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attualità, politica, cultura

 

 
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GLI SCONQUASSI DEL NAPOLITANISMO

Post n°1349 pubblicato il 08 Giugno 2016 da r.capodimonte2009
 

 

Di questi tempi è dura far parte dell’entourage del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, uno dei più legati al premier “rottamatore”, perché, la maggior parte dei suoi ispettori, i quali avrebbero il dovere di sindacare sugli scorretti e a volte insulsi comportamenti della magistratura locale, del tutto a ruota libera, insindacabile e  impenetrabile, sono stati sparpagliati in giro per l’Italia (e non solo), a caccia di una certa “lettera scarlatta”: una traccia, un refuso, un sunto strappato alla distruzione, ordinata dall’inquisizione di Palazzo della Consulta il 17 gennaio 2013, delle intercettazioni telefoniche tra il Presidente “emerito” della Repubblica, Giorgio Napolitano, e l’ex-ministro degli Interni, Nicola Mancino, e depositate alla Procura di Palermo, sotto indagine da parte del sostituto di allora, Antonio Ingroia, su incarico del Procuratore Nino Di Matteo.

Cos’è che avrebbe scatenato il panico entro il ministero, dopo che una specie di febbre tifoidea si era diffusa dalle stanze “immacolate” del senatore a vita, grand commis dell’attuale forma repubblicana sui-generis, che non prevede un premier eletto dal popolo, ma scelto dai poteri forti, mediati, allora dall’ex-comun-migliorista; e da lì, sullo scrittoio impelagato di preoccupazioni del suo pupillo fiorentino, che tutto gli deve?

La notizia che lo stesso Antonio Ingroia, dimessosi dalla magistratura e adesso avvocato, avrebbe intenzione di scrivere un romanzo ucronico (cioè basato su di una realtà parallela a quella poi effettivamente svoltasi), dove si parlerebbe delle stesse intercettazioni napolitaniane, e anche in modo consistente. Ingroia, d’altra parte, e lo stesso Di Matteo, e chissà quanti altri (che in nome di quel popolo che meriterebbe la “giustizia uguale per tutti”, avrebbero dovuto rivelarle, visti i cavilli istituzionali del tutto arbitrari posti da una Consulta asservita!), le hanno lette molto bene, forse se le sono appuntate nella mente (e crediamo che non sia difficile, visto il contenuto!), o addirittura le abbiano trascritte!

Dio ce ne scampi e liberi. “Se a distanza di 4 anni, dopo che mi sono dimesso dalla Magistratura (per protesta) e dopo che Napolitano ha lasciato il Quirinale” ha dichiarato Ingroia, confermando l’uscita del suo libro quest’inverno “dopo il referendum”,  “si mobilita, a spese dell’erario, un’intera squadra di ispettori per verificare che nessuno sia in possesso di quelle telefonate, è normale che i cittadini si domandino cosa contenessero!”

Il fatto che poi dal capo di gabinetto del ministro, Melillo, fino al capo degli ispettori, Cesqui, ex-CSM, la faccenda si sia ingigantita a macchia d’olio, fino a mettere sugli spiedi il magistrato più anti-regime, cioè Di Matteo, ha fatto dichiarare a quest’ultimo, e senza mezzi termini: “Trovo che sia fuori dal mondo che un’intervista, perfino un po’ scanzonata (quella a Ingroia sul suo libro), abbia avuto come conseguenze che il ministro della Giustizia, seriosamente e con scarpe chiodate, sia tornato a calcare i corridoi della procura di Palermo, per verificare se i magistrati del pool abbiano scritto la verità nelle relazioni che gli sono state richieste. Non credo che ci siano precedenti in Italia e neppure all’estero. Il motivo è che quelle intercettazioni fanno paura.”

Questo a dimostrazione delle menzogne che allora il PdR addusse, e cioè che si fosse trattato “di chiacchiere istituzionali tra due vecchi amici”, ma che pretese, ugualmente, fossero tacitate, e la Consulta obbedì. In realtà, che Napolitano abbia dietro le cadenti spalle un bastione inoppugnabile di poteri forti e fortissimi, gli stessi che gli hanno permesso di rieleggersi due volte, di cacciare un PdC con maggioranza parlamentare, di cooptarne altri tre, senza passare per il popolo; di postare, all’ultimo, una riforma costituzionale di tipo staliniano, è certo. Ma che, in quell’unica volta, abbia commesso un errore gravissimo, probabilmente trattando con il tremebondo, concusso ex-ministro democristiano in odore di camorra, ignorando che era sotto osservazione, e, forse, gli abbia anche esternato certe sue decisioni, concordate con la malavita di qui e d’Oltre Oceano (che non è detto sia per forza edulcorata dal titolo di Cosa Nostra, ma piuttosto abbarbicata entro i salotti massonici del Partito Democratico e dei suoi banchieri d’assalto!); è altrettanto sicuro.

Per temere che qualche riga o frase possa rimbalzare dal romanzo fantapolitico di Ingroia, e impressionare l’opinione pubblica, dev’essere proprio così.

Perché, per il regime, che Napolitano ha costruito pietra su pietra, dopo la cacciata dell’ex-cavaliere, convinto quest’ultimo, non tanto dallo spread tedesco, ma dalla minaccia di fargli a fette l’impero, disintegrandolo a livello finanziario (non dimentichiamo che Fininvest è partecipata della Goldman & Sachs e dipende, in buona parte, per affidamenti miliardari dalle banche fallite, che potrebbero chiuderli!); resuscitare questo triste episodio della sua già invereconda carriera di politico di sessantennale carriera, arricchitosi, con la Legge Mosca in poi, per centinaia di milioni, significherebbe far crollare anche la stessa costruzione, già ballerina per demerito dell’ennesimo pupillo incapace, cui è costretto a fare da padrino, a novant’anni: che comprende, ovviamente il trasformismo da lui teorizzato, l’avallo dei vari vulnus istituzionali contro l’opposizione –voti a fiducia e tagliole-, e infine il cuore delle due riforme degeneri, la legge elettorale e il Senato, che lui ha dettato alla signorina Boschi.

Non abbiamo una grande stima del dott. Ingroia, ma possiamo ben comprendere che, dopo essersi giocato la sua onesta carriera, dietro le battaglie di retroguardia di una Sinistra poltronista, che poi lo ha abbandonato, se si fosse degnato di rivelare i contenuti delle intercettazioni “tuot court” avrebbe rischiato la vita. Ma comunque lo invitiamo a pubblicare il suo libro ucronico, che fino all’ultimo minuto prima di uscire, se non altro, scatenerà gli intestini di parecchia gente, e sappiamo che quelli degli anziani sono i più delicati! (ROBESPIERRE)

 

 

        

 

 

 
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