DURA LEX, SED LEX

6 febbraio: Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili


Il 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale per l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, considerate una gravissima violazione del diritto fondamentale alla salute e dell’integrità fisica delle donne e delle bambine. L’anniversario è stato proclamato dall’Onu nel 2003.A partire dalla seconda metà degli anni novanta, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha elaborato una classificazione definitiva di queste pratiche, che costituiscono un fenomeno vasto e articolato. Le mutilazioni genitali femminili sono state così raccolte in quattro tipologie di operazioni, che coinvolgono in maniera differente, gli organi genitali della donna come:escissione del prepuzio, con o senza asportazione parziale o totale della clitoride;escissione della clitoride con asportazione totale o parziale delle piccole labbra;escissione di parte o tutti i genitali esterni e sutura/restringimento dell’apertura vaginale (infibulazione).Secondo i dati più aggiornati di fonte OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono tra 100 e 140 milioni le bambine, ragazze e donne nel mondo che hanno subito una forma di mutilazione genitale.L’Africa è di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle MGF è più diffuso, con 91 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica, e circa 3 milioni di altre che ogni anno si aggiungono al totale.In 7 Stati (Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone e Somalia) e nel Nord del Sudan, il fenomeno tocca praticamente l’intera popolazione femminile. In altri 4 paesi (Burkina Faso, Etiopia, Gambia, Mauritania) la diffusione è maggioritaria ma non universale. In altri 5 (Ciad, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Kenya e Liberia) il tasso di prevalenza è considerato medio tra il 30 e il 40% della popolazione femminile, mentre nei restanti paesi la diffusione delle MGF varia dallo 0,6 al 28,2%.Anche il tipo di intervento mutilatorio imposto varia a seconda del gruppo etnico di appartenenza. Il 90% delle MGF praticate è di tipo escissorio (con taglio e/o rimozione di parti dell’apparato genitale della donna), mentre un decimo dei casi si riferisce all’azione specifica della "infibulazione", che ha come scopo il restringimento dell’orifizio vaginale e può a sua volta essere associato anche a un’escissione.Questo annoso problema, ancora sommerso e poco conosciuto, tocca da vicino anche l’Italia: secondo uno studio commissionato dal Ministero per le Pari Opportunità, nel nostro Paese sono oltre 35 mila le donne vittime di Mgf, e circa 1000 quelle potenziali, tutte minori di 17 anni.Esiste, in Italia, una legge che le vieta esplicitamente: la legge n. 7 del 9 gennaio 2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile” che introduce il reato di “pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”. Da un punto di vista repressivo la legge prevede dai 4 ai 12 anni di reclusione per chiunque pratichi l’infibulazione; gli anni diventano 16 se la vittima è un minore. Per i medici scoperti a praticarla è previsto un massimo di 10 anni di reclusione e la cancellazione dall’ordine. Dal punto della prevenzione, inoltre, la legge prevede una serie di campagne informative, iniziative di sensibilizzazione, l’istituzione di un numero verde e corsi di perfezionamento anche specificamente dirette al personale sanitario oltre che alla popolazione immigrata.Da novembre 2009, infatti, è attivo il numero verde 800 300 558 per la prevenzione e il contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile (il numero è gratuito e accessibile dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 20.00), come si legge sul sito del Ministero delle Pari Opportunità.