SCORCI DI VITA

A proposito di invidia


Provo un'invidia, molto affettuosa, verso il mio amato fratello per l’enorme fortuna che ha avuto di essere il primogenito! Grazie a questo quando ci siamo trasferiti nell’appartamento al terzo piano di fronte all’Italsider di Cornigliano aveva già potuto gattonare e correre con altri bambini in piena libertà, sui prati e sulle strade polverose di un paesino della Sardegna tra pecore e galline, inseguendosi e inseguendo nuvole dalle mille forme in quegli spazi infiniti.Io invece al momento della traversata avevo solo 3 mesi e ho trascorso la prima infanzia praticamente da sola, con mia madre che, dovendo accudire marito e fratello operai e due bambini, aveva il suo bel da fare senza l’aiuto degli elettrodomestici che in seguito hanno notevolmente alleggerito il mestiere della donna di casa... Pur essendo amorosa e dolce con me, era ben felice del mio buon carattere. Mi racconta spesso che mi piazzava con due sedie capovolte a mo’ di seggiolone davanti alla finestra e ci restavo ore senza lamentarmi. Che ci vedevo tra gli sbuffi del fumo grigio di quelle ciminiere, proprio non lo so.Abituata a non vedere nessuno, se non le persone di casa, mi è venuta una paura degli altri, ma una paura vera, che quando andavamo al paese fuggivo da quella marea di parenti vocianti e complimentosi, rifugiandomi fra le gonne dell’unica zietta di cui avevo deciso di potermi fidare. “Poara stedda, cant’è ciusa”. Fin da subito mi son sentita dire che ero timida, dando per certo che questa cosa, oltre che vera, dovesse essere molto negativa. Al momento dell’asilo naturalmente non ne ho voluto sapere e dopo un paio di tentativi mia madre ha rinunciato, consigliata dalla suora assai poco motivata che si occupava di noi :”Signora, sua figlia se ne sta sempre al banco a disegnare, non fa amicizia con le altre bambine e basta un nonnulla perchè scoppi a piangere... è davvero troppo timida, meglio che se la tenga a casa…” Che sollievo ritornare al silenzio protettivo di casa, me ne stavo sotto un tavolo di legno con una enorme tovaglia decorativa e rassicurante che scendeva quasi fino a terra. E’ l’unico ricordo che ho di quel periodo, vivido al punto che vedo ancora le scanalature nelle quali mettevo i miei oggetti preferiti e inventavo di intrattenere un sacco di amici.Il sollievo è stato solo temporaneo però, fino al momento di frequentare la scuola elementare, credo sia stata dura per me rendermi conto che quella non l’avrei potuta evitare.Sotto quel tavolo ho comunque guadagnato qualcosa di fondamentale, la capacità di comunicare con il mio io, che mi è stata poi molto utile, magari non sempre ho capito i messaggi che mi mandava però non ho mai smesso di ascoltarne la voce.Per questo non invidio per nulla i ragazzini di oggi che in presenza dello stesso problema di solitudine e timidezza si buttano a capofitto in uno schermo televisivo o in una consolle, certo queste cose aiutano a combattere la noia ma non a trovare un dialogo con se stessi. Ma la mia invidia più grande risale ai tempi delle elementari, nei confronti di una mia compagna di scuola che si prese i complimenti della maestra per la sua chioma bionda e morbida. Come avrei voluto sentirli rivolti a me, che invece ricevevo dalle compagne commenti del tipo :”Ammetti che non sono veri, hai una parrucca…” e i conseguenti tentativi di tirarmela via. Odiavo quei capelli così strani, tanti e crespi… quanto ora invece ne vado fiera… ”Quanti capelli che hai, non si riesce a contarli…. di tanti capelli ci si può fidare…” Grande Lucio