intera sapeva che il gotha si riuniva lassù nella villa di Baclavius. Molti giovani di belle speranze ambivano ad essere ammessi al cenacolo, ma i loro sforzi creativi venivano sempre tacciati di banalità.La tragedia avvenne all’ improvviso.Un assolato pomeriggio di tarda estate, lo schiavo Cesarius, addetto ai favi, si distrasse ascoltando un verso alessandrino del suo padrone. Lo sciame impazzito piombò infuriato sui triclini. Non ebbero scampo. Quando la furia delle api passò rimase nell’ aria una disgustosa flatulenza e sui triclini tuniche stropicciate.Non si è mai visto che una poesia abbia cambiato le cose.[Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1952]